lunedì 10 marzo 2008

leggerezza vs. pesantezza

Michele Costanzo ragiona sull'opposizione leggerezza/pesantezza nella recente produzione di architettura. Pensando soprattutto alla Spagna quale luogo in cui con più vivacità si manifesta un'attenzione rivolta a un'architettura della "pesantezza" e uno specifico interesse nei confronti di materiali costruttivi in grado di sottolineare la staticità dell'oggetto e il "radicamento" nel luogo e nel tempo.

Una delle "tracce formali" che con maggiore incisività indica il profondo cambiamento nell'elaborazione delle idee e nel modo di esprimerle, avvenuto nel mondo dell'architettura all'incirca negli ultimi vent'anni, è la diversa interpretazione che è stata data dei materiali che ne definiscono le singole opere, attribuendo ad essi un'importanza determinante nel loro esito figurativo.

La prassi corrente dello star system architettonico tende a ricercare nell'architettura (quasi esclusivamente) valori capaci di stimolare una gamma di sensazioni che vanno dall'emozione allo stupore, dal turbamento allo smarrimento, perseguendo un indirizzo costruttivo basato sulla ricerca della "leggerezza".

L'impiego di certi materiali particolarmente sofisticati, nel rivestimento di un edificio, che la ricerca e il mercato mettono a disposizione e che rendono, ad esempio, certe sue parti contemporaneamente trasparenti o riflettenti, è la conferma di tale tendenza che, da un lato, si sforza di perseguire un'espressività coinvolgente, cercando di trascinare l'utente in un turbine emotivo e, dall'altro punta a illuderlo operando sull'oggetto stesso una forma di scarto dalla realtà, in questo modo, entrando in una dimensione che oscilla tra l'onirico e il virtuale. Si tratta, infatti, di una realtà che perde la sua concretezza per entrare nel mondo del "desiderio".

Al contempo, si manifesta una sorta di resistenza alla smaterializzazione dell'oggetto architettonico, alla perdita progressiva della sua massa.
Questo recupero dell'idea materia è anche un modo per contrastare l'idea, peraltro assai diffusa, di architettura come comunicazione: una visione che ne indebolisce l'essenza, rendendola effimera, fragile, deperibile.

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