Rem Koolhaas ha lavorato a lungo intorno alla definizione di un'adeguata strategia di progetto volta al superamento del problema delle limitazioni che gli edifici (e i loro spazi) determinano sull'utente e sui suoi movimenti. Koolhaas progetta spazi affinchè il corpo si possa muovere con maggiore libertà rispetto alla produzione edilizia corrente.
Parte da una considerazione: l'architettura è una prigione del corpo. Se, infatti, si costruisce un muro, viene automaticamente abolita una direzione verso cui ci si può muovere. Se i muri sono due -per esempio in un corridoio- di direzioni da percorrere ne resta una sola. Se si pensa a una casa tradizionale, a ogni stanza corrisponde una funzione (letto, bagno, cucina, soggiorno) e l'utente, come in una sorta di schiavitù, ogni giorno ripetete lo stesso rituale: ci si alza, si va in bagno, poi in cucina...
Gli edifici di Rem Koolhaas, a guardar bene, giocano molto sulle trasparenze. Sono il modo più semplice attraverso cui liberarsi dalla schiavitù, se non altro percettiva, della materia muraria. La stessa strategia progettuale, però, gioca anche sulla forma degli spazi: non più scatole statiche destinate alla sosta e alla contemplazione ma luoghi che si inseguono, si agganciano e si scontrano l'uno con l'altro. Sino a arrivare ai piani inclinati dove è negata la orizzontalità dei pavimenti.
Koolhaas, inoltre, centra la propria strategia sul movimento: l'architettura non è l'inerte forma del contenitore, cioè della massa muraria, ma la vita del suo contenuto e quindi, in ultima analisi, la vita dei corpi che si muovono liberamente nello spazio. Proprio a Euralille, in un unico ambiente si incontrano i movimenti di coloro che vanno in macchina, sulla metropolitana, in treno e sulle scale mobili.
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