venerdì 25 aprile 2008

chiudere il ciclo dei rifiuti

Non ho avuto tempo di postare per l'Earth day. Da Chris Jordan.






mercoledì 23 aprile 2008

ancora sull'abolizione dell'ICI

Pietro Reichlin su LaVoce.info ragiona ancora sulla ventilata abolizione dell'ICI. Imposta già ridotta dall’ultimo governo Prodi.
E' evidente che dal punto di vista elettorale è meglio trasferire il carico fiscale dalla proprietà alle attività produttive, dato che l’80 per cento degli elettori possiede una casa ma soltanto il 60 per cento degli italiani in età lavorativa svolge un’occupazione.

"...Che sia inefficiente tassare gli immobili è contrario alla più elementare logica economica. Se tassi il lavoro o le attività finanziarie, la gente lavora di meno e investe all’estero. Se tassi gli immobili (ai livelli attualmente vigenti in Italia) gli effetti negativi sull’offerta sono nettamente inferiori: una modesta riduzione degli investimenti immobiliari e qualche cittadino che trasferisce la residenza in un altro paese.
In tutte le nazioni sviluppate esistono tasse sui patrimoni, oltre che sul lavoro e sui consumi. In Italia la pressione sui patrimoni è tra le più basse tra i paesi Ocse: preferiamo tassare il lavoro e i profitti d’impresa. Dovremmo fare il contrario: nel nostro paese lavorano troppe poche persone e le imprese sono troppo piccole.
Negli Stati Uniti, la tassa sugli immobili serve ai governi locali per finanziare scuole, infrastrutture e programmi sociali. Uno dei motivi principali per delegare alle giurisdizioni locali la tassazione della casa, è proprio il fatto che questo bene è meno mobile di qualsiasi altra forma di ricchezza.
Un’altra ragione per cui l’abolizione dell’Ici dovrebbe suscitare l’opposizione di chi crede nel federalismo."

martedì 22 aprile 2008

un modello di agenzia sociale per la casa

La dimensione dell’offerta di alloggi nel mercato dell’affitto è condizione necessaria per un adeguato funzionamento del mercato stesso. Un’offerta di alloggi in locazione eccessivamente limitata, oltre a rischiare di essere quantitativamente insufficiente a dare risposta al complesso della domanda è anche elemento tale da spiegare molte distorsioni che si registrano sul mercato stesso.
A Genova, ad esempio, gli alloggi in affitto sono soltanto 66.404 su un totale di abitazioni occupate pari a 272.052: il segmento dell’affitto rappresenta soltanto il 24,4% dello stock edilizio occupato.
Ma a Genova esistono anche 32.576 alloggi che non risultano affatto occupati: il 10,7% del patrimonio abitativo risulta libero. Di conseguenza, lo stock edilizio residenziale è composto da 304.628 alloggi e gli alloggi in affitto ne rappresentano soltanto il 21,7%. Francamente troppo esiguo per rappresentare un’adeguata offerta.

Il primo obiettivo della politica abitativa per Genova non può che passare dall’aumento del numero di alloggi in locazione, tale da far aumentare in valore assoluto l’offerta abitativa nel segmento di mercato dell’affitto.
Le strade possibili al fine di perseguire l’obiettivo nel medio periodo non possono che essere due, necessariamente complementari:
a) un eccezionale investimento pubblico volto a cofinanziare la realizzazione ovvero il recupero di alloggi sia nel segmento dell’ERP (a vantaggio del disagio abitativo grave ovvero della marginalità sociale) sia nel canone moderato (a prevalente vantaggio del disagio abitativo diffuso);
b) l’attivazione di idonei strumenti volti a ridurre o eliminare gli elementi che inducono il vasto aggregato della proprietà edilizia, fatto di grandi soggetti ma soprattutto di piccoli proprietari, a non immettere i propri immobili sul mercato della locazione.

1) Fondo di garanzia
Il Fondo di garanzia – sezione canone moderato introdotto dall’articolo 10 della lr 38/07 e s.m.i. è destinato a ridurre quell’importante barriera allo sviluppo dell’offerta sul mercato della locazione determinata dal rischio morosità.
Con l’introduzione del Fondo di garanzia, la Regione potrà concedere garanzie fideiussorie per il pagamento dei canoni di locazione da parte degli assegnatari di alloggi a canone moderato. La garanzia fideiussoria pubblica scatterà nel caso che maggiormente disincentiva la proprietà edilizia a immettere gli alloggi sul mercato della locazione: la morosità. In particolare, l’articolo 10 della lr 38/07 e s.m.i. dispone che tale garanzia non potrà estendersi a più di 12 mensilità non pagate.
Sulla base degli approfondimenti fino ad oggi disponibili, il modello di funzionamento e il sistema delle convenienze suscettibile di essere attivato con il Fondo vede, da un lato, il proprietario dell’alloggio garantito da una fidejussione fino a 12 mensilità di affitto. Dall’altra, invece, l'inquilino, a fronte di questa garanzia, non sarà tenuto a versare al momento della stipula del contratto la cauzione. In luogo della cauzione, però, dovrà impegnarsi a pagare il costo della fidejussione e delle relative spese istruttorie, pari all’applicazione di una modesta aliquota percentuale sull'importo annuale del canone di affitto. Tale costo della fidejussione, alla fine del contratto di locazione e solo nel caso in cui non si sia verificata alcuna morosità, dovrà essere restituita all’inquilino stesso.
Rispetto a una dotazione finanziaria pari a circa € 2.000.000, le potenzialità di copertura delle famiglie da parte del Fondo di garanzia sono però quantitativamente limitate. Ammettendo, non senza qualche rischio sotto il profilo della finanza pubblica, un coefficiente moltiplicatore di 3 tra consistenza del fondo e garanzie movimentabili, il numero dei contratti di locazione garantibili (con garanzia media di circa 4.800 €) non dovrebbe superare i 1.200.
Questo risultato potenziale evidenzia il fatto che tale strumento è suscettibile di rappresentare una risposta significativa ma parziale, tale probabilmente da incidere su quella particolare fascia della locazione che prende il nome di canone moderato, cioè quel segmento che per essere realmente attivato necessita di una pluralità di strumenti convergenti.

