Negli ultimi anni mi sono, seppur occasionalmente, occupato di sicurezza sul lavoro. Segnatamente nei cantieri mobili.
Rispetto a tutte le istituzioni e le organizzazioni che ho visto all'opera, non ho avuto il piacere di vedere un ragionamento fondato su qualche numero che vada oltre all'ovvio. E a qualche dichiarazione di principio scarsamente vincolante.
Oggi su LaVoce.info Andrea Moro mostra con una qualche efficacia un'evidenza empirica di un certo rilievo.
I dati presentati indicano che la differenza fra i tassi di mortalità sul lavoro italiani ed europei è dovuta in gran parte alla maggiore pericolosità delle nostre strade. Tali dati, infatti, suggeriscono la possibilità che la pericolosità dell'ambiente di lavoro italiano non sia intrinsecamente molto più alta che nel resto dell'Europa. È possibile invece che i processi produttivi implichino maggiori spostamenti dei lavoratori su strada, forse a causa di un minore uso di tecnologie che permetterebbero di evitarli.
"Eurostat fornisce i numeri , suddivisi per paese, sui decessi avvenuti per lavoro. L'ultimo dato disponibile si ferma al 2004, quando in Italia si sono verificate 994 morti sul lavoro.
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Oltre al numero totale degli incidenti sul lavoro, Eurostat riporta anche il numero di decessi avvenuti a causa del traffico stradale e a bordo di qualsiasi mezzo di trasporto per il totale di un insieme di settori: agricoltura, manifattura, energia, costruzioni, commercio, hotel e ristorazione, e attività finanziarie (si noti l'esclusione del settore trasporti da questo aggregato).
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Notevoli sono le differenze con l'Europa: nel 2004, il traffico ha causato in Italia il 44 per cento dei decessi in questi settori, contro il 23 per cento nella media europea (nel 2005 si arrivò addirittura a un picco del 53 per cento). Significa che dei 944 morti sul lavoro riportati nel nostro paese in quell’anno, 693 sono in questi settori e fra questi ben 307 sono dovuti al traffico stradale. Assumendo che gli ulteriori 130 morti nel settore dei trasporti siano avvenuti "sulla strada", si arriva a spiegare almeno il 46 per cento dei decessi sul lavoro avvenuti nel 2004: quasi la metà mentre l'equivalente valore percentuale è 32 nella media europea, 32 nella Germania, 38 in Spagna, 36 in Francia."
Una conferma, con dati diversi (che significa confermare ancor di più), arriva da un contributo di Giampaolo Galli fondato su numeri messi a disposizione dall'INAIL.
In base ai dati Inail, gli infortuni stradali sono di gran lunga la prima causa delle cosiddette morti bianche. A essi è riconducibile circa la metà dei morti sul lavoro.
Il dato che colpisce tuttavia è che la circolazione stradale rimane mediamente più rischiosa anche quando si effettuino confronti con i settori produttivi in cui è più alta la frequenza degli infortuni.
"Il totale dei morti sulle strade italiane è di 5.426 unità (dato Istat 2005). I morti sui luoghi di lavoro, al netto dei 638 riconducibili a incidenti stradali, sono 642. Il numero dei decessi sulle strade è dunque molto più alto di quello che si registra all’interno dei luoghi di lavoro: il rapporto è di oltre 8 a 1.
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In base ai dati Istat, il monte ore lavorate in un anno in Italia è di 44,6 miliardi (corrispondente a una media per occupato di 1.495 ore, inclusiva dei lavori part-time e intermittenti). Ipotizzando che il tempo medio trascorso su strada sia di un’ora al giorno per abitante, il monte ore annuo relativo all’intera popolazione sarebbe di 21,5 miliardi. In questo caso, il rapporto di 8 a 1, in termini di valori assoluti, diventa di 17 a 1, se valutato in termini di rischio per unità di tempo. Secondo un’ipotesi forse più verosimile, il tempo medio trascorso su strada è più vicino alla mezz’ora. In tal caso il rapporto in termini di rischio diventa di 34 a 1.
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Nel 2005, i morti nel settore delle costruzioni, al netto di quelli dovuti a infortuni stradali, sono stati, secondo l’Inail, 170. È un dato elevato, specie se confrontato con i morti (sempre al netto di quelli dovuti alla circolazione stradale) registrati nell’intera industria manifatturiera (112 unità). Dato che il monte ore lavorato nelle costruzioni è di 3,3 miliardi (fonte Istat), il rapporto di rischio per unità di tempo si colloca fra 5 e 10 (a secondo che il tempo medio trascorso su strada sia di 1 ora o di mezz’ora)."
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