giovedì 14 aprile 2011

le riforme e il mondo capovolto

La cosa più interessante dell'incontro di presentazione della nuova lr 4/11 che va a modificare il Piano Casa ligure, una volta tanto, è stata la relazione introduttiva. Cioè quella che poco entra nel merito ma che, invece, ha il ruolo di dare i "segnali". E, puntualmente, il segnalo è arrivato: "Questa sarà la legislatura delle riforme". Curioso, poi, il fatto che a pronunciare queste parole non fosse un politico ma la figura apicale dell'organigramma regionale per quel che attiene il settore del Governo del Territorio.

E allora vediamo perché questa sarà la legislatura delle riforme. Perché è stato appena modificata la legge sul Piano Casa. E poi perché saranno introdotte delle modifiche alla lr 16/08... che in pochi anni ha già subito qualche modifica marginale e un paio di proroghe sulla sua entrata in vigore. E, non ultimo, sarà addirittura modificata la lr 36/97 per semplificare il doppio procedimento di approvazione del progetto preliminare del PUC e di quello definitivo. 

Accidenti che riforme... Pensandoci un pò, basta solo trovare l'accordo sul significato dei termini. E allora tutto può sembrare più chiaro... Cioè il mondo è capovolto.

Cosa sarebbe una legge di revisione degli oneri concessori che, ad esempio, trasformi un pò la quota "costo di costruzione" in "contributo per la riqualificazione della città"? Oppure, che introduca una qualche forma di perequazione territoriale in grado di riequilibrare onori e oneri finanziari del modello insediativo ligure? È semplice: sarebbe una correzione marginale dell'ordinamento esistente.
E cosa sarebbe un qualche provvedimento volto a incentivare il consolidamento delle unioni di Comuni, al fine di affrontare la dimensione degli Strumenti Urbanistici Generali rispetto all'odierno meccanismo di funzionamento del mercato immobiliare? È semplice: sarebbe una correzione marginale dell'ordinamento esistente.
E, infine, cosa sarebbe una leggina sul consumo di suolo che affronti, se è così necessario ad avviso di qualche influente organo di stampa, il problemino della diffusione insediativa in Liguria (forse dovrei dire "la cementificazione del territorio"). È semplice: sarebbe una correzione marginale dell'ordinamento esistente.

mercoledì 13 aprile 2011

la creatività non è semplice pensiero

In occasione del Salone del Mobile c'è qualche riflessioni sul Made in Italy e sulla creatività in generale. In particolare, a proposito della rivalutazione del lavoro artigianale, mi è piaciuto questo ragionamento proposto da Italia Futura (qui).
"Sparsi in tutta Milano, si moltiplicano gli eventi che vedono protagonisti della scena gli artigiani che concorrono alla produzione dell’offerta del sistema casa. Il tema non è nuovo, ma finalmente riceve la dovuta attenzione. Per anni abbiamo considerato la manifattura un problema risolto. Il ricorso massiccio alla delocalizzazione della produzione nelle economie emergenti ha fatto pensare ai più che un paese avanzato come l’Italia dovesse concentrarsi su poche attività della filiera produttiva, principalmente la progettazione e la comunicazione, nella convinzione che il pensiero creativo potesse essere separato dalla sua traduzione in fatto concreto. In molti hanno creduto che la creatività fosse solo pensare, immaginare e disegnare (al computer). Oggi stiamo scoprendo che la creatività è una cosa più complicata di un semplice pensiero. E’ il risultato di una serie di passaggi che prevedono il confronto fisico con la materia prima e con le tecniche della manifattura. Capiamo l’importanza di un’intelligenza del fare e che questa intelligenza è complementare a quella di chi immagina e comunica." I grassetti non sono miei.

giovedì 7 aprile 2011

legge sulla riqualificazione energetica: perché il Piano Casa non serve

Nel precedente post cercavo di rilevare l'interesse della proposta di legge sotto il profilo microeconomico. Aggiungo ancora qualche considerazione sempre partendo da chi abita e utilizza gli edifici: le famiglie.

