Mi sto cimentando con una porzione di territorio (il riutilizzo dell'ex caserma Camandone) significativa per il futuro del luogo in cui abito.
Il golfo dianese è la più grande piattaforma turistica della provincia di Imperia (più grande di Sanremo) che con più di 13 mila posti letto tra alberghi, parchi per vacanze e residence rappresenta una delle più importanti realtà turistiche regionali. A questi occorre aggiungere le circa 26 mila stanze che secondo i dati censuari sono destinate a seconda casa.
Ma i problemi non mancano, a cominciare dalla pressione di questo turismo balneare sugli equilibri ambientali: il complesso di questa potenzialità di offerta ricettiva determina nella stagione estiva, peraltro sempre più corta, almeno 37/40 mila utenti giornalieri che vanno tutti a scaricarsi sui circa 10 ha di arenile costiero, con una densità di circa 2,70 mq/turista.
Anche sotto il profilo economico, il frazionamento delle iniziative imprenditoriali che vedono largamente prevalere la conduzione familiare, con una media di poco superore alle 40 camere per albergo, mostra evidenti segni di cedimento. Dalla difficile trasmissione dell'eredità imprenditoriale alla difficoltà di raggiungere importanti economie di scala nella gestione delle strutture. E, in ultima analisi, una grande paura dei nuovi competitori. Che, dopo la botta spagnola, prendono le sembianze di greci, turchi, egiziani, croati e tunisini.
Ci sono stati alcuni tentativi di realizzare piccole catene di alberghi, attraverso accorpamenti che fanno capo a un’unica struttura familiare di diverse strutture ricettive un tempo indipendenti. Tentativi molto difficili in una situazione che vede disaccoppiata la conduzione della struttura e la proprietà dell’immobile.
Negli anni del boom immobiliare, il numero degli alberghi è diminuito. E non può essere che così. Nel comprensorio dianese gli alberghi a quattro stelle sono meno del 5%, quasi il 70% sono invece a tre stelle. Spesso senza aria condizionata, senza piscina, senza adeguati spazi di parcheggio, senza accessibilità per i disabili, con un sito internet approssimativo. Ma, soprattutto, senza un’adeguata offerta di attività per il fuori albergo che possa giustificare la scelta del Golfo dianese quale luogo in cui tornare a fare le proprie vacanze.
Le associazioni di categoria, spesso, continuano a difendere un modello dell'aumento dei prezzi invece di porsi il problema di come far continuare ad arrivare i clienti anche nel medio-lungo periodo.
Il grande capitale nella provincia di Imperia è arrivato, gli innovatori dall'alto e i nuovi imprenditori è anche arrivato: ci sono molti porti turistici in costruzione o appena terminati e ci sono anche i nuovi impianti golfistici, esistenti o solo in programma. Il nodo vero, però, è cosa mettere in mezzo tra gli innovatori dall'alto e i bagnini o gli alberghi a conduzioni familiare rimasti lì a presidiare la spiaggia e la costa. C'è bisogno di un grande progetto per ridisegnare e riprogettare il golfo dianese.
E questo grande progetto non può prescindere da un utilizzo strategico dell’ex caserma Camandone, con i suoi 137.000 mq di terreno e i circa 200 mila mc di edilizia ormai dal 1999 non più utilizzata.
Il destino della valorizzazione di quest’area ex militare non è certo quella di fare concorrenza alle numerose iniziative immobiliari che caratterizzano l’ex mandamento dianese.
L’utilizzo possibile è invece quello di rifunzionalizzare questa grande area dismessa in modo tale da determinare precise e verificate sinergie con le attività che già operano nella filiera turistica, a cominciare dalle strutture ricettive e alle esigenze di una clientela che si va sempre più connotando: terza età e turismo familiare.
Di conseguenza, l’ipotesi di valorizzazione per la Camandone traguarda una dotazione di servizi e infrastrutture orientate alla “cura della persona” (siano turistiche o sociosanitarie) di livello territoriale tali da innescare un processo di qualificazione della funzione turistica di tutto il comprensorio, finalizzato in primo luogo ad aumentare la dotazione del fuori albergo di tutte le altre strutture che già operano e a destagionalizzare i flussi turistici.