2) Agenzia sociale per la casa
A norma dell’articolo16, commi 3 e 4 della lr 7/07, i servizi di agenzia sociale riguardano l’intermediazione per agevolare l’accesso alle locazioni abitative, il recupero e l’acquisto della prima casa di abitazione sia da parte di cittadini italiani sia a favore di cittadini stranieri immigrati.
In particolare, le agenzie sociali operano in coordinamento e collaborazione con la rete regionale dei servizi socio-assistenziali e con le Aziende Regionali Territoriali per l’Edilizia (ARTE).
L’attivazione dell’Agenzia sociale per la casa ha l’obiettivo di soddisfare le esigenze abitative delle famiglie in stato di disagio, attraverso la gestione di patrimoni immobiliari pubblici e privati da parte dell’ARTE al fine di favorire la mobilità nel mercato degli affitti attraverso il reperimento di alloggi sul mercato privato.
L'Agenzia trova gli alloggi e li assegna in affitto ai destinatari, facendo da intermediario e garantendo direttamente nei confronti dei proprietari i pagamenti e il rispetto degli accordi contrattuali. Tale modalità operativa ha come obiettivo quello di calmierare i prezzi delle locazioni, facendo inoltre emergere una fetta del sommerso esistente nel mercato degli affitti.
L’attività dell’Agenzia Sociale per la Casa è svolta per soddisfare diverse tipologie di domanda sociale, con la possibilità di rispondere, accanto alle forme più gravi di disagio abitativo, anche a un’utenza solvibile, ma ugualmente vulnerabile, come quella degli studenti universitari ovvero di quella immigrata che, nonostante sia in grado di pagare un canone di mercato non riesce spesso ad accedervi per questioni di carattere puramente discriminatorio.
Sono proprio questi ultimi due, inoltre, i segmenti di domanda che determinano le maggiori distorsioni sul mercato immobiliare della locazione trascinando verso l’alto i canoni di affitto, il cui ammontare risulta difficilmente sostenibile per le famiglie genovesi residenti.

2.1) Tipologia dell'utenza e criteri di assegnazione
Le tre tipologie di utenza sono:
- le famiglie in stato di disagio abitativo, quali:
a) italiani con reddito superiore al limite richiesto per partecipare al bando per assegnazione di alloggi e.r.p,: si tratta di persone o famiglie che hanno un reddito che non gli consente di essere ammessi alle graduatorie di edilizia residenziale pubblica, ma che non è sufficientemente alto per accedere ai prezzi del mercato;
b) assegnatari di alloggi e.r.p. che hanno superato il reddito massimo consentito; e quindi dovrebbero trovare una diversa soluzione abitativa sul mercato, ma il loro reddito non glielo consente;
c) residenti in graduatoria per alloggi e.r.p.: persone o famiglie che accedono alla graduatoria, ma non diventano assegnatari per punteggio troppo basso (anche se questi possono accedere al fondo sociale per l’affitto) ;
- i lavoratori immigrati;
- gli studenti universitari fuori sede.
L'assegnazione degli alloggi può avvenire in diversi modi:
- nel caso delle famiglie e delle persone in stato di disagio abitativo, le assegnazioni vengono stabilite autonomamente dall’ARTE ovvero dal Comune di Genova che segnala all'ARTE stessa i casi che ritiene maggiormente urgenti;
- nel caso dei lavoratori immigrati, potranno essere non solo i singoli lavoratori a formulare la richiesta per l'alloggio all'ARTE, quanto anche le singole aziende (datore di lavoro) o le associazioni datoriali;
- nel caso degli studenti universitari fuori sede, potrebbe invece essere l'ARSSU a determinare, di concerto con il Comune, i criteri (situazione economica, curriculum studi, ecc.) per la predisposizione di un'apposita graduatoria degli studenti universitari aventi diritto all'assegnazione dell'alloggio.

2.2) Tipologie contrattuali previste
L’attività dell’Agenzia, a differenza del Fondo di garanzia, traguarda una tipologia contrattuale leggermente superiore, variabile tra il canone moderato aumentato di circa il 20% e il cosiddetto canone concertato definito dagli accordi territoriali tra Comune, associazioni dei proprietari e sindacati inquilini ai sensi della legge 431/98.

2.3) Le garanzie offerte ai proprietari
L'Agenzia si impegna con i proprietari che decidono di affittare le proprie abitazioni a:
- curare la riscossione dei canoni dai locatari e corrisponderli direttamente ai proprietari;
- occuparsi della manutenzione ordinaria degli immobili;
- attivare le azioni, anche legali, relative ad eventuali inadempienze di chi ha preso in sublocazione l'appartamento;
- restituire l'appartamento alla data convenuta nelle stesse condizioni di consegna.

2.4) Ruolo dell’ARTE
L’ARTE provvede:
- a reperire alloggi sul mercato da sublocare;
- a compiere tutti gli atti e le operazioni necessarie per la gestione degli alloggi edin particolare la stipula di contratti di locazione e sublocazione di alloggi di proprietà di terzi.
L’ARTE, inoltre avrà il compito di:
a) accertare la consistenza e lo stato di conservazione degli alloggi e verificarne l’agibilità;
b) stipulare i contratti di locazione con i proprietari e di sublocazione con gli assegnatari, concordando con la Regione e il Comune le condizioni generali di contratto;
c) accollarsi gli oneri relativi alle eventuali garanzie fideiussorie e/o ai depositi cauzionali;
d) provvedere alla consegna degli immobili;
e) curare la riscossione dei canoni della subconduzione, registrando i relativi incassi;
f) corrispondere il canone pattuito per la locazione alla proprietà;
g) vigilare sulla corretta tenuta degli immobili;
h) sopportare il costo delle spese vive effettivamente sostenute per lavori di manutenzione ordinaria (in tutto o in parte imputabili al conduttore) effettuati sugli alloggi, eccetto i piccoli lavori imputabili direttamente al subconduttore;
i) contrarre polizze assicurative per il totale valore degli immobili locati avverso il rischio di incendi e per i rischi accessori nonché per responsabilità civile verso terzi, anche mediante subentro, in quanto possibile, nelle polizze già in essere;
j) promuovere l’esercizio di ogni azione che si renda necessaria a causa dell’inadempimento di locatori e subconduttori compresa la promozione di eventuali azioni legali.
Non sono a carico dell’ARTE soltanto gli obblighi che sono da attribuire al proprietario o al subconduttore secondo i principi generali dell’ordinamento. In particolare non sono a carico dell’ARTE:
1) gli oneri per migliorie agli stabili, modificazioni, ecc.;
2) le spese per imposte, tasse, contributi di miglioria e quanto altro afferente alla proprietà, compresi gli adeguamenti delle costruzioni e dei relativi impianti alle norme di legge;
3) gli oneri per interventi di carattere eccezionale come quelli dovuti a difetti di costruzione ed a causa di forza maggiore, salvo riparazioni di modesto ammontare o di pronto intervento.

2.5) Entrate a vantaggio dell’ARTE
L’attività dell’Agenzia sociale per la casa dovrà essere remunerata non solo sulla base delle correnti provvigioni richieste dagli agenti immobiliari per la mediazione ma anche attraverso un corrispettivo annuo per il servizio reso, a carico degli Enti Pubblici, costituito da:
a) una somma fissa, congrua e idonea in relazione all’attività posta in essere;
b) un incentivo commisurato alla maggiore efficacia ed efficienza dell’ARTE stessa, in funzione del numero di alloggi gestiti.

crediti ipotecari: quali differenze tra i sistemi USA e UE?

La crisi del sistema finanziario è anche debitrice della profonda diversità del sistema delle garanzie connesso ai crediti ipotecari.

Il credito ipotecario degli Stati Uniti è without recourse. In altri termini, quando una famiglia americana ottiene un mutuo con garanzia ipotecaria essa ha la possibilità di disfarsene in qualsiasi momento inviando alla banca le chiavi dell’appartamento che è stato acquistato con quel mutuo.
E’ evidente, quindi, che qualora il valore dell’unità immobiliare scenda al di sotto del debito residuo, alla famiglia convenga ripudiare il debito, liberandosene definitivamente con l’invio delle chiavi dell’appartamento. Ciò si traduce automaticamente in una passività per l'istituto di credito erogatore del prestito.


Il credito ipotecario in Europa è invece with recourse. In altri termini, il debitore europeo non si libera mai del debito contratto nella forma di mutuo, se non pagandolo.
Per questo le banche non devono contabilizzare automaticamente una perdita allorché il valore dell’unità immobiliare vada al disotto dell’importo del mutuo poiché possono sempre continuare a perseguire il debitore finchè quest’ultimo non abbia pagato.

lunedì 21 aprile 2008

politiche abitative: la nuova legge regionale ligure

Il fine settimana sono stato impegnato nello scrivere lo schema di un intervento a un convegno a Rimini sul futuro delle politiche abitative.
Dato che il convegno, evidentemente dopo il risultato elettorale che sembrerebbe ipotecare ogni futuro per le politihe abitative, non si terrà più, gli appunti li metto sul blogghetto.

