giovedì 26 aprile 2007

il patrimonio abitativo pubblico come occasione per promuovere l'edilizia non-profit

Il tavolo di concertazione nazionale sulle politiche abitative si è aperto. Al momento è solo Federcasa che si è fatta trovare pronta all'appuntamento: qui le sue proposte.
La proposta più immediata, che non a caso si propone quale provvedimento d'urgenza, attiene all'utilizzo dello stanziamento dei 30+30 milioni di euro previsto dall'articolo 1, comma 1154 della legge 296/2006 (Finanziaria 2007).
La destinazione è praticamente scontata: contribuire al recupero e all'adattamento del patrimonio di ERP attualmente non assegnato perchè inadeguato sul piano della dimensione, dei servizi o degli impianti. In una parola: inagibile.
Secondo le stime di Federcasa, che da queste parti si ritiene del tutto attendibile -dato che buona parte di questi alloggi inutilizzati sono in capo agli ex IACP comunque denominati-, il numero delle unità immobiliari da recuperare sono circa 25.000, localizzati prevalentemente nelle grandi città.

Sicuramente tale patrimonio immobiliare pubblico non c'è ragione perchè continui a rimanere inagibile. Anzi. E' un pò meno scontato, invece, che siano gli ex IACP a continuare a gestirlo.
Tale stock edilizio, o quota parte di esso, rappresenterebbe una leva molto facile da azionare per cercare di far decollare il terzo settore anche nel settore delle politiche abitative. Ad oggi, il terzo settore nel settore abitativo ha infatti operato poco. Le migliori esperienze, forse, sono in Lombardia. Qui il caso della Fondazione San Carlo di Milano.

E' del tutto evidente che esistono dei segmenti di fabbisogno abitativo che richiedono non solo la casa, quanto anche servizi aggiuntivi:
a) anziani soli o in coppia privi di una qualunque assistenza domiciliare;
b) giovani coppie (sotto i 30 anni) a basso reddito;
c) famiglie in difficoltà che lentamente stanno scivolando verso la povertà (famiglie monoreddito, famiglie in cui uno dei componenti ha perso il lavoro, famiglie con figli colpiti da gravi handicap);
d) famiglie di immigrati extracomunitari.
Tale tipologia di bisogno abitativo, secondo una concezione minimamente innovativa dello stato sociale e di intervento pubblico, non esaurisce le proprie richieste con il reperimento del bene casa, dato che anche la fornitura di specifici servizi sociali è un requisito centrale: dall'assistenza agli anziani al supporto alle famiglie extracomunitarie fino ai servizi child care alle famiglie con bambini.

E se il mondo della domanda è variegato e complesso, composto da nicchie fortemente caratterizzate e diversificate nei bisogni e nelle aspettative, il ventaglio delle risposte ad oggi disponibili è, viceversa, estremamente rigido e obsoleto: le procedure amministrative dei bandi per l'assegnazione degli alloggi e le relative graduatorie non possono certo risolvere le situazioni più gravi; la difficoltà di far interagire differenti competenze nel mondo della pubblica amministrazione rende praticamente impossibile accoppiare servizio abitativo tradizionale e servizi aggiuntivi; ecc.

Gli alloggi pubblici sfitti perchè inagibili possono, quindi, diventare un pretesto per stimolare, animare e supportare lo sviluppo di nuove figure di operatori, siano soggetti non-profit a tutti gli effetti (fondazioni, associazioni, cooperative sociali) siano anche le più tradizionali cooperative a proprietà indivisa associate però a soggetti non-profit che si sono già specializzati nella gestione di quel ventaglio di servizi che dovrebbero arricchire i complessi residenziali.

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