La Regione Liguria ha presentato lunedì scorso il proprio Bilancio di Genere. Per contratto ho dovuto scrivere qualche appunto. E' venuta fuori una cosa che mi sembra possa aprire una pur minima prospettiva di governo.
L’analisi del contesto ligure effettuata dal Bilancio di Genere regionale evidenzia un aspetto peculiare della struttura socioeconomica ligure.
In termini di qualità del capitale umano, cioè una delle variabili più importanti per garantire buone performance future di un sistema economico, l’universo femminile è la componente che apporta la migliore dotazione di capitale di conoscenza. Basti pensare che:
- nel 2007 il 55,7% dei neolaureati residenti in Liguria sono stati donne;
- il 21,2% delle donne occupate ha una laurea, laurea a breve o dottorato contro il 14,3% degli uomini;
- il 42,1% delle donne occupate ha un diploma superiore, contro il 39,2% degli uomini;
- le imprese femminili, pur essendo solo il 26,2% delle imprese liguri, rappresentano la quota più elevata del Nord Ovest e della media nazionale;
- il 73% dei disoccupati laureati sono donne (3.000 contro 1.000 uomini);
- tra i 15 e i 64 anni sono inattivi (non lavorano né cercano lavoro) il 41,7% delle donne (218.000) e il 24,2% degli uomini (125.000);
- le laureate inattive tra i 15 e i 64 anni sono 18.000 donne, contro 9.000 uomini.
Le potenzialità che le donne liguri possono –e debbono- ancora esprimere, se adeguatamente sostenute, sono quindi sia elevate e sia portatrici di beneficio per tutto il sistema economico della regione. Ma favorire lo sviluppo di queste potenzialità implica, necessariamente, migliorare e, ove possibile, incrementare la capacità di intervento pubblico a livello di welfare locale. In questo senso, le spese per il sociale sono da considerare non un mero costo ma un vero e proprio investimento sulle persone, sulle competenze che vivono nella nostra regione, con un reale ritorno a medio lungo termine in termini di maggiore competitività di tutta la Liguria.
E l’analisi del Bilancio di Genere della RL evidenzia che un bilancio così rigido come quello dell’Ente non permette certo di implementare delle azioni specifiche per le pari opportunità in misura tale da incidere su fenomeni di questa entità. La strada è, e sarà ancor più nel futuro, quella di qualificare al massimo secondo l’ottica di genere l’utilizzo delle risorse investite nei vari settori dell’intervento pubblico. E già qualche risultano lo si inizia a vedere.
Rilevante l’azione condotta dall’attuale Giunta in materia di politiche sociali, cioè quelle politiche pubbliche che hanno per loro stessa definizione una ricaduta di genere importante e fondamentale. Dove non arriva nelle famiglie la figura femminile, che sia la madre, la figlia, la nipote, devono arrivare necessariamente le politiche sociali pubbliche, e viceversa. E le politiche sociali sono proprio la principale fonte di sostegno alle figure femminili caregiver, in quanto idonee a concedere maggiori spazi di libertà alle donne con carichi di cura, sollevandole da un lavoro familiare che spesso inibisce scelte di crescita professionale, sociale e anche personale.
Queste politiche hanno conosciuto con l’attuale Giunta un processo di radicale riorganizzazione, individuando l’attività dei Distretti sociosanitari, vere e proprie strutture di snodo territoriale, lo strumento capace di offrire una risposta unitaria e pertinente alle diverse esigenze che emergono dai vari sistemi locali che formano l’arco ligure. Inoltre, con la lr 12/2006 di riordino delle politiche sociosanitarie, si è potuto offrire una vasta gamma di interventi nel quale emerge chiaramente l’impatto favorevole sull’utenza femminile.
Alcuni dati possono chiarire efficacemente la qualità dell’impiego delle risorse finanziarie impiegate rispetto ai bisogni di assistenza familiare che, in questo modo, vedono alleviare il carico sulle donne.
