Il fine settimana sono stato impegnato nello scrivere lo schema di un intervento a un convegno a Rimini sul futuro delle politiche abitative.
Dato che il convegno, evidentemente dopo il risultato elettorale che sembrerebbe ipotecare ogni futuro per le politihe abitative, non si terrà più, gli appunti li metto sul blogghetto.
La nuova lr 38/07 e s.m.i. è la legge quadro che ridisegna l’intervento regionale nelle politiche abitative. Alla luce delle rinnovate competenze nel settore abitativo definite con la riforma del Titolo V della Costituzione, la Regione Liguria ha quindi deciso di costruire un corpo normativo regionale che punti alla massima unitarietà e semplificazione.
La nuova legge provvede a definire i nuovi elementi fondativi della politica sociale della casa in Liguria, ridefinendo gli elementi della programmazione regionale nel settore abitativo e della sua attuazione per quanto riguarda soggetti, modalità, strumenti, regole e modalità di reperimento delle risorse.
In primo luogo, è rilevante il significato politico della nuova legge che, di fatto, individua il soddisfacimento del bisogno di casa come “fattore di benessere sociale e risorsa per uno sviluppo sostenibile” dei diversi territori. In questo senso, lo sforzo è quello di individuare gli strumenti per garantire le pari opportunità per l'esercizio del diritto alla casa di tutti coloro che vivono, lavorano e studiano in Liguria stabilmente o in via temporanea.
Il tema dell’affitto e quello delle tante sfaccettature che assume il bisogno di casa oggi sono le parole d'ordine della nuova politica della casa. Genova e le città liguri pullulano di famiglie dell’ex ceto medio pressate da canoni di affitto sempre più insostenibili rispetto alle dinamiche dei redditi, di immigrati in difficoltà a trovare un appartamento in locazione, di studenti strozzati dal mercato nero degli affitti, di anziani che fanno fatica a sostenere i costi della manutenzione delle proprie case, di giovani coppie o di lavoratori precari impossibilitati a contrarre un mutuo per l’acquisto della loro prima casa.
Alcuni sintetici numeri sono lì a dimostrare la criticità del bisogno di casa:
a) sono state 10.181 le famiglie che nell’anno 2006 hanno richiesto un sostegno per il pagamento dell’affitto della propria casa;
b) i nuclei familiari che attendono una casa pubblica nelle graduatorie per l’assegnazione degli alloggi di ERP sono 5.509 (dato rilevato solo negli ambiti ad elevata problematicità abitativa);
c) la stima del fabbisogno pregresso di edilizia residenziale sociale (ERP e canone moderato) per gli ambiti ad elevata problematicità abitativa richiama la realizzazione di 17.149 alloggi per altrettante famiglie.
La Liguria deve quindi imboccare una strada nuova che va nella direzione di mettere sul mercato migliaia di case in affitto. In Liguria (come peraltro nel resto d’Italia) ci sono più del 70% di case in proprietà, in altri Paesi Europei la quota delle case in affitto supera anche la metà dello stock edilizio: e questo permette anche ai giovani di uscire di casa poco dopo la maggiore età.
Le occasioni sul territorio non sembrano mancare: le trasformazioni urbanistiche continuano a essere numerose soprattutto nelle città costiere, le aree da riconvertire –a partire da quelle demaniali- costituiscono importanti occasioni per molte città liguri, le periferie da riqualificare interessano soprattutto i grandi centri urbani.
La nuova legge provvede a definire i nuovi elementi fondativi della politica sociale della casa in Liguria, ridefinendo gli elementi della programmazione regionale nel settore abitativo e della sua attuazione per quanto riguarda soggetti, modalità, strumenti, regole e modalità di reperimento delle risorse.
In primo luogo, è rilevante il significato politico della nuova legge che, di fatto, individua il soddisfacimento del bisogno di casa come “fattore di benessere sociale e risorsa per uno sviluppo sostenibile” dei diversi territori. In questo senso, lo sforzo è quello di individuare gli strumenti per garantire le pari opportunità per l'esercizio del diritto alla casa di tutti coloro che vivono, lavorano e studiano in Liguria stabilmente o in via temporanea.
