Leggo un articolo di Piero Ostellino sul Corriere del 22 dicembre relativo alla recente sentenza 348 della Corte Costituzionale relativa alle indennità di esproprio che così titola: "Proprietà privata quasi un crimine".
Incuriosito, vado a leggermi la sentenza. Forse mi sarò perso qualcosa?
Ed ecco, con qualche sorpresa rispetto all'articolo di Ostellino, che la Suprema Corte così dice: "È costituzionalmente illegittimo l'art. 5-bis del D.L. 11 luglio 1992, n. 333 conv. dalla legge 8 agosto 1992, n. 359, nella parte in cui, ai fini della determinazione dell'indennità di espropriazione dei suoli edificabili, prevede il criterio di calcolo fondato sulla media tra il valore dei beni e il reddito dominicale rivalutato, disponendone altresì l'applicazione ai giudizi in corso alla data dell'entrata in vigore della legge n. 359 del 1992. La norma censurata – la quale prevede un'indennità oscillante, nella pratica, tra il 50 ed il 30 per cento del valore di mercato del bene – non supera il controllo di costituzionalità in rapporto al «ragionevole legame» con il valore venale, prescritto dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo e coerente, del resto, con il «serio ristoro» richiesto dalla giurisprudenza consolidata della Consulta. La suddetta indennità è inferiore alla soglia minima accettabile di riparazione dovuta ai proprietari espropriati, anche in considerazione del fatto che la pur ridotta somma spettante ai proprietari viene ulteriormente falcidiata dall'imposizione fiscale, la quale si attesta su valori di circa il 20 per cento. Il legittimo sacrificio che può essere imposto in nome dell'interesse pubblico non può giungere sino alla pratica vanificazione dell'oggetto del diritto di proprietà.
È costituzionalmente illegittimo – conseguentemente - anche l'art. 37, commi 1 e 2, del dPR 8 giugno 2001, n. 327 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità)."
È costituzionalmente illegittimo – conseguentemente - anche l'art. 37, commi 1 e 2, del dPR 8 giugno 2001, n. 327 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità)."
Ecco, la sentenza si muove proprio nel senso di una maggiore tutela della proprietà. Adesso sono più tranquillo, non mi ero perso niente.
Nel testo della sentenza la Corte ha fornito precisazioni su come si debba muovere il legislatore per porre rimedio al vuoto creato dalla Sentenza in questione, stabilendo che, nel disciplinare nuovamente la materia, egli non ha il dovere di commisurare integralmente l'indennità di espropriazione al valore di mercato del bene ablato, e questo in ossequio alla "funzione sociale della proprietà" indicata all'art. 42 della Costituzione.
Tanto la Corte costituzionale quanto la Corte europea concordano infatti che il riferimento per la determinazione dell'indennità di espropriazione debba essere il valore di mercato (o venale) del bene, ma altrettanto convengono sul principio che non vi debba essere totale coincidenza tra valore di mercato e indennità espropriativa per l'indennizzo di aree edificabili.
Tanto la Corte costituzionale quanto la Corte europea concordano infatti che il riferimento per la determinazione dell'indennità di espropriazione debba essere il valore di mercato (o venale) del bene, ma altrettanto convengono sul principio che non vi debba essere totale coincidenza tra valore di mercato e indennità espropriativa per l'indennizzo di aree edificabili.
Ma che cavolo serve quell'articolo di Ostellino? e si è aggiudicato il premio Polena quale miglior articolo della settimana. Pensa un pò gli altri.
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