La nuova lr 38/07 e s.m.i. è la legge quadro che ridisegna l’intervento regionale nelle politiche abitative. Alla luce delle rinnovate competenze nel settore abitativo definite con la riforma del Titolo V della Costituzione, la Regione Liguria ha quindi deciso di costruire un corpo normativo regionale che punti alla massima unitarietà e semplificazione.
La nuova legge provvede a definire i nuovi elementi fondativi della politica sociale della casa in Liguria, ridefinendo gli elementi della programmazione regionale nel settore abitativo e della sua attuazione per quanto riguarda soggetti, modalità, strumenti, regole e modalità di reperimento delle risorse.

In primo luogo, è rilevante il significato politico della nuova legge che, di fatto, individua il soddisfacimento del bisogno di casa come “fattore di benessere sociale e risorsa per uno sviluppo sostenibile” dei diversi territori. In questo senso, lo sforzo è quello di individuare gli strumenti per garantire le pari opportunità per l'esercizio del diritto alla casa di tutti coloro che vivono, lavorano e studiano in Liguria stabilmente o in via temporanea.
Il tema dell’affitto e quello delle tante sfaccettature che assume il bisogno di casa oggi sono le parole d'ordine della nuova politica della casa. Genova e le città liguri pullulano di famiglie dell’ex ceto medio pressate da canoni di affitto sempre più insostenibili rispetto alle dinamiche dei redditi, di immigrati in difficoltà a trovare un appartamento in locazione, di studenti strozzati dal mercato nero degli affitti, di anziani che fanno fatica a sostenere i costi della manutenzione delle proprie case, di giovani coppie o di lavoratori precari impossibilitati a contrarre un mutuo per l’acquisto della loro prima casa.
Alcuni sintetici numeri sono lì a dimostrare la criticità del bisogno di casa:
a) sono state 10.181 le famiglie che nell’anno 2006 hanno richiesto un sostegno per il pagamento dell’affitto della propria casa;
b) i nuclei familiari che attendono una casa pubblica nelle graduatorie per l’assegnazione degli alloggi di ERP sono 5.509 (dato rilevato solo negli ambiti ad elevata problematicità abitativa);
c) la stima del fabbisogno pregresso di edilizia residenziale sociale (ERP e canone moderato) per gli ambiti ad elevata problematicità abitativa richiama la realizzazione di 17.149 alloggi per altrettante famiglie.
La Liguria deve quindi imboccare una strada nuova che va nella direzione di mettere sul mercato migliaia di case in affitto. In Liguria (come peraltro nel resto d’Italia) ci sono più del 70% di case in proprietà, in altri Paesi Europei la quota delle case in affitto supera anche la metà dello stock edilizio: e questo permette anche ai giovani di uscire di casa poco dopo la maggiore età.
Le occasioni sul territorio non sembrano mancare: le trasformazioni urbanistiche continuano a essere numerose soprattutto nelle città costiere, le aree da riconvertire –a partire da quelle demaniali- costituiscono importanti occasioni per molte città liguri, le periferie da riqualificare interessano soprattutto i grandi centri urbani.

1) L’architettura istituzionale: il nuovo ruolo dei Comuni
Importante la novità sotto il profilo dell’organizzazione istituzionale dell’intervento nel settore abitativo. Il provvedimento normativo individua infatti nei Comuni i nuovi veri protagonisti delle politiche abitative, richiamandoli a sviluppare le proprie capacità di progettualità, proprio in un settore come quello della casa che nel recente passato li aveva sempre considerati attori di secondo piano. Fino ad oggi, infatti, i Comuni spesso avevano competenze dirette soltanto nella gestione delle graduatorie dell’Edilizia Residenziale Pubblica o nella raccolta delle domande per il sostegno all’affitto del FSA.
Il problema della casa chiama in causa, invece, in modo diretto non solo la Regione ma anche il sistema delle Autonomie locali, a partire proprio dalle competenze trasferite in modo definitivo con la riforma del titolo V° della Costituzione.
Tutto ciò comporta una diversa articolazione delle competenze istituzionali, attribuendo un ruolo centrale ai Comuni, quali soggetti di governo delle politiche abitative a livello territoriale.
La più forte responsabilizzazione dei Comuni è suscettibile di tradursi in diversi modi, tanti quanto sono le reali leve di manovra che gli Enti Locali hanno a disposizione. Un maggiore impegno a utilizzare gli strumenti urbanistici (generali e attuativi), la disponibilità a utilizzare immobili appartenenti al patrimonio disponibile ovvero aree demaniali o ancora l’uso accorto della leva rappresentata della fiscalità immobiliare (ICI, oneri di urbanizzazione, ecc.), sono alcuni degli strumenti che i singoli Comuni dovranno utilizzare per favorire processi di investimento pubblico e privato sugli obiettivi di politica abitativa.