Il tema dell’affitto e quello delle tante sfaccettature che assume il bisogno di casa oggi sono le parole d'ordine della nuova politica della casa. Genova e le città liguri pullulano di famiglie dell’ex ceto medio pressate da canoni di affitto sempre più insostenibili rispetto alle dinamiche dei redditi, di immigrati in difficoltà a trovare un appartamento in locazione, di studenti strozzati dal mercato nero degli affitti, di anziani che fanno fatica a sostenere i costi della manutenzione delle proprie case, di giovani coppie o di lavoratori precari impossibilitati a contrarre un mutuo per l’acquisto della loro prima casa.
Alcuni sintetici numeri sono lì a dimostrare la criticità del bisogno di casa:
a) sono state 10.181 le famiglie che nell’anno 2006 hanno richiesto un sostegno per il pagamento dell’affitto della propria casa;
b) i nuclei familiari che attendono una casa pubblica nelle graduatorie per l’assegnazione degli alloggi di ERP sono 5.509 (dato rilevato solo negli ambiti ad elevata problematicità abitativa);
c) la stima del fabbisogno pregresso di edilizia residenziale sociale (ERP e canone moderato) per gli ambiti ad elevata problematicità abitativa richiama la realizzazione di 17.149 alloggi per altrettante famiglie.
La Liguria deve quindi imboccare una strada nuova che va nella direzione di mettere sul mercato migliaia di case in affitto. In Liguria (come peraltro nel resto d’Italia) ci sono più del 70% di case in proprietà, in altri Paesi Europei la quota delle case in affitto supera anche la metà dello stock edilizio: e questo permette anche ai giovani di uscire di casa poco dopo la maggiore età.
Le occasioni sul territorio non sembrano mancare: le trasformazioni urbanistiche continuano a essere numerose soprattutto nelle città costiere, le aree da riconvertire –a partire da quelle demaniali- costituiscono importanti occasioni per molte città liguri, le periferie da riqualificare interessano soprattutto i grandi centri urbani.
1) L’architettura istituzionale: il nuovo ruolo dei Comuni
Importante la novità sotto il profilo dell’organizzazione istituzionale dell’intervento nel settore abitativo. Il provvedimento normativo individua infatti nei Comuni i nuovi veri protagonisti delle politiche abitative, richiamandoli a sviluppare le proprie capacità di progettualità, proprio in un settore come quello della casa che nel recente passato li aveva sempre considerati attori di secondo piano. Fino ad oggi, infatti, i Comuni spesso avevano competenze dirette soltanto nella gestione delle graduatorie dell’Edilizia Residenziale Pubblica o nella raccolta delle domande per il sostegno all’affitto del FSA.
Il problema della casa chiama in causa, invece, in modo diretto non solo la Regione ma anche il sistema delle Autonomie locali, a partire proprio dalle competenze trasferite in modo definitivo con la riforma del titolo V° della Costituzione.
Tutto ciò comporta una diversa articolazione delle competenze istituzionali, attribuendo un ruolo centrale ai Comuni, quali soggetti di governo delle politiche abitative a livello territoriale.
La più forte responsabilizzazione dei Comuni è suscettibile di tradursi in diversi modi, tanti quanto sono le reali leve di manovra che gli Enti Locali hanno a disposizione. Un maggiore impegno a utilizzare gli strumenti urbanistici (generali e attuativi), la disponibilità a utilizzare immobili appartenenti al patrimonio disponibile ovvero aree demaniali o ancora l’uso accorto della leva rappresentata della fiscalità immobiliare (ICI, oneri di urbanizzazione, ecc.), sono alcuni degli strumenti che i singoli Comuni dovranno utilizzare per favorire processi di investimento pubblico e privato sugli obiettivi di politica abitativa.
2) Allargare l’ERP verso l’Edilizia Residenziale Sociale: i nuovi soggetti del social housing
Il percorso di riforma condensato nella nuova legge che riorganizza l’intervento regionale nel settore abitativo, oltre a essere fondato sulla centralità dei comuni, reclama un’individuazione degli attori e degli operatori delle politiche abitative molto diversa dal passato.