Le ASL hanno assistito 37.745 anziani, per una incidenza sul totale della popolazione anziana ligure dell’8,8%, e per un costo del servizio di 100,4 MLN€. I disabili assistiti sono invece stati 76.548 per una spesa di 119 MLN€, con un’incidenza sulla popolazione disabile elevatissima, considerando che in Liguria sono stimati in circa 86.000 e, di questi, 62.000 vivono in famiglia.
Molto importante è stato poi il contributo offerto dal Fondo nazionale per la Famiglia che ha consentito l’avvio nel 2008 del progetto “Liguria Famiglia” con uno stanziamento di quasi 16 MLN€, per sostenere:
- interventi a sostegno di famiglie con almeno quattro figli per abbattere i costi di mense e trasporto scolastici;
- il piano servizi per la prima infanzia, per finanziare nuovi nidi o la ristrutturazione e l'ampliamento di strutture già esistenti, nonché servizi integrativi come i centri bambino e i centri bambino e famiglia;
- la domiciliarità di persone non autosufficienti attraverso la messa in regola delle assistenti domiciliari;
- la qualificazione del lavoro di assistenti familiari.
Nel marzo 2008 è stato pubblicato un primo bando per un totale di 3,5 MLN€, mirato a mettere a disposizione delle famiglie 1.500 nuovi posti di asilo nido o servizi integrativi per l’infanzia. Tale iniziativa è particolarmente significativa dato che che attualmente la Liguria può contare su poco più di seimila posti nei nidi su tutto il territorio, in grado di accogliere soltanto il 18,1% dei bambini nella fascia 0-3 anni. Con tale bando la Liguria si avvia a raggiungere l'obiettivo di Lisbona fissato alla quota di 33 posti disponibili ogni cento bambini che, fino a qualche anno fa, sembrava irraggiungibile.
Altrettanto rilevante è l’azione regionale rivolta ad anziani e persone non autosufficienti, segnatamente rappresentata dal Fondo per la non autosufficienza, strumento di sostegno che assorbirà la maggior parte delle risorse destinate agli anziani e non autosufficienti per i prossimi anni. La Regione Liguria ha stanziato 43,5MLN€ in tre anni per il fondo; da quando è stato istituito, 8.388 persone hanno ottenuto il riconoscimento del contributo che, per il 74% dei casi, è finalizzato a migliorare l’organizzazione familiare interna, abbattendo i costi dell’assistenza.
Il Bilancio di Genere evidenzia però anche la prossima sfida per l’universo femminile. Sfida che attiene l’impiego delle risorse per il sostegno dello sviluppo economico regionale.
Si questo tema, l’aspetto più rilevante in materia di strategie regionali di sviluppo economico riguarda la promozione della ricerca, innovazione tecnologica e sviluppo del settore high tech. Al pari del rilancio delle attività collegate alla portualità e alla logistica per quanto attiene la specializzazione sui poli formativi. Tali scelte, di indubbia efficacia in termini aggregati, rischiano però di essere penalizzanti per l’universo femminile, dato che la partecipazione delle donne ai settori tecnologici coinvolti nell’high tech è attualmente scarsa.
A fronte della minore incidenza di donne tra i laureati nelle discipline scientifiche (in Liguria nel 2006 il 18,1% degli uomini tra i 20 e i 29 anni contro il 10,7% delle donne ) e del minore numero di donne tra i ricercatori censiti nel 2003-2004 (solo il 30,7% del totale dei ricercatori Liguri sono donne), si impongono degli interventi correttivi, in grado di affrontare positivamente il tema della segregazione orizzontale, sia negli indirizzi di studio sia di percorso lavorativo.
In questo senso, la fase attuativa del POR sarà chiamato a qualificare le spese per investimenti individuando fin d’ora due ambiti d’azione.
Per le qualifiche più alte, sarà cruciale la possibilità di sostenere il maggiore ingresso di donne nei settori strategici dell’high tech e della ricerca, investendo con misure formative di sostegno adeguate in tale senso.