2) Allargare l’ERP verso l’Edilizia Residenziale Sociale: i nuovi soggetti del social housing
Il percorso di riforma condensato nella nuova legge che riorganizza l’intervento regionale nel settore abitativo, oltre a essere fondato sulla centralità dei comuni, reclama un’individuazione degli attori e degli operatori delle politiche abitative molto diversa dal passato.
Il sistema che è stato configurato dalla nuova legge quadro implica che la politica pubblica e l’iniziativa privata non siano contrastanti ma si integrino per dare risposta alle varie e diversificate questioni sociali. Nell’attuale complessità del mercato immobiliare non è più possibile agire come soggetti istituzionali indipendenti. La costruzione del welfare abitativo in Liguria richiama quindi la compartecipazione dei soggetti privati, a partire da quelli non profit.
Una delle tesi di fondo della nuova legge fa proprio riferimento alla ricerca di una convergenza dell’insieme degli Operatori pubblici, privati e cooperativi sull’obiettivo di ampliare e calmierare il mercato immobiliare. Il lancio di tale alleanza è in grado di attivare anche nuove risorse finanziarie, secondo una logica di minore dipendenza dalla spesa pubblica nella produzione delle politiche pubbliche nel settore abitativo.
L’allargamento del numero degli operatori e l’architettura di selezione degli stessi, segnatamente di quelli privati, determina quindi il superamento del principio che vedeva fino al recente passato l’intervento nel settore della casa a totale carico dello Stato o della Regione.

Tutto ciò ha comportato, in primo luogo, l’affiancamento alla tradizionale offerta abitativa pubblica incentrata sull’ERP delle nuove tipologie abitative che confluiscono nell’Edilizia Residenziale Sociale (ERS). Sistema di ERS che, oltre a comprendere il tradizionale patrimonio pubblico di ERP disciplinato dalle vigenti leggi regionali, viene esteso alle più innovative forme di locazione che fanno riferimento al canone moderato ovvero alle strutture alloggiative temporanee o, ancora, ai centri per l’inclusione sociale.
Le nuove tipologie abitative introdotte dalla legge si configurano quindi come Servizio di Interesse pubblico Economico Generale (SIEG) svolto da una pluralità di soggetti pubblici e privati.
Sulla scorta della più recente evoluzione del concetto di servizio pubblico introdotto in Italia dal quadro normativo dell’UE, per l’ERP la nuova legge regionale dispone che gli alloggi siano tali da fornire un servizio abitativo di interesse generale (SIG) mente per gli alloggi a canone moderato e le strutture alloggiative temporanee il servizio diventa “di interesse generale a rilevanza economica”, altrimenti detto SIEG. In altri termini, per l’ERP viene mantenuto e ribadito il suo specifico ruolo di servizio pubblico di tipo universale e solidaristico mentre gli alloggi (come quelli a canone moderato) che individuano i SIEG non hanno queste caratteristiche, in quanto vi è la predominanza degli aspetti di rilevanza economica. Tali aspetti, in particolare, identificano con nettezza il confine tra ERP e altre tipologie, dato che soltanto per queste ultime si deve verificare l’equivalenza, a livello individuale (cioè a livello di ciascun assegnatario), tra versamenti per canone di locazione e prestazioni sociali (cioè livello effettivo del canone rispetto a quelli correnti di mercato).
Di conseguenza, si è in presenza di un SIEG allorché il servizio abitativo eroga delle prestazioni che dipendono strettamente dai versamenti dei singoli beneficiari ovvero dalle tariffe da questi pagate. Quando, viceversa, un servizio come l’ERP opera esclusivamente in base al principio di solidarietà, cioè quando vi è mancanza, a livello individuale, di una qualche equivalenza tra versamenti e prestazioni, il servizio perde i caratteri di economicità.

Questa nuova architettura giuridica, secondo il principio costituzionale di sussidiarietà, intende configurare il sistema delle condizioni economiche affinché la vasta area del privato sociale possa fornire in modo autonomo, pur con l’aiuto di contributi pubblici, la risposta a specifici segmenti di domanda di alloggi di edilizia residenziale sociale.
Di conseguenza, si sono delineati quindi i presupposti per la formazione di un vero e proprio settore not for profit nel mercato delle abitazioni in locazione. Settore che vede già impegnate le ARTE, cioè il soggetto tradizionalmente competente in questo settore che va però sempre più candidandosi a rivestire il ruolo di immobiliarista sociale, ma che tende ad allargarsi alle cooperative edilizie, alle organizzazioni non lucrative di utilità sociale, ad altre istituzioni pubbliche come le ASL e l’ARSSU, gli Enti religiosi fino alle Fondazioni bancarie.


3) I nuovi strumenti finanziari per il social housing
La responsabilità che la Regione Liguria è chiamata a esercitare nell’ambito della nuova legge regionale di riordino del settore abitativo arriva in un quadro generale di risorse decrescenti, soprattutto a seguito del venire meno della contribuzione ex Gescal e della sua mancata sostituzione di idonei da parte dello Stato. Da qui nasce anche la necessità di attivare nuove risorse finanziarie in una logica di minore dipendenza dalla spesa pubblica.
A questo proposito riveste particolare importanza nell’architettura della legge la questione degli strumenti finanziari che la Regione e, indirettamente, l’insieme degli operatori potranno disporre per finanziare programmi innovativi. E quindi sono ben due gli strumenti che vengono introdotti: a) il Fondo di garanzia, destinato a ridurre quell’importante barriera allo sviluppo dell’offerta sul mercato della locazione determinata dal rischio morosità. Il Fondo di garanzia può essere anche utilizzato per sostenere le famiglie in difficoltà con il pagamento dei mutui bancari;
b) il Fondo per lo sviluppo dell’housing sociale che, viceversa, è destinato a supportare gli operatori nella realizzazione degli interventi edilizi anche attraverso la partecipazione di nuovi soggetti finanziatori del settore abitativo, a cominciare dalle Fondazioni Bancarie.

