Sotto il profilo della metodologia perequativa suscettibile di essere utilizzata, dal livello regionale, per attribuire e allocare sui diversi territori comunali la dotazione territoriale di ERP (o di ERS), si può distinguere tra:
- una perequazione a priori, quando la misura di diritti edificatori è determinata attraverso la classificazione del territorio secondo lo stato di fatto e di diritto anteriori al piano, estranea al concetto di conformazione dei beni attraverso la valutazione tipica del procedimento pianificatorio perseguendo il diverso scopo della mera distribuzione dei valori;
- una perequazione a posteriori, quando la quantità globale prevista dallo SUG, pubblica e privata, è ripartita tra tutti i terreni interessati dalla trasformazione.
L’ipotesi di attribuire in modo generalizzato e in sede di programmazione regionale un unico parametro quantitativo in forza del quale viene determinata la quantità di edificazione da riservare all’ERP sembra riconducibile al modello di perequazione a priori.
Quest’ultimo, configurerebbe un meccanismo applicativo generalizzato -esteso a una parte rilevante delle aree di espansione o di trasformazione- attraverso il riconoscimento di un unico parametro di edificabilità convenzionale da riservare all’ERP, normalmente basso e uniforme (ad es. il 10% della SLP di ogni trasformazione urbanistica) per categorie di aree del territorio comunale sulla base dello stato di fatto e di diritto esistente, attribuito con criteri preventivi rispetto alle scelte del piano e non correlati al peso insediativo definito dallo stesso.
In questo caso, quindi, il meccanismo perequativo consente di individuare una sostanziale riduzione dell’edificabilità privata che sarà successivamente dovuta alle scelte pianificatorie: una parte del diritto ad edificare è infatti gratuitamente riservata al comune, l’altra resta di appannaggio dell’utilizzatore privato.
Questo sistema genera una una sorta di edificabilità pubblica priva di area, acquistata dall’ente pubblico al di fuori dei meccanismi tipici e consente l’acquisizione al patrimonio di immobili per la collettività in misura non parametrata all’effettivo fabbisogno di edilizia sociale ma che, semplicemente, deriva dalla conversione del parametro di edificabilità convenzionale.
Si può dire anzi che il riconoscimento a priori di capacità edificatorie convenzionali da destinare all’ERP si converte in quantità di edificazione sensibilmente inferiori oppure superiori, a seconda dell’entità effettiva del fabbisogno di edilizia sociale, a quelle stimate complessivamente occorrenti per realizzare gli obiettivi di solidarietà abitativa dello SUG.
Questo modello, che è quello ad esempio previsto dalla recente legge Basilicata e da quella della Calabria per quanto attiene l’utilizzo della perequazione per l’attribuzione dei diritti edificatori, solleva alcune problematiche di carattere generale che meritano un approfondimento.
La più importante delle quali riguarda il fatto che tale sistema di attribuire un diritto edificatorio meramente convenzionale alle aree, attraverso una riduzione della potenzialità edificatoria privata, è sostanzialmente estraneo al concetto di conformazione dei beni attraverso il procedimento pianificatorio, poiché persegue lo scopo aprioristico della mera distribuzione dei valori.
Si pongono allora due questioni:
a) la prima, che riguarda il tema della legalità dei poteri dell’amministrazione, è quella se sia ammissibile l’applicazione di un metodo del genere, o non sia necessaria una definizione normativa dei poteri della PA che definisca aprioristicamente valori convenzionali di edificabilità dei suoli;
b) la seconda, riferendosi alle due leggi regionali prima citate ma anche a un atto generale di programmazione regionale come quello delineato, riguarda l’esistenza di un problema di riserva di legge ai sensi dell’articolo 42 secondo comma della Costituzione, il quale prevede che essa determini i modi di acquisto e godimento della proprietà. In altri termini, introdurre un modello perequativo generalizzato e a priori implica l’esistenza di un problema di competenza statale esclusiva ai sensi dell’art. 117.2, lett. l) Cost. in materia di ordinamento civile, che da molti è stato letto alla stregua del vecchio limite del diritto privato.
- una perequazione a priori, quando la misura di diritti edificatori è determinata attraverso la classificazione del territorio secondo lo stato di fatto e di diritto anteriori al piano, estranea al concetto di conformazione dei beni attraverso la valutazione tipica del procedimento pianificatorio perseguendo il diverso scopo della mera distribuzione dei valori;
- una perequazione a posteriori, quando la quantità globale prevista dallo SUG, pubblica e privata, è ripartita tra tutti i terreni interessati dalla trasformazione.