Inoltre, una particolare attenzione andrà posta al lavoro di cura e di assistenza retribuito, il cui sostegno è specificatamente contemplato nel POR. Di tali attività va pienamente colto il positivo impatto di genere su più fronti, dalle maggiori possibilità lavorative per le donne, spesso immigrate, fino al favorire la conciliazione lavorativa per le donne occupate.
In termini di qualità del capitale umano, cioè una delle variabili più importanti per garantire buone performance future di un sistema economico, l’universo femminile è la componente che apporta la migliore dotazione di capitale di conoscenza. Basti pensare che:
- nel 2007 il 55,7% dei neolaureati residenti in Liguria sono stati donne;
- il 21,2% delle donne occupate ha una laurea, laurea a breve o dottorato contro il 14,3% degli uomini;
- il 42,1% delle donne occupate ha un diploma superiore, contro il 39,2% degli uomini;
- le imprese femminili, pur essendo solo il 26,2% delle imprese liguri, rappresentano la quota più elevata del Nord Ovest e della media nazionale;
- il 73% dei disoccupati laureati sono donne (3.000 contro 1.000 uomini);
- tra i 15 e i 64 anni sono inattivi (non lavorano né cercano lavoro) il 41,7% delle donne (218.000) e il 24,2% degli uomini (125.000);
- le laureate inattive tra i 15 e i 64 anni sono 18.000 donne, contro 9.000 uomini.
Le potenzialità che le donne liguri possono –e debbono- ancora esprimere, se adeguatamente sostenute, sono quindi sia elevate e sia portatrici di beneficio per tutto il sistema economico della regione. Ma favorire lo sviluppo di queste potenzialità implica, necessariamente, migliorare e, ove possibile, incrementare la capacità di intervento pubblico a livello di welfare locale. In questo senso, le spese per il sociale sono da considerare non un mero costo ma un vero e proprio investimento sulle persone, sulle competenze che vivono nella nostra regione, con un reale ritorno a medio lungo termine in termini di maggiore competitività di tutta la Liguria.
E l’analisi del Bilancio di Genere della RL evidenzia che un bilancio così rigido come quello dell’Ente non permette certo di implementare delle azioni specifiche per le pari opportunità in misura tale da incidere su fenomeni di questa entità. La strada è, e sarà ancor più nel futuro, quella di qualificare al massimo secondo l’ottica di genere l’utilizzo delle risorse investite nei vari settori dell’intervento pubblico. E già qualche risultano lo si inizia a vedere.
Rilevante l’azione condotta dall’attuale Giunta in materia di politiche sociali, cioè quelle politiche pubbliche che hanno per loro stessa definizione una ricaduta di genere importante e fondamentale. Dove non arriva nelle famiglie la figura femminile, che sia la madre, la figlia, la nipote, devono arrivare necessariamente le politiche sociali pubbliche, e viceversa. E le politiche sociali sono proprio la principale fonte di sostegno alle figure femminili caregiver, in quanto idonee a concedere maggiori spazi di libertà alle donne con carichi di cura, sollevandole da un lavoro familiare che spesso inibisce scelte di crescita professionale, sociale e anche personale.
Queste politiche hanno conosciuto con l’attuale Giunta un processo di radicale riorganizzazione, individuando l’attività dei Distretti sociosanitari, vere e proprie strutture di snodo territoriale, lo strumento capace di offrire una risposta unitaria e pertinente alle diverse esigenze che emergono dai vari sistemi locali che formano l’arco ligure. Inoltre, con la lr 12/2006 di riordino delle politiche sociosanitarie, si è potuto offrire una vasta gamma di interventi nel quale emerge chiaramente l’impatto favorevole sull’utenza femminile.
Alcuni dati possono chiarire efficacemente la qualità dell’impiego delle risorse finanziarie impiegate rispetto ai bisogni di assistenza familiare che, in questo modo, vedono alleviare il carico sulle donne.
Le ASL hanno assistito 37.745 anziani, per una incidenza sul totale della popolazione anziana ligure dell’8,8%, e per un costo del servizio di 100,4 MLN€. I disabili assistiti sono invece stati 76.548 per una spesa di 119 MLN€, con un’incidenza sulla popolazione disabile elevatissima, considerando che in Liguria sono stimati in circa 86.000 e, di questi, 62.000 vivono in famiglia.