Il sistema che è stato configurato dalla nuova legge quadro implica che la politica pubblica e l’iniziativa privata non siano contrastanti ma si integrino per dare risposta alle varie e diversificate questioni sociali. Nell’attuale complessità del mercato immobiliare non è più possibile agire come soggetti istituzionali indipendenti. La costruzione del welfare abitativo in Liguria richiama quindi la compartecipazione dei soggetti privati, a partire da quelli non profit.
Una delle tesi di fondo della nuova legge fa proprio riferimento alla ricerca di una convergenza dell’insieme degli Operatori pubblici, privati e cooperativi sull’obiettivo di ampliare e calmierare il mercato immobiliare. Il lancio di tale alleanza è in grado di attivare anche nuove risorse finanziarie, secondo una logica di minore dipendenza dalla spesa pubblica nella produzione delle politiche pubbliche nel settore abitativo.
L’allargamento del numero degli operatori e l’architettura di selezione degli stessi, segnatamente di quelli privati, determina quindi il superamento del principio che vedeva fino al recente passato l’intervento nel settore della casa a totale carico dello Stato o della Regione.
Tutto ciò ha comportato, in primo luogo, l’affiancamento alla tradizionale offerta abitativa pubblica incentrata sull’ERP delle nuove tipologie abitative che confluiscono nell’Edilizia Residenziale Sociale (ERS). Sistema di ERS che, oltre a comprendere il tradizionale patrimonio pubblico di ERP disciplinato dalle vigenti leggi regionali, viene esteso alle più innovative forme di locazione che fanno riferimento al canone moderato ovvero alle strutture alloggiative temporanee o, ancora, ai centri per l’inclusione sociale.
Le nuove tipologie abitative introdotte dalla legge si configurano quindi come Servizio di Interesse pubblico Economico Generale (SIEG) svolto da una pluralità di soggetti pubblici e privati.
Sulla scorta della più recente evoluzione del concetto di servizio pubblico introdotto in Italia dal quadro normativo dell’UE, per l’ERP la nuova legge regionale dispone che gli alloggi siano tali da fornire un servizio abitativo di interesse generale (SIG) mente per gli alloggi a canone moderato e le strutture alloggiative temporanee il servizio diventa “di interesse generale a rilevanza economica”, altrimenti detto SIEG. In altri termini, per l’ERP viene mantenuto e ribadito il suo specifico ruolo di servizio pubblico di tipo universale e solidaristico mentre gli alloggi (come quelli a canone moderato) che individuano i SIEG non hanno queste caratteristiche, in quanto vi è la predominanza degli aspetti di rilevanza economica. Tali aspetti, in particolare, identificano con nettezza il confine tra ERP e altre tipologie, dato che soltanto per queste ultime si deve verificare l’equivalenza, a livello individuale (cioè a livello di ciascun assegnatario), tra versamenti per canone di locazione e prestazioni sociali (cioè livello effettivo del canone rispetto a quelli correnti di mercato).
Di conseguenza, si è in presenza di un SIEG allorché il servizio abitativo eroga delle prestazioni che dipendono strettamente dai versamenti dei singoli beneficiari ovvero dalle tariffe da questi pagate. Quando, viceversa, un servizio come l’ERP opera esclusivamente in base al principio di solidarietà, cioè quando vi è mancanza, a livello individuale, di una qualche equivalenza tra versamenti e prestazioni, il servizio perde i caratteri di economicità.
Questa nuova architettura giuridica, secondo il principio costituzionale di sussidiarietà, intende configurare il sistema delle condizioni economiche affinché la vasta area del privato sociale possa fornire in modo autonomo, pur con l’aiuto di contributi pubblici, la risposta a specifici segmenti di domanda di alloggi di edilizia residenziale sociale.
Di conseguenza, si sono delineati quindi i presupposti per la formazione di un vero e proprio settore not for profit nel mercato delle abitazioni in locazione. Settore che vede già impegnate le ARTE, cioè il soggetto tradizionalmente competente in questo settore che va però sempre più candidandosi a rivestire il ruolo di immobiliarista sociale, ma che tende ad allargarsi alle cooperative edilizie, alle organizzazioni non lucrative di utilità sociale, ad altre istituzioni pubbliche come le ASL e l’ARSSU, gli Enti religiosi fino alle Fondazioni bancarie.
