Su De Architectura leggo, con buon interesse, le sintesi a un recente convegno e questo passaggio di Franco Purini mi convince anche. Me lo appunto.
"Oggi tra gli architetti ci sono due posizioni, potremmo dire schematizzando:
a) quella di chi pensa di poter trascrivere i flussi, i dinamismi, le ibridazioni, le metamorfosi, il caos, chi per esempio estetizza il degrado che insiste nelle città e che quindi trasferisce direttamente la lettura della città che fa la sociologia, antropologia o il cinema pensando che possa diventare il territorio dell’architettura;
b) oppure quella di chi come me e come molti altri, vorrei qui ricordare Nikos Salìngaros che su questo ha reso parole molto illuminanti, che sanno che c’è uno scarto tra lettura sociologica e struttura della città. La struttura della città è inerziale, prima di tutto, e non corrisponde in tempo reale alle trasformazioni della vita, è fatta di oggetti, di cose, di strade, di case, di spazi pubblici, di elementi che sono stabili e che vanno progettati e che sono esattamente il campo in cui l’architetto non può intervenire negli assetti sociali se non attraverso l’architettura."
tratto da http://www.flickr.com/photos/mirkogarufi/2482187253/
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