Con l’introduzione del Fondo di garanzia, la Regione potrà concedere garanzie fideiussorie per il pagamento dei canoni di locazione da parte degli assegnatari di alloggi a canone moderato. La garanzia fideiussoria pubblica scatta nel caso che maggiormente disincentiva la proprietà edilizia a immettere gli alloggi sul mercato della locazione: la morosità. In particolare, la legge dispone che tale garanzia non potrà estendersi a più di 12 mensilità non pagate.
Le stesse garanzie fideiussorie potranno essere altresì concesse a favore dei nuclei familiari che sono impegnati nel pagamento di mutui, contratti con gli istituti di credito per l’acquisto della prima casa.

Con il Fondo per lo sviluppo dell’abitare sociale, invece, la Regione persegue l’obiettivo di sostenere la realizzazione operazioni immobiliari tramite interventi di recupero e/o nuova costruzione in cui sia presente una quota significativa di alloggi di edilizia a canone sociale/moderato, attraverso lo sviluppo di forme di Partenariato Pubblico Privato. Il Fondo avrà quindi il compito di sostenere la fattibilità economico-finanziaria delle operazioni promosse dagli enti locali o da soggetti privati in un settore a bassa redditività abbattendone il rischio finanziario attraverso il contenimento del servizio del debito.
L’architettura del Fondo, inoltre, dovrà configurarsi quale strumento in grado di dare continuità temporale all’azione programmatoria della Regione nel settore della casa. Il Fondo per lo sviluppo dell’abitare sociale potrà essere costituito con apporti estremamente diversificati:
a) della Regione tramite proprie risorse destinate al settore della casa derivanti da: quote annuali FIR, residui fondi Gescal, finanziamenti statali non finalizzati, fondi propri di bilancio, etc.
b) dalle ARTE attraverso quote parte degli esiti piani di vendita ERP, fondi annuali derivanti dalla gestione del patrimonio pubblico e, soprattutto, attraverso la valorizzazione del patrimonio immobiliare non di ERP di loro proprietà;
c) di altri soggetti, qualificabili come investitori istituzionali, che, a diverso titolo, possono essere interessati e/o coinvolgibili in investimenti sociali/etici nel settore della casa (fondazioni bancarie, fondi di investimento, banche, imprese, cassa edile etc.). Tali apporti si configurano quali finanziamenti a lungo termine e sugli stessi è riconosciuto un interesse calmierato rispetto a quelli di mercato ed è prevista la restituzione del capitale a lungo temine (10-25 anni);
d) in prospettiva si ipotizza che debbano essere indotti ad investire nel fondo anche strutture produttive che con la loro crescita inducano fabbisogno aggiuntivo o operatori di processi di trasformazione che erodano il patrimonio residenziale esistente o che operino in ambiti in cui esista un forte fabbisogno di residenza, nonché comuni con quote significative del gettito ICI derivante dal patrimonio pubblico.


4) Politiche abitative e governo del territorio: l’ERP come dotazione territoriale
La più forte responsabilizzazione dei Comuni introdotta dalla nuova legge che riorganizza l’intervento regionale nel settore abitativo è suscettibile di tradursi in un maggiore impegno a utilizzare gli strumenti urbanistici e l’insieme delle leve di cui dispone il settore del governo del territorio, per favorire processi di investimento pubblico e privato sugli obiettivi di politica abitativa.
La necessaria intersezione tra politiche abitative e governo del territorio ha richiama l’introduzione di una nuova tipologia di dotazioni territoriali, relativa agli interventi di ERP e aggiuntiva rispetto alle infrastrutture e servizi pubblici o di uso pubblico (standard urbanistici) già previsti dalla legislazione vigente.
Le norme di modifica alla lr 36/97 e s.m.i. previste dalla nuova legge regionale mirano ad assicurare che la trasformazione del territorio avvenga nel contemperamento delle diverse esigenze che a tale trasformazione sono connesse e, nello specifico, all’esigenza di far accedere al godimento dell’abitazione anche soggetti e categorie economico-sociali che non potrebbero farlo sulla base della normale contrattazione di mercato, ovvero perché non ammessi alle provvidenze per l’ERP.

Alla pianificazione comunale viene quindi assegnato il compito non solo di accertare il fabbisogno di ERS e di edilizia primaria ma, ovviamente, di provvedere realmente al suo soddisfacimento.
Tale soddisfacimento verrà a essere assicurato, in primo luogo, attraverso la cessione obbligatoria al Comune di quote di edificabilità da parte dei soggetti attuatori che realizzano interventi di trasformazione urbanistico-edilizia, segnatamente all’interno dei distretti di trasformazione così come disciplinati dalla lr 36/97 e s.m.i.
In prima applicazione, nelle more delle varianti ai PRG o ai PUC vigenti di ogni comune costiero e di quelli definiti come ad alta problematicità abitativa, la quota di edificabilità che dovrà essere ceduta dal soggetto attuatore per essere destinata a ERP è fissata nel 10% dell’edificabilità complessiva.
Tale sfera previsionale è da considerare tipica del livello di pianificazione comunale, quale strumento non di semplice pianificazione urbanistica ma di governo del territorio.