La tenuta del Golfo dianese è condizione strategica almeno per l’economia provinciale. Guai se venisse ritenuto solo un luogo "di pianisti e ballerine". Tra cameriere, baristi, bagnini e altri figuranti in questa grande fabbrica della contemporaneità, sono più di 2.339 i posti di lavoro della filiera turistica (su un totale di 3.397 addetti). Che meritano capacità di governo che vadano oltre il rilascio del permesso di costruire.
Ma i problemi non mancano, a cominciare dalla pressione di questo turismo balneare sugli equilibri ambientali: il complesso di questa potenzialità di offerta ricettiva determina nella stagione estiva, peraltro sempre più corta, almeno 37/40 mila utenti giornalieri che vanno tutti a scaricarsi sui circa 10 ha di arenile costiero, con una densità di circa 2,70 mq/turista.
Anche sotto il profilo economico, il frazionamento delle iniziative imprenditoriali che vedono largamente prevalere la conduzione familiare, con una media di poco superore alle 40 camere per albergo, mostra evidenti segni di cedimento. Dalla difficile trasmissione dell'eredità imprenditoriale alla difficoltà di raggiungere importanti economie di scala nella gestione delle strutture. E, in ultima analisi, una grande paura dei nuovi competitori. Che, dopo la botta spagnola, prendono le sembianze di greci, turchi, egiziani, croati e tunisini.
Ci sono stati alcuni tentativi di realizzare piccole catene di alberghi, attraverso accorpamenti che fanno capo a un’unica struttura familiare di diverse strutture ricettive un tempo indipendenti. Tentativi molto difficili in una situazione che vede disaccoppiata la conduzione della struttura e la proprietà dell’immobile.
Negli anni del boom immobiliare, il numero degli alberghi è diminuito. E non può essere che così. Nel comprensorio dianese gli alberghi a quattro stelle sono meno del 5%, quasi il 70% sono invece a tre stelle. Spesso senza aria condizionata, senza piscina, senza adeguati spazi di parcheggio, senza accessibilità per i disabili, con un sito internet approssimativo. Ma, soprattutto, senza un’adeguata offerta di attività per il fuori albergo che possa giustificare la scelta del Golfo dianese quale luogo in cui tornare a fare le proprie vacanze.
Le associazioni di categoria, spesso, continuano a difendere un modello dell'aumento dei prezzi invece di porsi il problema di come far continuare ad arrivare i clienti anche nel medio-lungo periodo.
Il grande capitale nella provincia di Imperia è arrivato, gli innovatori dall'alto e i nuovi imprenditori è anche arrivato: ci sono molti porti turistici in costruzione o appena terminati e ci sono anche i nuovi impianti golfistici, esistenti o solo in programma. Il nodo vero, però, è cosa mettere in mezzo tra gli innovatori dall'alto e i bagnini o gli alberghi a conduzioni familiare rimasti lì a presidiare la spiaggia e la costa. C'è bisogno di un grande progetto per ridisegnare e riprogettare il golfo dianese.
E questo grande progetto non può prescindere da un utilizzo strategico dell’ex caserma Camandone, con i suoi 137.000 mq di terreno e i circa 200 mila mc di edilizia ormai dal 1999 non più utilizzata.
Il destino della valorizzazione di quest’area ex militare non è certo quella di fare concorrenza alle numerose iniziative immobiliari che caratterizzano l’ex mandamento dianese.
L’utilizzo possibile è invece quello di rifunzionalizzare questa grande area dismessa in modo tale da determinare precise e verificate sinergie con le attività che già operano nella filiera turistica, a cominciare dalle strutture ricettive e alle esigenze di una clientela che si va sempre più connotando: terza età e turismo familiare.
Di conseguenza, l’ipotesi di valorizzazione per la Camandone traguarda una dotazione di servizi e infrastrutture orientate alla “cura della persona” (siano turistiche o sociosanitarie) di livello territoriale tali da innescare un processo di qualificazione della funzione turistica di tutto il comprensorio, finalizzato in primo luogo ad aumentare la dotazione del fuori albergo di tutte le altre strutture che già operano e a destagionalizzare i flussi turistici.
La tenuta del Golfo dianese è condizione strategica almeno per l’economia provinciale. Guai se venisse ritenuto solo un luogo "di pianisti e ballerine". Tra cameriere, baristi, bagnini e altri figuranti in questa grande fabbrica della contemporaneità, sono più di 2.339 i posti di lavoro della filiera turistica (su un totale di 3.397 addetti). Che meritano capacità di governo che vadano oltre il rilascio del permesso di costruire.
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