Il provvedimento proposto è una sorta di rivisitazione del Piano Casa. Questo è indubbio. Solo che rispetto alla lr 49/09 cambia un pò il target di riferimento. Se per il Piano Casa sono i piccoli (o medio-piccoli) edifici e gli edifici incongrui, nella proposta di legge sono i condomini. 
Edifici così sono caratterizzati da una proprietà frammentata economicamente, culturalmente e anagraficamente (quindi con possibilità finanziarie e aspettative di vita assai diverse), per la quale ogni intervento che necessita accordi su spese che hanno tempi di ammortamento di una decina d’anni risulta pressoché impossibile. 
Le strade percorribili per incentivare la riqualificazione in chiave energetica degli immobili sono tradizionalmente tre:
·         incentivazione/detassazione delle ESCO (Energy Service Company) e delle relative attività di contracting, ovvero la promozione di società private che si offrono di risanare gli edifici a loro totale o parziale spesa in cambio dei vantaggi economici per un certo numero di anni derivati dalla conquistata efficienza energetica dell’edificio;
·        estensione della possibilità da parte delle ESCO di produrre Titoli di Efficienza Energetica (detti “Certificati Bianchi”) da vendere alle società erogatrici di energia che sono obbligate a conseguirli;
·         incentivi fiscali. L’Italia con la Finanziaria 2007 ha ideato un ottimo congegno fiscale (sgravi IRPEF del 55%) che è però azzoppato dalla sostanziale assenza di un metodo di calcolo comune e rigoroso e dall’assenza di controlli da parte di enti certificatori realmente terzi.

Questi strumenti hanno conseguito fino a oggi risultati modesti. Il principale difetto è che tali strumenti non possono essere per tutti. Ad esempio, per un pensionato che deve spendere qualche migliaia di euro per la sua quota di cappotto termico con un tempo d’ammortamento di 8 anni è sempre troppo. E non ci sono concessioni di sgravi IRPEF o similari che possono far cambiare valutazione. 

Il problema rimane quello di trovare incentivi economici mirati. E questi incentivi, in un quadro di risorse pubbliche decrescenti, possono essere trovate sul piano urbanistico. Cioè partendo dal livello di governo locale. In questo senso, la strada della premialità urbanistica ci pare l'unica che possa dare qualche frutto.
Per i condomini, però, è improponibile pensare alla premialità urbanistica di cui all'articolo 6 della nuova lr 49/09. La demolizione e ricostruzione, infatti, può andare bene per gli edifici inutilizzati, non certo per quelli abitati o comunque in buona efficienza. 
Per questi ultimi, la premialità volumetrica deve prevedere la permanenza delle famiglie nei propri alloggi. La strada è quella di scindere (almeno giuridicamente) i lavori di riqualificazione energetica da quelli che attengono il credito volumetrico. 

La soluzione possibile, individuata dal disegno di legge, è quella di prevedere la possibilità che l’edificio che viene risanato maturi un credito di cubatura da realizzare attraverso sopraelevazione (quando tecnicamente possibile) e/o da realizzare in altre aree edificabili individuate dal Comune mediante trasferimento di diritti edificatori.
Il tutto con specifiche garanzie pubbliche: da parte del Comune, che rilascia il titolo abilitativo; da parte della Regione Liguria, mediante la verifica dei calcoli energetici e un controllo su tutto il processo (progetto, cantiere, edificio finito). Senza il rispetto del quale (quindi in assenza di corrispondenza tra progetto e prodotto realizzato) non sussistono le condizioni per maturare nessun credito volumetrico.

legge sulla riqualificazione energetica: perché il Piano Casa non serve

Nel precedente post cercavo di rilevare l'interesse della proposta di legge sotto il profilo microeconomico. Aggiungo ancora qualche considerazione sempre partendo da chi abita e utilizza gli edifici: le famiglie.

Il provvedimento proposto è una sorta di rivisitazione del Piano Casa. Questo è indubbio. Solo che rispetto alla lr 49/09 cambia un pò il target di riferimento. Se per il Piano Casa sono i piccoli (o medio-piccoli) edifici e gli edifici incongrui, nella proposta di legge sono i condomini. 
Edifici così sono caratterizzati da una proprietà frammentata economicamente, culturalmente e anagraficamente (quindi con possibilità finanziarie e aspettative di vita assai diverse), per la quale ogni intervento che necessita accordi su spese che hanno tempi di ammortamento di una decina d’anni risulta pressoché impossibile. 
Le strade percorribili per incentivare la riqualificazione in chiave energetica degli immobili sono tradizionalmente tre:
·         incentivazione/detassazione delle ESCO (Energy Service Company) e delle relative attività di contracting, ovvero la promozione di società private che si offrono di risanare gli edifici a loro totale o parziale spesa in cambio dei vantaggi economici per un certo numero di anni derivati dalla conquistata efficienza energetica dell’edificio;
·        estensione della possibilità da parte delle ESCO di produrre Titoli di Efficienza Energetica (detti “Certificati Bianchi”) da vendere alle società erogatrici di energia che sono obbligate a conseguirli;
·         incentivi fiscali. L’Italia con la Finanziaria 2007 ha ideato un ottimo congegno fiscale (sgravi IRPEF del 55%) che è però azzoppato dalla sostanziale assenza di un metodo di calcolo comune e rigoroso e dall’assenza di controlli da parte di enti certificatori realmente terzi.

Questi strumenti hanno conseguito fino a oggi risultati modesti. Il principale difetto è che tali strumenti non possono essere per tutti. Ad esempio, per un pensionato che deve spendere qualche migliaia di euro per la sua quota di cappotto termico con un tempo d’ammortamento di 8 anni è sempre troppo. E non ci sono concessioni di sgravi IRPEF o similari che possono far cambiare valutazione. 

Il problema rimane quello di trovare incentivi economici mirati. E questi incentivi, in un quadro di risorse pubbliche decrescenti, possono essere trovate sul piano urbanistico. Cioè partendo dal livello di governo locale. In questo senso, la strada della premialità urbanistica ci pare l'unica che possa dare qualche frutto.
Per i condomini, però, è improponibile pensare alla premialità urbanistica di cui all'articolo 6 della nuova lr 49/09. La demolizione e ricostruzione, infatti, può andare bene per gli edifici inutilizzati, non certo per quelli abitati o comunque in buona efficienza. 
Per questi ultimi, la premialità volumetrica deve prevedere la permanenza delle famiglie nei propri alloggi. La strada è quella di scindere (almeno giuridicamente) i lavori di riqualificazione energetica da quelli che attengono il credito volumetrico. 

La soluzione possibile, individuata dal disegno di legge, è quella di prevedere la possibilità che l’edificio che viene risanato maturi un credito di cubatura da realizzare attraverso sopraelevazione (quando tecnicamente possibile) e/o da realizzare in altre aree edificabili individuate dal Comune mediante trasferimento di diritti edificatori.
Il tutto con specifiche garanzie pubbliche: da parte del Comune, che rilascia il titolo abilitativo; da parte della Regione Liguria, mediante la verifica dei calcoli energetici e un controllo su tutto il processo (progetto, cantiere, edificio finito). Senza il rispetto del quale (quindi in assenza di corrispondenza tra progetto e prodotto realizzato) non sussistono le condizioni per maturare nessun credito volumetrico.

martedì 5 aprile 2011

legge sulla riqualificazione energetica: il punto di vista delle famiglie

Finalmente è stato varata la proposta di legge regionale riferita alla riqualificazione energetica degli edifici esistenti. Mi sembra un buon modo per reagire al degrado progressivo delle istituzioni.
A parte questi aspetti, per andare ancora sulle questioni sollevate dalla proposta, può essere utile valutare il provvedimento sotto il profilo microeconomico, cioè mettendosi dalla parte delle famiglie. 
L'articolo 2, comma 1, lett. b) enuclea quale obiettivo specifico della legge la sensibile riduzione de "i tempi di ammortamento dell’investimento necessario alla riqualificazione energetica suscettibile di gravare sulla proprietà immobiliare". Cosa significa tutto ciò e perché?