L’obbiettivo che la nuova legge quadro pone quindi alla pianificazione comunale è almeno duplice.
In primo luogo, vi è l’esigenza di adempiere in forma aggiornata alla missione che, tra le altre, la legge affida alla pianificazione urbanistica fin dal 1962: rendere concretamente possibile l’accesso alla casa anche alle categorie meno abbienti, cioè a tutti i cittadini che ricercano la locazione o che non perseguono fini di speculazione immobiliare nell’accostarsi alla proprietà dell’abitazione. Anziché determinare tali condizioni di accesso mediante la “riserva di apposite aree edificabili”, sottratte alla dinamica della rendita fondiaria urbana, come era nella tradizionale formulazione del PEEP, la nuova strumentazione urbanistica ligure (PUC) sarà viceversa chiamata a introdurre una “riserva di interventi”, mediante l’assegnazione di una quota percentuale della superficie utile maturata con le trasformazioni urbanistiche più significative. Tale quota dovrà essere destinata all’ERP.
La legge regionale approvata non introduce tanto un quid novi rispetto a quanto espressamente previsto dalla legislazione vigente in materia di edilizia economica e popolare ed edilizia convenzionata ma semplicemente applica a una precisa (anche se generale) fattispecie -cioè l’ERP- quella facoltà di convenzionamento che la legge riconosce con ampiezza agli Enti locali per far fronte al fabbisogno di residenza di tutte le fasce sociali.
In secondo luogo, c’è l’esigenza di superare la logica segregativa che fino a ieri ha condotto a realizzare l’edilizia pubblica in territori separati dalla città “normale”; si vuole raggiungere invece una completa integrazione di tutte le componenti del corpo urbano, inserendo l’ERP nel tessuto continuo della città, tra le altre residenze e soprattutto tra le altre funzioni e a stretto contatto con la più ampia gamma di servizi.

edilizia sostenibile: la scuola

Qualche settimana fa ho affrontato il tema della definizione di un Protocollo per la valutazione della qualità energetico-ambientale degli interventi relativi all'edilizia scolastica. Eccone qualche riflessione di carattere generale.

Il tema della qualità ambientale –e, conseguentemente, anche estetica- gioca un ruolo primario nel futuro dell'architettura scolastica, non più solo semplice contenitore della funzione didattica ma quale luogo simbolo dell'evoluzione educativa della società.
La convinzione che ha dettato la definizione del Protocollo individua nella qualità delle architetture scolastiche un elemento fondamentale per una serie di motivi: perché ha un impatto positivo sull'apprendimento ma anche sul benessere di studenti e insegnanti; perché essendo l’edificio il luogo dell’educazione, gioca un ruolo primario nel formare e modellare l’atteggiamento dei ragazzi verso l’ambiente; perché, anche dal punto di vista simbolico, la scuola rappresenta un luogo di primaria importanza per la vita della collettività, meritevole quindi di dignità anche formale.
La costruzione di una nuova scuola oppure la ristrutturazione di una scuola esistente è generalmente il risultato di un cammino lungo, accompagnato da dibattiti esclusivamente basati su problemi urbanistici, finanziari e tecnici. Oggi, per la prima volta in Liguria, il governo regionale spalanca però le porte al futuro con la definizione di un nuovo modello di istituto scolastico costruito con metodologie progettuali che guardano direttamente alla sostenibilità ambientale. Un modello di scuola che già dalla sua struttura si pone quale strumento di educazione degli studenti volto al rispetto dell’ambiente e delle risorse naturali e che assicura agli studenti ambienti sani e accoglienti.
Gli edifici scolastici che saranno costruiti o ristrutturati seguendo le prestazioni determinate dal Protocollo regionale non saranno soltanto i contenitori ove si impartisce l’educazione dei figli ma si candidano, già dalla conformazione degli spazi, ad arricchire l’istituzione scolastica di compiti nuovi, più aperti alle esigenze della contemporaneità. Un edificio scolastico progettato in modo sensibile alle esigenze di sostenibilità ambientale ha la possibilità di traghettare l’istituzione scolastica verso la riscoperta dei valori di sempre che hanno perso un po' d'importanza negli ultimi anni: la riscoperta del valore fondamentale del sapere, della necessità di accettare la sfida del progresso fondato sull’istruzione, la cultura e la scienza, il principio di solidarietà basato sulla convivenza di culture diverse. Ma anche a riacquistare la consapevolezza dell'importanza dei concetti di giustizia, equità e uguaglianza dei cittadini innanzi alla legge.