3) I nuovi strumenti finanziari per il social housing
La responsabilità che la Regione Liguria è chiamata a esercitare nell’ambito della nuova legge regionale di riordino del settore abitativo arriva in un quadro generale di risorse decrescenti, soprattutto a seguito del venire meno della contribuzione ex Gescal e della sua mancata sostituzione di idonei da parte dello Stato. Da qui nasce anche la necessità di attivare nuove risorse finanziarie in una logica di minore dipendenza dalla spesa pubblica.
A questo proposito riveste particolare importanza nell’architettura della legge la questione degli strumenti finanziari che la Regione e, indirettamente, l’insieme degli operatori potranno disporre per finanziare programmi innovativi. E quindi sono ben due gli strumenti che vengono introdotti: a) il Fondo di garanzia, destinato a ridurre quell’importante barriera allo sviluppo dell’offerta sul mercato della locazione determinata dal rischio morosità. Il Fondo di garanzia può essere anche utilizzato per sostenere le famiglie in difficoltà con il pagamento dei mutui bancari;
b) il Fondo per lo sviluppo dell’housing sociale che, viceversa, è destinato a supportare gli operatori nella realizzazione degli interventi edilizi anche attraverso la partecipazione di nuovi soggetti finanziatori del settore abitativo, a cominciare dalle Fondazioni Bancarie.
Con l’introduzione del Fondo di garanzia, la Regione potrà concedere garanzie fideiussorie per il pagamento dei canoni di locazione da parte degli assegnatari di alloggi a canone moderato. La garanzia fideiussoria pubblica scatta nel caso che maggiormente disincentiva la proprietà edilizia a immettere gli alloggi sul mercato della locazione: la morosità. In particolare, la legge dispone che tale garanzia non potrà estendersi a più di 12 mensilità non pagate.
Le stesse garanzie fideiussorie potranno essere altresì concesse a favore dei nuclei familiari che sono impegnati nel pagamento di mutui, contratti con gli istituti di credito per l’acquisto della prima casa.
Con il Fondo per lo sviluppo dell’abitare sociale, invece, la Regione persegue l’obiettivo di sostenere la realizzazione operazioni immobiliari tramite interventi di recupero e/o nuova costruzione in cui sia presente una quota significativa di alloggi di edilizia a canone sociale/moderato, attraverso lo sviluppo di forme di Partenariato Pubblico Privato. Il Fondo avrà quindi il compito di sostenere la fattibilità economico-finanziaria delle operazioni promosse dagli enti locali o da soggetti privati in un settore a bassa redditività abbattendone il rischio finanziario attraverso il contenimento del servizio del debito.
L’architettura del Fondo, inoltre, dovrà configurarsi quale strumento in grado di dare continuità temporale all’azione programmatoria della Regione nel settore della casa. Il Fondo per lo sviluppo dell’abitare sociale potrà essere costituito con apporti estremamente diversificati:
a) della Regione tramite proprie risorse destinate al settore della casa derivanti da: quote annuali FIR, residui fondi Gescal, finanziamenti statali non finalizzati, fondi propri di bilancio, etc.
b) dalle ARTE attraverso quote parte degli esiti piani di vendita ERP, fondi annuali derivanti dalla gestione del patrimonio pubblico e, soprattutto, attraverso la valorizzazione del patrimonio immobiliare non di ERP di loro proprietà;
c) di altri soggetti, qualificabili come investitori istituzionali, che, a diverso titolo, possono essere interessati e/o coinvolgibili in investimenti sociali/etici nel settore della casa (fondazioni bancarie, fondi di investimento, banche, imprese, cassa edile etc.). Tali apporti si configurano quali finanziamenti a lungo termine e sugli stessi è riconosciuto un interesse calmierato rispetto a quelli di mercato ed è prevista la restituzione del capitale a lungo temine (10-25 anni);
d) in prospettiva si ipotizza che debbano essere indotti ad investire nel fondo anche strutture produttive che con la loro crescita inducano fabbisogno aggiuntivo o operatori di processi di trasformazione che erodano il patrimonio residenziale esistente o che operino in ambiti in cui esista un forte fabbisogno di residenza, nonché comuni con quote significative del gettito ICI derivante dal patrimonio pubblico.
