venerdì 20 novembre 2009

...ma non era tutta colpa dei subprime?

La notizia non è nuova o, quantomeno, era scontata. Però quando a una tesi vengono accoppiati un pò di numeri, diventa tutto più chiaro e credibile.
Ancora da Marco Sarli (qui) che puntualmente dà la bussola della crisi (immobiliare) in atto: "I dati della Mortgage Bankers Association illustrano inoltre un fenomeno davvero preoccupante, in quanto ad andare in default non sono più i sottoscrittori di mutui subprime, passati dal 35% del terzo trimestre 2008 al 16% attuale sul totale dei mututari in ritardo nei pagamento o in foreclosure, ma bensì coloro che hanno sottoscritto mutui a tasso fisso e con un buon score creditizio, passati dal 21 al 33%, ma è parimenti preoccupante il balzo al 18% del totale di quanti hanno almeno una rata insoluta anche i mutui assistiti da garanzia della Federal Housing Administration."

mercoledì 18 novembre 2009

Vince ancora Las Vegas

Con una certa puntualità, il blog di Marco Sarli sforna qui un pò di dati buoni sull'andamento del mercato immobiliare USA, quale proxy dell'andamento del ciclo economico e quale strumento previsivo rispetto alle tendenze future.
Oggi leggo la triste graduatoria dei delinquencies mortgage resa nota dalla TransUnion, un agenzia che dispone di un data base con ben 27 milioni di posizioni. Ecco i numeri e le posizioni:
1) Nevada: 14,4% (era del 7,7% nel terzo trimestre del 2008);
2) Florida: 13,3% (7,8% l’anno scorso);
3) Arizona: 10,4% (5,5% sempre nel terzo trimestre 2008);
4) California: 10,2% (5,8% nel 3° trimestre 2008).




mercoledì 11 novembre 2009

bolla immobiliare e architetti

Nelle analisi della bolla immobiliare è la prima volta che si valuta anche il ruolo dei progettisti (o, meglio, delle archistar). Massimo Mucchetti sul Corriere, letto qui (via qui).

"La bolla edilizia non è un affare da furbetti del quartierino. E’ la conseguenza della privatizzazione non dichiarata dell’urbanistica.... La crisi ha pesato, ma soprattutto ha fatto emergere l’eccesso di ottimismo con il quale si è valutata la domanda potenziale.... Il do ut des è semplice: più volumetria il comune dà e più servizi riceve dal costruttore oltre a quanto dovuto per legge. Soffocati dai tagli alla finanza pubblica, gli enti locali hanno ceduto alla tentazione di molto concedere.... Conta di più la promessa, peraltro revocabile, della Rai di trasferire la sede milanese da corso Sempione che non l'analisi delle tendenze demografiche e migratorie.... le star dell'architettura, immemori dell’urbanistica, firmano e tacciono sulla sostenibilità dei progetti."

test

Ecco la colonna vincente del test che ho distribuito oggi:
1 - B
2 - B
3 - C
4 - A
5 - B
6 - A
7 - C
8 - A
9 - B
10 - C
11 - C
12 - B
13 - B
14 - B
15 - C
16 - B
17 - A
18 - B
19 - C
20 - C
21 - A
22 - B
23 - B
24 - B
25 - A
26 - A
27 - C
28 - C
29 - B
30 - B
31 - C
32 - A
33 - B
34 - C
35 - B
36 - C
37 - B
38 - A
39 - A
40 - B

lunedì 2 novembre 2009

intervista

In qualche caso mi sono cimentato con un'intervista. Questa volta a me stesso... Che fatica. E che fatica ad annotare sul blogghetto un pò di pensieri.

Quali difficoltà state incontrando nel promuovere progetti incentrati sulla sostenibilità energetica e ambientale?
Il settore edilizio è un ambito abbastanza impermeabile all’innovazione: gli operatori spesso remano contro, perché non trovano così normale essere controllati sulla qualità. In molti ambienti del comparto edilizio non si è capito che è l’ora di nuovi prodotti. Esperienze pilota come CasaClima di Bolzano ci dicono che il mercato immobiliare vuole discernere tra promesse e verità, chiede alcune garanzie precise in termini di qualità energetica e di risparmio. E il progettista ha un ruolo decisivo: è il primo responsabile nella diffusione della cultura del miglior utilizzo dell’energia e delle soluzioni eco-compatibili. Può diventare l’unico interlocutore tecnico e indipendente sulle questioni energetiche dell’abitare così da superare la situazione attuale, nella quale una famiglia o un’impresa è costretta a chiedere pareri e consulenze a tecnici diversi, dal costruttore al caldaista, dall’esperto di impianti a quello dei serramenti.

