venerdì 18 gennaio 2008

tempo e PA (a proposito di mutui)

Ieri mi è capitato di dover ragionare sul rapporto, sempre molto difficile, tra il tempo della società (e dell'economia) e tempo della Pubblica Amministrazione.

Il tema è legato alla questione dei mutui ipotecari e al rincaro che sta mettendo in difficoltà molte famiglie che si sono indebitate nel periodo in cui i tassi di riferimento della BCE erano al 2%.

La Legge Finanziaria 2008, all'articolo 2 commi da 475 a 480, prevede specifiche misure per intervenire sul punti: a condizione che vengano approvati uno o due decreti interministeriali.

In attesa di tali provvedimenti (che al momento non sono neppure in bozza), resta il dilemma se procedere autonomamente con iniziative locali oppure attendere l'evolversi della situazione nazionale.


Nel seguito qualche considerazione per dire che attendere ha veramente poco senso.

I mutui ipotecari a tasso variabile hanno visto aumentare repentinamente l'importo delle rate non solo perché rispetto a un paio di anni fa la BCE ha aumentato il tasso di riferimento fino a portarlo attualmente al 4,00%. Un'altra ragione, forse la più importante, è data dal fatto che i tassi interbancari sono aumentati anch'essi: addirittura l'euribor a 3 mesi che ieri è stato fissato al 4,51%, poco prima di Natale è arrivato al 4,90%. Tassi interbancari ai quali sono generalmente indicizzati i mutui ipotecari. E la cosa rilevante (e del tutto anomala) è considerare che tale aumento è avvenuto a fronte di tassi di riferimento della BCE che sono rimasti stabili, mentre i rendimenti dei Titoli di Stato sono addirittura calati di qualche punto.
In questo senso, è opportuno considerare che in condizioni normali i tassi interbancari sono praticamente uguali ai tassi di riferimento determinati dalla BCE. Oggi, invece, vi è uno spread dello 0,51% e tale spread è stato anche pari a 90 basis points verso la fine di dicembre.

Questo differenziale è frutto della crisi di sfiducia che ha colpito il sistema bancario, per via delle vicende legate ai mutui subprime negli Stati Uniti e ai prodotti derivati a essi connessi. Le banche con un eccesso di riserve hanno perciò smesso di prestare liquidità alle controparti in una situazione di fabbisogno, facendo di conseguenza impennare i tassi interbancari.
La liquidità quindi è diventata un "merce" estremamente rara e quindi il suo "prezzo" (cioè il tasso Euribor) è aumentato moltissimo (per evidenti ed elementari relazioni di domanda e offerta).

In pratica quindi, la crisi di sfiducia che ha colpito le banche, ha avuto come effetto collaterale quello di far aumentare i tassi ai quali sono normalmente indicizzati i mutui, penalizzando le incolpevoli famiglie con mutui ipotecari a tasso variabile.

Cosa aspettarsi per il futuro? Normalmente queste fasi di crisi di liquidità hanno durata abbastanza breve e tendono a rientrare in meno di un anno. Certamente, quella in corso, è forse una crisi di maggiore entità che coinvolge anche i colossi del sistema creditizio mondiale (è di questa settimana la svalutazione di Citigroup, cioè la più grande banca del mondo, di più di 11 miliardi di dollari). In ogni caso, però, la crisi del credito che impatta così negativamente sui tassi interbancari ha durata temporanea.

Ed è per questo motivo che i provvedimenti che possono essere presi in sede locale hanno carattere di urgenza: se arriva tra 4-6 mesi (come quello statale), la crisi del sistema creditizio potrebbe essere alle spalle e i tassi interbancari sarebbero già tornati ad allinearsi con i tassi di riferimento fissati dalla BCE: rispetto a novembre/dicembre, significa che la rata di un mutuo a tasso variabile potrebbe essere già scesa in funzione di una riduzione del tasso di circa lo 0,90%.

In conclusione, questa mi sembra il tipico caso di un provvedimento che ha senso se fatto in un certo tempo storico; altrimenti, ci troveremmo di fronte l'ennesimo caso della Pubblica Amministrazione che insegue la realtà senza mai afferrarla.

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