Molto importante è stato poi il contributo offerto dal Fondo nazionale per la Famiglia che ha consentito l’avvio nel 2008 del progetto “Liguria Famiglia” con uno stanziamento di quasi 16 MLN€, per sostenere:
- interventi a sostegno di famiglie con almeno quattro figli per abbattere i costi di mense e trasporto scolastici;
- il piano servizi per la prima infanzia, per finanziare nuovi nidi o la ristrutturazione e l'ampliamento di strutture già esistenti, nonché servizi integrativi come i centri bambino e i centri bambino e famiglia;
- la domiciliarità di persone non autosufficienti attraverso la messa in regola delle assistenti domiciliari;
- la qualificazione del lavoro di assistenti familiari.
Nel marzo 2008 è stato pubblicato un primo bando per un totale di 3,5 MLN€, mirato a mettere a disposizione delle famiglie 1.500 nuovi posti di asilo nido o servizi integrativi per l’infanzia. Tale iniziativa è particolarmente significativa dato che che attualmente la Liguria può contare su poco più di seimila posti nei nidi su tutto il territorio, in grado di accogliere soltanto il 18,1% dei bambini nella fascia 0-3 anni. Con tale bando la Liguria si avvia a raggiungere l'obiettivo di Lisbona fissato alla quota di 33 posti disponibili ogni cento bambini che, fino a qualche anno fa, sembrava irraggiungibile.
Altrettanto rilevante è l’azione regionale rivolta ad anziani e persone non autosufficienti, segnatamente rappresentata dal Fondo per la non autosufficienza, strumento di sostegno che assorbirà la maggior parte delle risorse destinate agli anziani e non autosufficienti per i prossimi anni. La Regione Liguria ha stanziato 43,5MLN€ in tre anni per il fondo; da quando è stato istituito, 8.388 persone hanno ottenuto il riconoscimento del contributo che, per il 74% dei casi, è finalizzato a migliorare l’organizzazione familiare interna, abbattendo i costi dell’assistenza.
Il Bilancio di Genere evidenzia però anche la prossima sfida per l’universo femminile. Sfida che attiene l’impiego delle risorse per il sostegno dello sviluppo economico regionale.
Si questo tema, l’aspetto più rilevante in materia di strategie regionali di sviluppo economico riguarda la promozione della ricerca, innovazione tecnologica e sviluppo del settore high tech. Al pari del rilancio delle attività collegate alla portualità e alla logistica per quanto attiene la specializzazione sui poli formativi. Tali scelte, di indubbia efficacia in termini aggregati, rischiano però di essere penalizzanti per l’universo femminile, dato che la partecipazione delle donne ai settori tecnologici coinvolti nell’high tech è attualmente scarsa.
A fronte della minore incidenza di donne tra i laureati nelle discipline scientifiche (in Liguria nel 2006 il 18,1% degli uomini tra i 20 e i 29 anni contro il 10,7% delle donne ) e del minore numero di donne tra i ricercatori censiti nel 2003-2004 (solo il 30,7% del totale dei ricercatori Liguri sono donne), si impongono degli interventi correttivi, in grado di affrontare positivamente il tema della segregazione orizzontale, sia negli indirizzi di studio sia di percorso lavorativo.
In questo senso, la fase attuativa del POR sarà chiamato a qualificare le spese per investimenti individuando fin d’ora due ambiti d’azione.
Per le qualifiche più alte, sarà cruciale la possibilità di sostenere il maggiore ingresso di donne nei settori strategici dell’high tech e della ricerca, investendo con misure formative di sostegno adeguate in tale senso.
Inoltre, una particolare attenzione andrà posta al lavoro di cura e di assistenza retribuito, il cui sostegno è specificatamente contemplato nel POR. Di tali attività va pienamente colto il positivo impatto di genere su più fronti, dalle maggiori possibilità lavorative per le donne, spesso immigrate, fino al favorire la conciliazione lavorativa per le donne occupate.
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