sabato 13 dicembre 2008

del riorganizzare la rete scolastica

La riorganizzazione dell'edilizia scolastica è un tema che un pò mi interessa.
L'intervento tradizionale è quello di manutenere le sedi esistenti, visto il precario stato di conservazione di molti edifici scolastici. Molto pochi, per la verità, pensano alla riorganizzazione della rete scolastica che, come evidente, è opzione politica molto differente. La motivazione che viene spesa è quella che dato il flusso di risorse pubbliche esistente, di per Sè alquanto scarso, è assolutamente velleitario pensare di andare oltre la "messa in sicurezza" delle scuole. Vero. Ma il corollario che aggiungo io, allora, è perchè affidarci alla politica: forse, basta una segretaria. Ovviamente, di quelle brave.
Leggo su Lavoce.info un contributo di Massimo Bordignon e Alessandro Fontana che va un pò fuori dal coro. E, soprattutto, prova a pensare qualcosa di diverso rispetto all'estrapolazione lineare dello stato attuale verso il futuro.
La tesi è che "si potrebbe cominciare con il chiudere i plessi inefficienti. Una ragione per cui le scuole italiane sono in cattivo stato è che sono troppe, circa 42mila, di cui quasi 6mila con meno di 100 studenti. Di più, la frammentazione della rete, conducendo a classi con pochi studenti, è responsabile, secondo le nostre stime, di circa un terzo dell’eccesso di personale per studente che caratterizza il nostro paese: circa il 40 per cento in più rispetto alla media dei paesi Ocse."
Non so dire se il 40% sia vero o meno: però il senso dell'opzione politica mi sembra molto chiaro.
Bastasse scriverle le cose per ottenerle sarebbe tutto facile. Non è proprio così. E i due autori almeno ci provano. "Eliminare i plessi inefficienti consentirebbe dunque di liberare risorse importanti, che potrebbero essere reinvestite nel settore scolastico, a cominciare dall’edilizia. Ma come riuscirci?"
Vengono enucleate almeno due ipotesi di correzione dell'ordinamento esistente.
A) Impostare una più corretta gestione dei rapporti finanziari tra governi. "Oggi, se un comune chiude una scuola, paga solo dei costi, soprattutto in termini di conflitti con le famiglie, i sindacati e altre forze locali. I benefici vanno invece interamente allo Stato centrale, sotto forma di minori spese per il personale. (...) Se si vuole davvero incentivare comportamenti più coerenti tra i diversi livelli di governo, è opportuno che parte dei benefici resti a disposizione dell’ente locale stesso, per poter essere reinvestiti nel settore scolastico."
B) "Lo Stato è obbligato solo a garantire il finanziamento del livello essenziale dei servizi, non di quelli in eccesso, che sono invece responsabilità delle Regioni. Nel caso della rete scolastica non sarebbe difficile disegnare, (...) sulla base di criteri di accessibilità da parte degli utenti, una mappa efficiente della organizzazione del servizio scolastico sul territorio, individuando quali plessi mantenere e quali invece sopprimere. Se la Regione, a cui spetta la competenza sulla rete, vuole mantenere invece plessi inefficienti, se ne assume la responsabilità, finanziando il relativo servizio con le proprie risorse."

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