sabato 31 maggio 2008

il mall anche in Italia

A partire da un servizio de Il Sole 24 Ore sulla grande distribuzione organizzata, qualche riflessione sulle trasformazioni in corso nei territori del commercio.

I centri commerciali sono il simbolo del commercio moderno, i luoghi che, nel bene e nel male, lo rappresentano.
Il supermercato è stata la formula che per prima ha rivoluzionato il modo di fare la spesa; con il libero servizio, ha consentito al consumatore di avvicinarsi alla merce e di trovare con essa una dimestichezza che non aveva mai avuto.
È venuto poi l’ipermercato che ha raggiunto un’idea di abbondanza, di prosperità, di accesso a un numero sempre più elevato di beni. Ha rappresentato il trionfo del mass market, la democratizzazione dei consumi, e, per alcuni, gli eccessi del consumismo.
Ma è solo con il centro commerciale che la distribuzione moderna trova le risorse per proporsi come alternativa radicale non solo ai format tradizionali, ma ai luoghi stessi dove per secoli si è concentrato il commercio, i centri storici e le vie commerciali. Il centro commerciale è ormai diventato il paradigma dello shopping, il luogo che più di ogni altro si identifica con un’attività non più solo di acquisto, ma anche di impiego del tempo libero, che porta a una commistione con altre forme di entertainment.

I centri commerciali che si sono sviluppati in Italia hanno la caratteristica, che deriva dalla forte dipendenza del nostro modello commerciale da quello francese, costituita dalla centralità dell’ipermercato.
Inizialmente, il centro commerciale era l’ancora attorno alla quale veniva costruita un’offerta integrativa distribuita in una galleria che riproduceva la struttura di una via cittadina. Poi le ancore sono diventate multiple e all’ipermercato si sono aggiunte le grandi superfici specializzate. Oggi, però, il modello di centro commerciale italiano è ancora “ipercentrico” ma sta cominciando a diventare vecchio.
Vediamo, da un lato, la nascita dei factory outlet centre, cioè le strutture che propongono i grandi marchi a prezzi più accessibili, dall’altro, la proliferazione di centri commerciali legati ad altre funzioni: negli aeroporti, nelle stazioni, negli stadi, nei parchi divertimento.


Queste le caratteristiche essenziali del fenomeno di trasformazione in corso:
a) le nuove strutture non hanno un’offerta food e comunque l’ipermercato non è presente perché incoerente con il posizionamento ricercato;
b) si affaccia anche in Italia la formula che domina nel mondo anglosassone, il mall, caratterizzato dall'assenza dell'ipermercato e invece connotato dal tentativo di riproduzione del centro cittadino, con una proposta di marche e insegne qualificate, scenografie accurate e teatralizzazione dell’offerta;
c) tendenza alla loro localizzazione nelle aree semicentrali, dove abbondano contenitori dismessi da altre funzioni che possono essere riutilizzati, invece che all'esterno dei centri urbani;
d) consolidamento dei parchi commerciali, cioè di aggregati di grandi punti vendita fisicamente indipendenti, dove l’offerta food può essere un ipermercato o un superstore.


domenica 18 maggio 2008

Edilizia pubblica: quale organizzazione gestionale?

1) Ridefinire il soggetto di gestione del patrimonio immobiliare
Il primo elemento da definire probabilmente è il carattere del soggetto chiamato a svolgere direttamente il ruolo di orientamento e riassetto del comparto delle abitazioni in locazione, laddove per gestore si intende un soggetto in grado di assumere tutte le scelte funzionali al conseguimento dell'obiettivo di riassetto del comparto e dotato di tutti i poteri necessari per attuarle.
Relativamente a questo aspetto ci sembra che si possano individuare diversi caratteri strutturali del soggetto di gestione.

a) Il soggetto di gestione deve anzitutto disporre di una conoscenza dettagliata e non esclusivamente teorica del mercato immobiliare con particolare riferimento al comparto delle abitazioni in affitto. Senza tale conoscenza sembra del tutto improbabile che si possa sviluppare una reale capacità di orientamento del mercato verso assetti più soddisfacenti mentre è altamente probabile che l'azione resterebbe confinata all'interno del più tradizionale ruolo di compensazione dei limiti del mercato stesso. Tale conoscenza presuppone sia lo sviluppo di adeguati strumenti tecnici, sia l'esercizio diretto di attività operative nel mercato da parte del soggetto di gestione stesso.

b) Tale conoscenza dovrà potersi tradurre in azioni tempestive in grado di sfruttare adeguatamente le opportunità del mercato. Ciò, presumibilmente, implica da un lato la disponibilità di supporti tecnici che consentano di assistere il processo decisionale e di ridurne i tempi e dall'altro una capacità di intervento il meno possibile condizionata da vincoli esterni (nel senso di vincoli imposti dagli Enti territoriali).