Negli edifici scolastici esistenti, che sono stati pensati e realizzati secondo criteri di tipo convenzionale pur se caratterizzati anche da validi approcci progettuali e costruttivi, generalmente si registrano problemi legati a un insufficiente controllo tecnico delle varie soluzioni e al mancato soddisfacimento di prestazioni di comfort per gli alunni, di ecoefficienza e di riduzione del consumo delle risorse. Alcuni aspetti problematici ricorrenti delle scuole in Liguria sono specificatamente riferiti a:
- fenomeni di eccessivo carico termico e di dispersioni termiche in corrispondenza dei fronti vetrati con forte esposizione solare;
- scarsità di illuminazione naturale di alcuni ambienti, segnatamente delle aule o dei laboratori;
- indifferenza al depauperamento delle risorse idriche;
- esigenze di manutenzioni continue e onerose dei manufatti, imputabili alla mancanza di un adeguato “progetto per la durabilità” dell’edilizia;
- utilizzo delle arre verdi, ove presenti, e degli elementi vegetali non finalizzato al miglioramento delle condizioni microclimatiche interne ed esterne;
- basso livello di benessere acustico;
- basso livello di identità dei luoghi e degli spazi;
- “scollamento” fra tipologia edilizia, lotto edificabile e condizioni ambientali e climatiche locali;
- diffuse problematiche impiantistiche, con il manifestarsi di evidenti criticità sotto il profilo dell’efficienza impiantistica, del contenimento dei costi di erogazione dei servizi (soprattutto di riscaldamento invernale) e delle manutenzioni periodiche;
- costi di gestione elevati che gravano interamente sulla finanza locale;
- indifferenza all’uso di risorse materiali ed energetiche rinnovabili e non inquinanti, sia in fase di produzione sia di esercizio e di dismissione.

Il Protocollo di valutazione energetico ambientale permette di indirizzare la progettazione e la realizzazione di un edificio scolastico nel rispetto di prestabiliti livelli di qualità ambientale ovvero di verificarne la qualità a costruzione ultimata, misurandone la prestazione rispetto a 14 criteri suddivisi in 2 aree di valutazione (consumo di risorse e carichi ambientali), secondo lo schema seguente:
1 Consumo di risorse
1 Contenimento consumi energetici invernali
1.a Energia primaria per la climatizzazione invernale;
1.b Trasmittanza termica media dell’involucro edilizio;
1.c Rendimento globale dell’impianto per la climatizzazione invernale
2 Acqua calda sanitaria
3 Contenimento dei consumi energetici
3.a Controllo della radiazione solare
3.b Inerzia termica
4 Illuminazione naturale
5 Energia elettrica
6 Uso di materiali da fonti riciclati/di recupero
7 Acqua potabile
7.a Consumo di acqua potabile per irrigazione
7.b Consumo di acqua potabile per usi indoor
8 Mantenimento delle prestazioni dell’involucro edilizio
9 Protezione dell’involucro
10 Isolamento acustico
11 Monitoraggio dei consumi
2 Carichi ambientali
12 Emissioni di CO2
13 Rifiuti solidi
14 Permeabilità aree esterne

risultati test

Ecco la colonna vincente:
1a
2b
3b
4c
5a
6b
7a
8c
9a
10a
11b
12c
13a
14c
15b
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17b
18c
19b
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24c
25c
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28c
29a
30b
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33a
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39b
40c
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43b
44c
45b
46a
47b
48c
49c
50b
51a
52b
53a
54a
55b
56a
57b.

mercoledì 16 aprile 2008

foreclosure

Via Diario della crisi finanziaria leggo che, nell’anno in corso, verranno messe all’asta da parte delle banche americane un qualcosa che varia tra le 750 mila e il milione di case.
Mi risulta difficile prevedere una qualche forma di rimbalzo del disastrato settore immobiliare statunitense.
E, al contempo, si profilano nubi minacciosissime sul mercato immobiliare europeo e italiano che, in linea generale, replica più o meno quello oltre oceano con circa 18 mesi di ritardo.

lunedì 14 aprile 2008

la voglia di chiarezza

Nuove lezioni dalla chiusura dei mercati di venerdì: ci si attacca sempre di più ai pochi elementi reali del mercato finanziario e si pretende chiarezza.

General Electric è rimasta l’unica realtà “reale” nel mondo della finanza (forse in compagnia di Wal Mart), dato che è una realtà aziendale (o meglio un vero e prorpio conglomerato) operante in sei settori che spaziano dalla elettricità alla finanza, dalla realizzazione di infrastrutture all’assistenza sanitaria (ovviamente privata), che ha fatto della sua solidità e della sua credibilità un vero e proprio “must”.

La stessa GE è stata incapace di segnalare per tempo che qualcosa non stava andando per il verso giusto, limitandosi ad annunciare risultati con riferimento all’intero esercizio 2008, in termini di ricavi e di profitti, sensibilmente inferiori alle attese degli analisti e alle sue stesse stime rese note in precedenza al mercato, il tutto senza uno straccio di profit warning.

Ed ecco che tale annuncio ha determinato un’istantanea raffica di downgrade del titolo, accompagnato da una flessione di oltre il 12 per cento: una dimensione che è diventata abituale e non giudicata grave nel malconcio settore finanziario ma che è di una gravità forse senza precedenti per una società come GE.