L’articolo 117, comma 2, lett. m) della Costituzione conferisce allo Stato potere legislativo esclusivo nella determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali da garantire su tutto il territorio nazionale.
Punto di riferimento sono i diritti sociali da garantire e rendere esigibili su tutto il territorio nazionale, individuando le prestazioni e il relativo livello di erogazione che viene ritenuto essenziale a tale realizzazione.
L’espressione “livelli essenziali” è comparsa nella legislazione ordinaria degli ultimi anni, prima nell’ambito sanitario e poi in quello socio assistenziale.
Un assetto di questo genere è da ritenere un rilevante precedente, praticamente obbligatorio, in riferimento anche all’ambito delle politiche abitative.
Prima ancora di definirne il contenuto, sembra opportuno chiarire quale sia lo statuto istituzionale, oltre che concettuale, dei livelli essenziali delle prestazioni. Dalla letteratura scientifica, si comprende come essi potrebbero essere intesi in linea di principio in quattro modi diversi:
a) come diritti soggettivi esigibili (ad esempio tutti i bambini sotto i tre anni hanno diritto ad una quota di servizi/risorse pubbliche);
b) come livelli minimi di copertura (ad esempio un numero di posti nido che in ogni regione garantisca una determinata percentuale di copertura);
c) come tipologie di offerta (ad esempio, in tutte le regioni o comuni e consorzi di comuni ci deve essere almeno un servizio per l’infanzia, un servizio per le persone non autosufficienti, un segretariato sociale);
d) come standard minimi di prestazione (ad esempio i servizi per la prima infanzia, se offerti, devono soddisfare determinati requisiti minimi in termini di volumetria, rapporto personale/bambini, titolo di studio del personale ecc.).
I quattro modi non sono necessariamente mutuamente esclusivi; potrebbero anche essere complementari.
Tra le possibili definizioni di livello essenziale sopra citate, lo Stato, o almeno il Ministero delle politiche sociali, sembra optare per l’approccio “diritti soggettivi esigibili”. Tutto è, di fatto, rimandato alla negoziazione e alle disponibilità finanziarie, quindi l’approccio fa capo a un concetto di “esigibilità sostenibile”.
Il concetto di livello essenziale e uniforme si ritrova nell’art.1, comma 2, del d.lgs. n. 229/99, per cui il SSN è diretto ad assicurare “i livelli essenziali e uniformi di assistenza”. In tale ambito, l’espressione viene collegata ad alcuni principi, tra cui “il rispetto della dignità della persona umana, il bisogno di salute, l’equità nell’accesso all’assistenza”, che, nella logica del decreto, valgono a giustificare la necessità della determinazione a livello nazionale di standards di servizi da garantire a tutti i cittadini. Non manca, tuttavia, anche il richiamo alla dimensione economica e finanziaria. Si precisa, infatti: “L’individuazione dei livelli essenziali e uniformi di assistenza è effettuata contestualmente all’individuazione delle risorse finanziarie destinate al SSN, nel rispetto delle compatibilità finanziarie definite per l’intero sistema di finanza pubblica nel DPEF”.
L’ulteriore ambito in cui si ritrova poi l’espressione livello essenziale è quello dell’assistenza sociale dove la legge quadro 328/00 collega questa nozione a una dimensione non solo etico sociale ma anche di compatibilità finanziaria. Il provvedimento di legge precisa “nei limiti delle risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali, tenuto conto delle risorse ordinarie già destinate dagli enti locali alla spesa sociale”. Più precisamente, sul modello del Piano sanitario nazionale, viene prevista l’adozione del Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali come atto fondamentale di programmazione che individua, tra l’altro, i livelli essenziali e uniformi delle prestazioni sociali.
Rispetto ai livelli essenziali della sanità, quelli delle prestazioni sociali appaiono di carattere meno puntuale e più generico, probabilmente anche in considerazione del diverso titolo di competenza regionale (di tipo primario) definito, in materia, dal nuovo Titolo V della Costituzione.
La sintetica ricostruzione dell’architettura esistente per la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni, conduce a queste considerazioni:
a) l’intervento legislativo (o normativo) statale in materia di determinazione dei livelli essenziali di servizio abitativo deve individuare “prestazioni” e non sistemi organizzativi, che rappresentano il mezzo con cui operare per raggiungere il fine della garanzia della prestazione. L’individuazione delle modalità organizzative, degli standard da adottare per raggiungere l’obiettivo della garanzia delle prestazioni, restano viceversa in capo alla responsabilità del sistema Regione/Autonomie Locali, ciascuno per la propria competenza e livello di responsabilità, all'interno di un sistema di governance e di leale collaborazione istituzionale;
b) il tema della definizione dei livelli essenziali delle prestazioni va affrontato unitamente a quello delle risorse finanziarie necessarie a garantirli. L’individuazione dei livelli essenziali da parte dello Stato non può infatti prescindere dalla assunzione di responsabilità sul loro finanziamento. Da questo punto di vista, in un’ottica di regionalizzazione, si ritiene determinante e fortemente connesso al tema della recisa determinazione dei livelli essenziali quello della attuazione dell’articolo 119 della Costituzione;
c) il forte e ineludibile legame tra determinazione delle prestazioni ricomprese nei livelli essenziali da garantire in tutto il territorio nazionale e risorse economiche necessarie a finanziarle, con la necessità che vengano garantite a tutti coloro che rientrano nel target del bisogno/prestazione, fa sì che si debba necessariamente pensare a un sistema di definizione dei livelli graduale e progressivo, accompagnato da una costante azione di monitoraggio e verifica dell’impatto sull’intero sistema sociale, sia in termini finanziari sia organizzativi.
In relazione a quanto esposto il concetto di livello essenziale può essere così sostanziato:
a) un insieme di azioni o, meglio, di differenti servizi abitativi, che vedono concorrere sul piano finanziario i Comuni, le Regioni e lo Stato e la cui consistenza subordina l’erogazione delle prestazioni;
b) il diritto da parte del cittadino di essere destinatario delle azioni di cui alla lettera a), che, in via prioritaria sono dirette alle diverse tipologie di soggetti fragili che, in modo differente, palesano un bisogno di casa;
c) la necessità che tali azioni abbiano una distribuzione territoriale attenta alle possibilità che i cittadini possano accedere ai servizi abitativi, da perseguire attraverso indirizzi alle Regioni in luogo di precisi standard di erogazione.
Sulla base di questi presupposti è possibile ipotizzare un percorso che consenta di giungere a una quantificazione dei livelli essenziali, sia in termini programmatori sia finanziari, a partire dall’analisi dei dati sullo stato attuale della domanda e sul sistema di offerta dei servizi abitativi attraverso il monitoraggio, omogeneo sull’intero territorio nazionale, di alcuni indicatori collegati ai livelli essenziali stessi.
A partire da questo è possibile individuare per ciascuna funzione abitativa un livello essenziale, inteso come garanzia ad un target di popolazione di un diritto soggettivo, realisticamente perseguibile sull’intero territorio nazionale.
Tale livello potrà essere ridefinito nel corso degli anni, sulla base dell’evoluzione dei bisogni e delle risorse disponibili.
Individuare per ciascun livello la popolazione di riferimento consente inoltre, sulla base di una stima dei costi medi per prestazione e per servizi resi, di valutare il fabbisogno finanziario collegato ai livelli essenziali.
In base ai dati rilevati spetta ai diversi livelli istituzionali coinvolti (Stato, Regioni ed Enti Locali) individuare le rispettive quote di compartecipazione finanziariaria, nel quadro di un sistema di governance concertata e di corresponsabilità istituzionale.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento