Il recente Rapporto annuale dell’Istat su La situazione del Paese nel 2006 ci mostra l’esistenza di un differenziale geografico tra distribuzione geografica della popolazione e dislocazione delle localizzazioni produttive. Tale differenziale genera un “gradiente” che è alla base degli spostamenti di residenza, soprattutto di quelli di lungo raggio.
Negli spostamenti a più breve raggio[1] prevalgono infatti motivi legati alla ricerca della vicinanza tra luogo di residenza e luogo di lavoro e alle diverse fasi del ciclo di vita individuale e familiare (uscita dalla famiglia d’origine, matrimonio, nascite sono tutti eventi che possono indurre alla ricerca di una nuova casa). Gli spostamenti a medio raggio[2], invece, possono essere motivati dalla necessità di allontanarsi dai centri urbani, soprattutto per fattori legati al minore costo delle abitazioni e all’ambiente (“fuga dalla città”).
Negli spostamenti a più lungo raggio[3], infine, entrano in gioco le condizioni del mercato del lavoro nella zona d’origine e in quella di destinazione (aver trovato lavoro, o sperare di trovarlo, in un luogo diverso da quello di residenza) e dunque, in ultima istanza, la forza relativa della struttura produttiva e la sua capacità d’attrazione (o di repulsione) dei flussi migratori interni.
L’analisi presentata dall’Istat corrobora l’ipotesi che le condizioni del mercato del lavoro –e specificamente la quota degli addetti alle unità locali sulla popolazione in età lavorativa, una proxy del tasso di occupazione– e, di conseguenza, le opportunità occupazionali e la solidità della struttura produttiva siano i fattori discriminanti, sia nel determinare la maggiore o minore capacità di attrarre flussi, sia nell’indirizzare la componente interna della mobilità, soprattutto di lungo raggio.
Sotto questo profilo, le aree del Paese dove il settore manifatturiero occupa una posizione predominante nel tessuto produttivo, soprattutto nell’ambito dell’industria leggera e del cosiddetto made in Italy hanno un ruolo trainante nella geografia delle migrazioni interne.
Il movimento migratorio interno, in calo nella prima metà degli anni Novanta, ha ripreso a crescere a partire dal 1995: tra quell’anno e il 2004, il numero complessivo di trasferimenti di residenza tra i comuni italiani è passato da 1,1 a 1,3 milioni di residenti, con un incremento del 18,1%. Nella media 2002-2004 i trasferimenti annui sono un milione 250 mila e sono suddivisi in:
· spostamenti a corto raggio, che rappresentano il 46% del totale e coinvolgono nella media del triennio 575 mila cambi di residenza all’anno;
· spostamenti a medio raggio, che riguardano complessivamente 345 mila trasferimenti (di cui 201 mila intraprovinciali e 144 mila intraregionali) e rappresentano il 27,7% del totale (rispettivamente 16,1 e 11,5%);
· spostamenti a lungo raggio, che constano di 330 mila cambi di residenza, il 26,4% del totale.
In questo quadro, il Mezzogiorno si conferma quale area di origine dei flussi e presenta nel 2004 un saldo migratorio ancora marcatamente negativo (circa 56 mila unità).
Rispetto al modello “classico” delle migrazioni interne italiane del secondo dopoguerra, emergono alcune significative differenze: se il Mezzogiorno continua a rappresentare la principale area di origine dei flussi migratori di lunga distanza, nelle regioni nord-orientali vi è stato, però, un guadagno netto di popolazione residente proveniente da tutte le altre zone del Paese, comprese le altre regioni del Nord.
Il Nord-ovest, rispetto ai fenomeni migratori del dopoguerra, pur caratterizzato da saldi migratori positivi nei confronti di Sud e Isole, registra una cessione netta di popolazione a vantaggio sia del Nord-est sia del Centro.
I trasferimenti di residenza, soprattutto a lungo raggio, allorché vengono riferiti alla geografia dei sistemi locali del lavoro, evidenziano la correlazione diretta del fenomeno con struttura produttiva dei territori. Inoltre, in questo quadro, i sistemi più caratteristici del modello di sviluppo locale seguito in Italia, soprattutto dalla seconda metà degli anni Settanta, continuano a esprimere una forte capacità d’attrazione sui flussi migratori interni.
I sistemi locali del lavoro in cui il saldo migratorio è positivo si collocano geograficamente soprattutto in Toscana, Lombardia ed Emilia-Romagna: in quest’ultima si concentra il più elevato numero di sistemi ad alta capacità d’attrazione, lungo tutto il confine regionale settentrionale e la riviera romagnola. In generale, esprimono saldi positivi le fasce costiere, sul versante adriatico fino all’Abruzzo e su quello tirrenico soprattutto in Toscana.
I sistemi con saldo migratorio negativo sono invece per lo più meridionali (in 127 casi su 140) e investono soprattutto le aree interne.
Intorno ad alcuni grandi centri –soprattutto Milano, Torino, Roma, Verona e Bologna– anche alla scala dei sistemi locali si possono osservare sia il fenomeno, già segnalato, della “fuga dalla città”, sia quello, più generale della periurbanizzazione: i sistemi della corona attraggono flussi di popolazione sia dalla “città” sia da altre aree più distanti.
Sotto il profilo della specializzazione funzionale, i sistemi turistici presentano un saldo positivo, per quanto più del 70% di quelli del Sud e più della metà di quelli del Nord-est cedano popolazione. In questo gruppo, sono ben 11 (su un totale di 29 sistemi locali) i sistemi caratterizzati da elevate intensità del saldo migratorio (tra 58,5 e 56,3 per 10 mila abitanti): in Trentino-Alto Adige, Veneto, Liguria, Toscana e Sardegna.
Tutti i gruppi di sistemi locali del cosiddetto made in Italy presentano un saldo migratorio positivo, con alcune rilevanti differenze: quelli della fabbricazione di macchine, dell’agro-alimentare e del legno e mobili mostrano la maggiore capacità d’attrazione, mentre quelli legati ai settori di specializzazione tradizionale (abbigliamento, tessile, calzature, pelli e cuoio) ne sono dotati in misura minore. In questo gruppo, sono ben 137 (su 257 SSL italiani) i sistemi locali localizzati prevalentemente nell’area Nord-est-centro con specializzazioni produttive riconducibili al made in Italy che presentano una capacità d’attrazione più moderata, con saldi migratori compresi tra 37 e 29 per diecimila abitanti.
[1] L’Istat considera trasferimenti di residenza a corto raggio quelli che intervengono all’interno del medesimo sistema locale del lavoro.
[2] Per spostamenti a medio raggio si intendono quelli che intervengono tra due sistemi locali all’interno della medesima provincia e anche quelli che intervengono tra province della stessa regione.
[3] Gli spostamenti tra sistemi locali di regioni diverse sono definiti dall’Istat come spostamenti a lungo raggio.
domenica 3 giugno 2007
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