domenica 3 giugno 2007

mobilità da lavoro: quale policy?

Nella misura in cui la mobilità geografica riguarda i lavoratori, essa può influenzare i meccanismi di aggiustamento del mercato del lavoro, nel senso che una ridotta mobilità geografica può ostacolare i processi di riequilibrio delle disparità regionali esistenti nei tassi di occupazione e disoccupazione.
In Italia, effettivamente, a una bassa mobilità geografica di lungo raggio sembra corrispondere un divario accentuato nei tassi di occupazione e disoccupazione nelle diverse aree geografiche del paese: a un Nord in sostanziale piena occupazione fa riscontro un Mezzogiorno in cui la quota di persone in cerca di lavoro è pari al 15% (circa il doppio della media nazionale), mentre il tasso di occupazione è al 46,1% (oltre dieci punti sotto la media nazionale).

Sotto il profilo degli impegni di governance pubblica del fenomeno, le implicazioni sono rilevanti. Se la mobilità interna, funzionale ad accrescere la flessibilità e la competitività dei sistemi produttivi locali, non è quindi un fenomeno necessariamente negativo, è certo, però, che essa comporti costi rilevanti che, in assenza di specifiche policy, gravano sugli individui e sulle famiglie.
Uno dei fattori che più incide, ostacolando in qualche modo la mobilità geografica interna, è dato dalla disponibilità della casa o, meglio, dalla facilità con cui si possa abbandonare (anche, e forse soprattutto, temporaneamente) la propria casa dal luogo di residenza e averne un’altra nel luogo ove si trova un lavoro. L’idea sottostante è che, a parte i fattori di natura socio-culturale, la propensione a cambiare residenza geografica sia relativamente più bassa per chi è proprietario della propria abitazione rispetto a chi è semplicemente in affitto a causa dei maggiori costi di transazione insiti nel cambiare un’abitazione di proprietà e per il rischio connesso di perdite in conto capitale. Conseguentemente, una politica abitativa che incoraggi fortemente la proprietà dell’abitazione di residenza e incrementi così in modo significativo il numero di case di proprietà sul totale della abitazioni esistenti può finire con l’influenzare in modo negativo la mobilità geografica all’interno di un paese e, per tale via, la capacità di riequilibrare i divari territoriali esistenti nei tassi di occupazione e disoccupazione.
Una politica che intenda operare invece sul fronte della mobilità interna, accettando l’assetto territoriale esistente del sistema produttivo, deve necessariamente porsi il problema del sostegno alla mobilità interna stessa, in modo da alleviarne i costi diretti e indiretti. Alcuni passi sono stati realizzati, quali quelli che hanno rimosso i costi legati all’estinzione dei mutui ipotecari, ma molti ne restano.
Una politica di promozione dell’offerta di alloggi, prevalentemente da destinare sia alla locazione a canone moderato sia alla locazione temporanea (cioè con contratti inferiori a un anno), appare non solo utile ma necessaria.
Posta l’importanza di un’offerta specifica, rimane anche da valutare con attenzione la problematica relativa alla scelta dell’interlocutore più adatto. Al riguardo occorre osservare come, sino a ora, gli interventi messi in campo (ad es. Regione Lombardia) abbiano cercato di stabilire rapporti diretti con i datori di lavoro. Dato il ruolo centrale che in questo campo svolgono le agenzie di lavoro interinale, sarebbe forse più utile e interessante costruire con queste ultime un rapporto più diretto.

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