Volendo fare l’avvocato del diavolo si potrebbe dire che c’è molta filosofia nella vostra impostazione del progetto.
E sarebbe un errore, perché la nostra è una strategia progettuale applicata concretamente a ogni scelta. Il progetto è fatto con un’attenzione mirata al risparmio, all’ottimizzazione nell’uso dell’energia e alla durabilità dei materiali da costruzione: le scelte sono misurate per ottenere un risparmio tangibile sui costi energetici, oltre a una riduzione dei costi di manutenzione. In una casa termicamemte isolata, il costo annuale del riscaldamento è quasi 1/10 del costo ordinario: è come ritrovarsi ogni anno una quattordicesima mensilità in più.
Recentemente, tre piccole strutture ricettive che stiamo seguendo hanno deciso di rinnovare sul fronte del riscaldamento invernale, al fine di ridurre le spese di gestione: ne sono venuti fuori isolamenti “a cappotto”, impianti solari termici, pompe di calore e impianti fotovoltaici, caldaie a pellets. Il risparmio che un edificio eco-compatibile garantisce è assolutamente reale e basta che si diffonda la sua conoscenza per essere richiesto, quasi preteso da ogni committente.


Spesso però si sostiene che le soluzioni nello stile di CasaClima costano molto care.
Chi ha scelto in questi anni la strada del risparmio energetico in edilizia lo ha fatto soprattutto perché ha constatato un evidente vantaggio economico. In due recenti ampliamenti di edifici scolastici (a Pontedassio e Pieve di Teco), ove sono previsti isolamenti termici spessi più di 20 cm, il costo di costruzione non supera i 265 €/mc. Costi non dissimili rispetto all’ordinarietà ma soprattutto sopportabili guardando ai vantaggi che per anni un Comune potrà incamerare in termini di bolletta più leggera.
Allo stesso modo, soprattutto laddove vi è una saturazione del mercato immobiliare, poter offrire una casa con una qualità energetica certificata rappresenta un grande valore aggiunto che incide sulle chances di vendita.


Nei vostri progetti ci consigliate di tornare ai modi costruttivi di un tempo oppure di proiettarci nell’era dell’informatica?
Il nostro approccio non vuole semplificare a ogni costo, offrendo risposte esclusivamente razionali a un problema come quello dell’abitare che ha anche un forte contenuto irrazionale: cioè l’immagine e l’emozione del nostro habitat. La questione energetica non può tradursi solo in doppi vetri, cappotto esterno e caldaia a condensazione: l’aver trascurato per molto tempo, ad esempio, il rapporto col sole, la forma dell’edificio rispetto alla luce, è stato non solo uno spreco energetico ma anche un ignorare il contenuto emozionale più profondo dell’abitare.
Il nostro metodo non è imporre soluzioni precostituite ma rendere possibile ciò che la gente cerca e avrebbe sempre voluto: cerchiamo di accompagnare le iniziative degli abitanti i quali tendono “naturalmente” a ricivilizzare l’habitat a propria immagine e alla loro portata. Partendo da questi concetti, anche sulla scorta dell’importante esperienza di 4 anni di Progettazione partecipata nelle scuole a San Bartolomeo al mare (nel 2001 è stata segnalata quale best practice nell’ambito dell’iniziativa nazionale Città Sostenibili delle bambine e dei bambini), in alcuni progetti abbiamo innescato processi di architettura partecipata, nel tentativo di non “definire” ma “orientare” processi di integrazione con la natura e cercando un equilibrio tra tradizione e innovazione costruttiva e formale. Ogni casa curata da noi è diversa, perché ogni committente ha una diversa storia diversa da raccontare: la sua.
In questo contesto, per essere preso in considerazione il progettista non è più costretto ad assumere arie d’artista, non dovrà necessariamente praticare gesta eroiche per ritagliarsi uno spazio. Potrà tranquillamente rifarsi agli antichi artigiani i quali non erano altro che designer lenti.



Cosa intendete per costruzione tradizionale?
Il problema è reagire alla percezione che il nuovo sia meglio per definizione, nuovo che ci ha rubato la memoria: da come si fa l’intonaco al significato dei marcapiani e delle cornici che scandiscono le facciate, dalle ragioni dell’acustica al significato dei colori, fino al rapporto con l’ambiente.
Il costruire tradizionale si pratica attraverso la ripetizione e l'imitazione di un numero limitato di tipi costruttivi e funzionali che bastano per contenere ed esprimere le attività umane fondamentali. La preoccupazione non è esprimere lo spirito dell'epoca ma piuttosto uno spirito che trascende le epoche.
Se guardiamo indietro, ci interessa molto l’approccio dell'Art Déco perché la riteniamo cosmopolita e allo stesso tempo regionalista. Senza la pretesa di rifare il mondo, l'architettura Art Déco ha recuperato equilibri classici e planimetrie tradizionali per realizzare rinnovate scenografie e straordinari spazi interni. Ma soprattutto ha chiamato attorno a sé tutte le arti applicate (fabbri, mosaicisti, artisti vetrai, ecc.), le ha collocate nella loro giusta posizione e le ha integrate nella costruzione in modo tale che l'edilizia elevasse la propria qualità.