Guardando un pò gli ultimi dati disponibili dell'ISTAT sui consumi delle famiglie italiane, le spese per il combustibile e per l'energia connesse alle abitazioni (cioè trasporti esclusi) ammontano a 130,36 euro/mese (pari a 1.564,32 euro all'anno) su un totale di spesa di 2.484,64 euro/mese. In altri termini, le spese per fornire energia alle nostre case incide per il 5,25% sul bilancio familiare. Poco? Per la salute, tanto per fare un esempio, spendiamo di meno: 95,60 euro al mese. E per alimenti e bevande meno di quattro volte tanto: 475,19 euro/mese.
Il dato medio sul complesso delle famiglie italiane, però, non dice tutto. Dato che il consumo per l'energia domestica è un consumo abbastanza incomprimibile (nel senso che una casa non si può non riscaldare) e la cui variazione varia al più in funzione della dimensione di ogni singolo alloggio, è interessante verificare come impattano i consumi energetici sui nuclei familiari più deboli. Prendiamo, ad esempio, il nucleo monopersonale composto da un ultrasessantacinquenne che abita nel Nord Ovest italiano. A fronte di una spesa annuale di 1.313,04 euro, la sua incidenza sul totale dei consumi sale al 6,99%. E dato che, sempre secondo l'ISTAT, i nuclei che hanno un reddito annuale netto (cioè depurato dalle imposte) inferiore a 12.000 euro sono almeno il 10% delle famiglie che risiedono in Liguria, quella stessa spesa per l'energia domestica arriva a incidere più del 10,9% sul totale dei consumi. In altri termini, se quella famiglia deve anche pagare un affitto oppure un mutuo, solo il mantenimento della casa è suscettibile di assorbire poco meno della metà del reddito disponibile. Cioè quella famiglia è oltre la soglia della povertà.
Per comprendere ancor meglio cosa significhi ridurre sensibilmente una spesa di 1.313,04 euro all'anno, basti ricordare che la Regione Liguria è arrivata a erogare fino all'anno scorso circa 1.100 euro/anno quale integrazione al reddito delle famiglie che vivono in affitto. Mi sto infatti riferendo alle prestazioni sociali garantite dal Fondo Sociale di sostegno agli Affitti... che è costato alle finanze pubbliche più di 10 milioni di euro all'anno.


E adesso arriviamo al "come fare" per alleviare il bilancio familiare dai costi energetici e per evitare che i costi della riqualificazione gravino sulle finanze delle singole famiglie.
Certo non con gli strumenti normativi tradizionali: l’ICI è diventata irrilevante ora più che mai; i contributi in conto capitale oramai sono fuori dalla portata dei bilanci di qualunque livello di governo; qualunque normativa impositiva è da ritenere impossibile anche solo da pensare perché, di fatto, scaricherebbe l’onere finanziario totalmente sui privati. E allora?
Si è pensato quindi di consentire all’edificio (o meglio, all’insieme dei suoi proprietari) che decide di risanarsi energeticamente, di maturare un “credito” di cubatura -anche in zone urbanisticamente oggi definite sature- che è obbligato a mettere sul mercato. L’introito della vendita dovrebbe poi essere totalmente reinvestito per finanziare il risanamento stesso.
Il premio di cubatura, poi, è differenziato in funzione della riduzione del fabbisogno energetico e, in misura minore, anche del livello del mercato immobiliare dell’edificio suscettibile di essere risanato.
Le simulazioni fatte sono confortanti. Ai valori immobiliari desunti dall’Osservatorio del Mercato Immobiliare dell’Agenzia del Territorio, l’operazione è fattibile quasi a costo zero per i proprietari anche nelle zone di minore pregio.