4) Politiche abitative e governo del territorio: l’ERP come dotazione territoriale
La più forte responsabilizzazione dei Comuni introdotta dalla nuova legge che riorganizza l’intervento regionale nel settore abitativo è suscettibile di tradursi in un maggiore impegno a utilizzare gli strumenti urbanistici e l’insieme delle leve di cui dispone il settore del governo del territorio, per favorire processi di investimento pubblico e privato sugli obiettivi di politica abitativa.
La necessaria intersezione tra politiche abitative e governo del territorio ha richiama l’introduzione di una nuova tipologia di dotazioni territoriali, relativa agli interventi di ERP e aggiuntiva rispetto alle infrastrutture e servizi pubblici o di uso pubblico (standard urbanistici) già previsti dalla legislazione vigente.
Le norme di modifica alla lr 36/97 e s.m.i. previste dalla nuova legge regionale mirano ad assicurare che la trasformazione del territorio avvenga nel contemperamento delle diverse esigenze che a tale trasformazione sono connesse e, nello specifico, all’esigenza di far accedere al godimento dell’abitazione anche soggetti e categorie economico-sociali che non potrebbero farlo sulla base della normale contrattazione di mercato, ovvero perché non ammessi alle provvidenze per l’ERP.
Alla pianificazione comunale viene quindi assegnato il compito non solo di accertare il fabbisogno di ERS e di edilizia primaria ma, ovviamente, di provvedere realmente al suo soddisfacimento.
Tale soddisfacimento verrà a essere assicurato, in primo luogo, attraverso la cessione obbligatoria al Comune di quote di edificabilità da parte dei soggetti attuatori che realizzano interventi di trasformazione urbanistico-edilizia, segnatamente all’interno dei distretti di trasformazione così come disciplinati dalla lr 36/97 e s.m.i.
In prima applicazione, nelle more delle varianti ai PRG o ai PUC vigenti di ogni comune costiero e di quelli definiti come ad alta problematicità abitativa, la quota di edificabilità che dovrà essere ceduta dal soggetto attuatore per essere destinata a ERP è fissata nel 10% dell’edificabilità complessiva.
Tale sfera previsionale è da considerare tipica del livello di pianificazione comunale, quale strumento non di semplice pianificazione urbanistica ma di governo del territorio.
L’obbiettivo che la nuova legge quadro pone quindi alla pianificazione comunale è almeno duplice.
In primo luogo, vi è l’esigenza di adempiere in forma aggiornata alla missione che, tra le altre, la legge affida alla pianificazione urbanistica fin dal 1962: rendere concretamente possibile l’accesso alla casa anche alle categorie meno abbienti, cioè a tutti i cittadini che ricercano la locazione o che non perseguono fini di speculazione immobiliare nell’accostarsi alla proprietà dell’abitazione. Anziché determinare tali condizioni di accesso mediante la “riserva di apposite aree edificabili”, sottratte alla dinamica della rendita fondiaria urbana, come era nella tradizionale formulazione del PEEP, la nuova strumentazione urbanistica ligure (PUC) sarà viceversa chiamata a introdurre una “riserva di interventi”, mediante l’assegnazione di una quota percentuale della superficie utile maturata con le trasformazioni urbanistiche più significative. Tale quota dovrà essere destinata all’ERP.
La legge regionale approvata non introduce tanto un quid novi rispetto a quanto espressamente previsto dalla legislazione vigente in materia di edilizia economica e popolare ed edilizia convenzionata ma semplicemente applica a una precisa (anche se generale) fattispecie -cioè l’ERP- quella facoltà di convenzionamento che la legge riconosce con ampiezza agli Enti locali per far fronte al fabbisogno di residenza di tutte le fasce sociali.
In secondo luogo, c’è l’esigenza di superare la logica segregativa che fino a ieri ha condotto a realizzare l’edilizia pubblica in territori separati dalla città “normale”; si vuole raggiungere invece una completa integrazione di tutte le componenti del corpo urbano, inserendo l’ERP nel tessuto continuo della città, tra le altre residenze e soprattutto tra le altre funzioni e a stretto contatto con la più ampia gamma di servizi.
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