L’ipotesi di attribuire in modo generalizzato e in sede di programmazione regionale un unico parametro quantitativo in forza del quale viene determinata la quantità di edificazione da riservare all’ERP sembra riconducibile al modello di perequazione a priori.
Quest’ultimo, configurerebbe un meccanismo applicativo generalizzato -esteso a una parte rilevante delle aree di espansione o di trasformazione- attraverso il riconoscimento di un unico parametro di edificabilità convenzionale da riservare all’ERP, normalmente basso e uniforme (ad es. il 10% della SLP di ogni trasformazione urbanistica) per categorie di aree del territorio comunale sulla base dello stato di fatto e di diritto esistente, attribuito con criteri preventivi rispetto alle scelte del piano e non correlati al peso insediativo definito dallo stesso.
In questo caso, quindi, il meccanismo perequativo consente di individuare una sostanziale riduzione dell’edificabilità privata che sarà successivamente dovuta alle scelte pianificatorie: una parte del diritto ad edificare è infatti gratuitamente riservata al comune, l’altra resta di appannaggio dell’utilizzatore privato.
Questo sistema genera una una sorta di edificabilità pubblica priva di area, acquistata dall’ente pubblico al di fuori dei meccanismi tipici e consente l’acquisizione al patrimonio di immobili per la collettività in misura non parametrata all’effettivo fabbisogno di edilizia sociale ma che, semplicemente, deriva dalla conversione del parametro di edificabilità convenzionale.
Si può dire anzi che il riconoscimento a priori di capacità edificatorie convenzionali da destinare all’ERP si converte in quantità di edificazione sensibilmente inferiori oppure superiori, a seconda dell’entità effettiva del fabbisogno di edilizia sociale, a quelle stimate complessivamente occorrenti per realizzare gli obiettivi di solidarietà abitativa dello SUG.
Questo modello, che è quello ad esempio previsto dalla recente legge Basilicata e da quella della Calabria per quanto attiene l’utilizzo della perequazione per l’attribuzione dei diritti edificatori, solleva alcune problematiche di carattere generale che meritano un approfondimento.
La più importante delle quali riguarda il fatto che tale sistema di attribuire un diritto edificatorio meramente convenzionale alle aree, attraverso una riduzione della potenzialità edificatoria privata, è sostanzialmente estraneo al concetto di conformazione dei beni attraverso il procedimento pianificatorio, poiché persegue lo scopo aprioristico della mera distribuzione dei valori.
Si pongono allora due questioni:
a) la prima, che riguarda il tema della legalità dei poteri dell’amministrazione, è quella se sia ammissibile l’applicazione di un metodo del genere, o non sia necessaria una definizione normativa dei poteri della PA che definisca aprioristicamente valori convenzionali di edificabilità dei suoli;
b) la seconda, riferendosi alle due leggi regionali prima citate ma anche a un atto generale di programmazione regionale come quello delineato, riguarda l’esistenza di un problema di riserva di legge ai sensi dell’articolo 42 secondo comma della Costituzione, il quale prevede che essa determini i modi di acquisto e godimento della proprietà. In altri termini, introdurre un modello perequativo generalizzato e a priori implica l’esistenza di un problema di competenza statale esclusiva ai sensi dell’art. 117.2, lett. l) Cost. in materia di ordinamento civile, che da molti è stato letto alla stregua del vecchio limite del diritto privato.
In sostanza, il modello di attribuzione della dotazione territoriale a priori sembra incidere direttamente sullo statuto proprietario, in particolare sul regime giuridico della proprietà fondiaria.
Attenendosi alla prima impressione, parrebbe quindi necessario l’intervento di una disciplina statale ad hoc per dare legittimazione al sistema perequativo di attribuzione della dotazione territoriale di ERP, specie se portato all’eccesso come nel modello aprioristico. Né, d’altronde, abbiamo in materia il conforto della giurisprudenza mai espressasi sul problema.
Attenendosi alla prima impressione, parrebbe quindi necessario l’intervento di una disciplina statale ad hoc per dare legittimazione al sistema perequativo di attribuzione della dotazione territoriale di ERP, specie se portato all’eccesso come nel modello aprioristico. Né, d’altronde, abbiamo in materia il conforto della giurisprudenza mai espressasi sul problema.
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