mercoledì 31 ottobre 2007

Piano e il disegno della città

Leggo su Eddyburg uno scritto di Giancarlo Consonni riferito all'intervento di Renzo Piano a Sesto San Giovanni sulle aree ex-Falck progettato per conto di Risanamento SpA.
Molto interessanti alcuni passaggi critici su questo pezzo di città che recentemente ho visto alla mostra che la Triennale di milano ha dedicato allo stesso Piano.

"C'è una differenza fra l'essere grandi architetti e l’essere realizzatori di città. Renzo Piano lo conferma in modo paradigmatico. Il progetto da lui messo a punto per Sesto San Giovanni per conto della proprietà delle aree (Risanamento Spa del Gruppo Zunino) non sembra cogliere appieno le opportunità del contesto. La rigida divisione funzionale e spaziale tra residenza e terziario e il complessivo impianto proposto non sono in grado di promuovere e sostenere relazioni urbane: quelle che affidano alla socialità il compito primario nel qualificare i luoghi in termini di urbanità e sicurezza."

"Piano privilegia infatti il binomio natura/tecnica e pensa che in questa combinazione stia la sintesi di una modernità possibile e auspicabile in fatto di insediamenti umani. Si tratta in realtà di un’impostazione antiurbana. È pur vero che l'architetto genovese corregge il tiro ricorrendo all’immagine della Rambla (...). Ma il riferimento non trova riscontro in quanto messo a punto da lui e dai suoi collaboratori. La Rambla di Barcellona è un organismo vitale per almeno due ragioni: è una passeggiata che collega due fulcri urbani di importanza primaria (Plaza Catalunya e Plaza Colón) ed è fiancheggiata da due quartieri storici pieni di vita (condizione che qui Piano si guarda bene dal tentare di riprodurre)."

"Evidentemente Piano fa affidamento sul fatto che una densità molto elevata possa di per sé generare vitalità. In realtà per costituire strade dotate di qualità architettonica e urbana nel disastrato comparto orientale di Sesto San Giovanni occorrerebbe creare insieme perni e tramiti forti, nel senso di strutturati da relazioni intense e complesse. Per essere più espliciti, il recupero delle aree ex Falck avrebbe bisogno di almeno quattro fulcri (...)".

"Nel progetto di Piano il tema dell'intelaiatura della socialità è invece pressoché trascurato. L’unico tramite est-ovest da lui proposto (il ‘decumano’ rispetto al ‘cardo’ di viale Italia) è tutt’altro che una strada vitale: è un canale monofunzionale, tutto fiancheggiato da sordi blocchi di uffici. Quanto al ‘cardo’, esso si distende per due chilometri con una successione parattatica di 34 coloratissime ‘torri’ (19 edifici alti 104 metri, 15 alti 74 metri.). Ma cosa collega? Un inizio e una fine totalmente privi di forza, mentre nel suo interminabile sviluppo, il boulevard non incontra punti intermedi che possano dirsi notevoli per l'architettura dei luoghi e per l'elevata densità relazionale. Visto l’impianto cardo-decumanico, il minimo che ci si poteva attendere è che venisse dato vita a un 'foro' all’incrocio dei due assi. Rimane la smisurata ‘Rambla’ di due chilometri che non sarà mai una passeggiata. Tanto che lo stesso progettista ha sentito la necessità di ricorrere a una protesi - dei tapis roulant - per portare il più rapidamente possibile gli affannati abitanti dall'alloggio alla prima stazione di metropolitana e viceversa."

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