Interessante lettura quella della proposta di legge di Legambiente e Politecnico di Milano per lo “Statuto dei suoli”.
Oggi molte delle iniziative di greening, di innalzamento della biodiversità o di miglioramento paesistico non vanno oltre qualche dichiarazione progettuale in quanto non hanno finanziamenti e i luoghi dove concretizzarsi.
La proposta di legge fa qualche passo in avanti in questa ricerca: prova a dare una strada concreta a una volontà -che è quella di costruire ambiente o di fare natura- chiedendo al settore edilizio di farsene carico in quanto consumatore di suolo.
L’idea alla base del progetto di legge è quello di attivare un processo compensativo assimilabile, da un lato, a quella che fu l’introduzione degli oneri di urbanizzazione per la realizzazione di strade, servizi urbani, ecc., dall’altro alla più recente pratica dei programmi integrati e del progetto urbano. Se nel passato vi è stata necessità di iscrivere la richiesta di costruire a una condizione di fornitura di capitali sociali in quanto infrastrutture e servizi erano (e sono) necessari per l’abitare, oggi (ma avrebbe dovuto esserlo anche ieri), periodo di evidente deficit ambientale ed ecologico e periodo di scarsa disponibilità di risorse territoriali come gli spazi aperti, è immaginabile attribuire a ogni trasformazione anche una responsabilità ecologica che si traduca in una sorta di onere ecologico attraverso il quale si possa generare nuova natura altrove rispetto alla trasformazione, concorrendo a generare una dotazione ecologica e ambientale necessaria per la qualità della vita insediata.
La trasformazione urbanistico-edilizia porta con sé una pur minima sottrazione di spazi e di risorse naturali che gravano sulla bilancia ambientale locale. Ecco che il progetto di legge immagina di introdurre una serie di contropartite, a carico del trasformatore (pubblico o privato che sia), capaci di fornire in altri lotti -ma in un intorno territoriale definito (tendenzialmente nello stesso comune)- un credito ecologico.
Questo credito non fa altro che “compensare” la sottrazione ambientale inevitabilmente tolta al territorio e al paesaggio che, pur con tutte le eco-soluzioni poste in essere in fase progettuale, rimane da “riparare”.
Sull'atto del “riparare” e del “compensare” è importante dire che cosa è possibile fare con riferimento al comparto ambientale del suolo, in quanto è evidente che la perdita di spazio e di organizzazione del territorio non è in sé compensabile. La compensazione ecologica diventa però tale se si definisce uno “statuto dei suoli” facendo ricorso alle categorie “funzionali”, proprie della definizione della scienza del suolo (il suolo come risorsa naturale limitata e insieme di funzioni connaturate alla vita terrestre), e non più solo geometriche (spazio territoriale).
La proposta di legge tiene conto di entrambe le connotazioni –spaziale e funzionale– del suolo e ne persegue la salvaguardia attiva attraverso una strategia win win per disincentivare il consumo di suolo e di spazio, trasferendo risorse al potenziamento e al consolidamento delle funzioni dei suoli liberi.
La proposta di legge non vuole quindi essere negativa verso il trasformare invocando blocchi, divieti e vincoli. Vuole essere invece positiva, ovvero:
a) indirizzare le trasformazioni a utilizzare aree già compromesse e
b) consentire di trasformare responsabilmente le aree (eventualmente anche quelle libere) accompagnandosi a un processo di pre-valutazione della reale necessità e della virtuosità ambientale della trasformazione e condizionando comunque questa a rilasciare un’area, altrove, da equipaggiare ecologicamente.
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