La domanda abitativa degli anziani si presenta sia fortemente crescente in termini quantitativi sia connotata da caratteristiche affatto particolari, dove l’abitazione in quanto tale costituisce solo una delle componenti dell’abitare.
Vi sono le condizioni per ipotizzare lo sviluppo di una nuova domanda che non è solo di nuove tipologie abitative ma di riorganizzazione di parti di città, dei servizi, dei trasporti.
In queste condizioni la capacità di gestire il patrimonio abitativo e i servizi connessi, di assicurare cioè un’offerta abitativa completa e di calibrare l’offerta sulla capacità di spesa della domanda costituisce l’elemento chiave per costruire un canale di offerta abitativa mirato sulle esigenze delle famiglie anziane.
E se non si intende che tale canale assuma i caratteri della realizzazione di ghetti per anziani, occorre giocare questa offerta abitativa prevalentemente sul terreno della gestione del patrimonio abitativo esistente e non su quello della produzione di insediamenti monogenerazionali.
In altri termini, il tradizionale e però ancora attuale ciclo di offerta di edilizia residenziale sociale giocato pressoché esclusivamente su due fasi, produzione e affitto (o vendita), dovrebbe arricchirsi di una fase di gestione finanziaria, immobiliare e manutentiva del patrimonio residenziale che comprenda anche la gestione dei servizi direttamente connessi alla residenza.
E’ del tutto evidente che per favorire lo sviluppo di un’attività di gestione matura del patrimonio abitativo non basta indicarne l’opportunità. Occorrono altresì adeguati strumenti normativi e, soprattutto, occorre favorire la costituzione di nuovi soggetti di gestione. In particolare i canali di offerta/gestione riguardanti la domanda abitativa espressa dagli anziani (ma anche dai giovani) sembra richiamare in primis strutture “no-profit”.
In questa logica può risultare vincente e sicuramente innovativo coinvolgere il terzo settore come soggetto in grado di realizzare specifici network anche rispetto all’housing sociale.
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