c) Appare inoltre indispensabile che tale soggetto possa sviluppare linee di azione diversificate sia per poter realizzare strategie integrate sia, soprattutto, per evitare che si determinino dei vincoli di operatività. In particolare appare di decisiva importanza garantire la più ampia possibilità di assumere ogni tipo di iniziativa mirata a migliorare l'efficacia sociale del patrimonio ERS e a consolidare l’attitudine a sviluppare processi di valorizzazione i cui risultati economici possano essere reimpiegati a fini istituzionali. In particolare appare necessario garantire al soggetto gestore la possibilità di vendere, acquistare, ristrutturare, costruire, realizzare anche attrezzature urbane e infrastrutture, purché tali interventi costituiscano -esplicitamente e motivatamente- componente necessaria e funzionale del programma di valorizzazione degli immobili, di miglioramento dell'efficienza economica e dell'efficacia sociale, di transizione verso un nuovo ruolo di fattore di riequilibrio del mercato. In altri termini, il riequilibrio del comparto dell'edilizia residenziale in affitto resta il fine ultimo dell'azione del sistema ERS ma ciò non comporta necessariamente la limitazione del campo di intervento al solo settore residenziale, al contrario spesso il riequilibrio delle condizioni abitative può essere raggiunto più rapidamente e con una più elevata resa delle risorse impegnate, componendo un insieme strutturato di interventi collocati in diversi settori.

d) Coerentemente con la natura degli obiettivi di riferimento e con il settore d'azione sembra del tutto indispensabile che il gestore possa definire -e attuare- programmi di attività complessi che si sviluppano in un arco temporale di medio periodo. Ciò ha importanti implicazioni sul livello e sui termini dell'autonomia del gestore. Appare infatti evidente che laddove il soggetto gestore sia chiamato a impegnarsi su programmi complessi di durata pluriennali dovrà avere un mandato su tempi e contenuti coerenti con il programma e, conseguentemente, il raccordo con le strategie di politica abitativa dovrà svilupparsi su cadenze non troppo serrate e su scelte di ordine generale.

e) Infine, per competere con prospettive di successo con i grandi operatori nazionali e internazionali e, soprattutto, per poter sviluppare un'azione realmente incisiva sull'assetto del comparto, il gestore dovrà comporre abilità professionali, risorse e strumenti in una struttura in grado di conseguire economie di scala e di operare su dimensioni tali da incidere sull'evoluzione dei mercati locali.

Sembra di una qualche utilità chiarire che se è vero che alcuni livelli di operatività, di efficacia e di efficienza implicano necessariamente uno sviluppo dimensionale del soggetto di gestione (cfr. lett. e), non è vero l'inverso e cioè non è la mera aggregazione quantitativa che può garantire lo sviluppo di nuove abilità professionali (cfr. lett. a) o la formazione di un sistema di strumenti integrati (cfr. lett. ) che consentano di aumentare i livelli di efficienza e di efficacia.
La distinzione potrebbe forse apparire astratta ma se esaminata relativamente al processo di sviluppo della nuova figura di gestione risulta abbastanza chiara: il conseguimento di dimensioni atte a incidere sui processi evolutivi del mercato è, per così dire, il risultato indiretto di una accurata composizione di risorse, strumenti, capacità operative, abilità diverse nell'ambito di un progetto di crescita e di riorganizzazione; la "massa critica" più che il risultato di una addizione di quantità è il risultato di una combinazione di qualità che conduce, indirettamente, anche a una crescita quantitativa. In questa logica la possibilità di espandere l'azione al di là dei confini del settore residenziale costituisce un fattore di assoluta rilevanza.
In buona sostanza quella che si sta delineando è una struttura con elevate capacità analitiche e strategico-progettuali, dotata di ampia autonomia sul piano attuativo-gestionale, che opera sulla base di mandati ampi, coerenti con una programmazione di medio periodo, dotata di strumenti, di mezzi e di risorse finanziarie e di dimensioni tali che le consentano di incidere significativamente sui processi evolutivi dei mercati residenziali in affitto locali ( e più in generale dei mercati immobiliari) e di competere con adeguate prospettive di successo con i grandi operatori nazionali e internazionali.

2) La separazione tra proprietà e gestione
Fermo restando che una struttura di gestione come quella indicata sopra presuppone una dotazione di risorse professionali, strumentali e finanziarie di notevole consistenza, l'operatività della struttura e l'efficacia dell'azione svolta non sono necessariamente e meccanicamente connesse alla proprietà di consistenti patrimoni immobiliari. Al contrario gli esempi più maturi di gestione strategica di grandi patrimoni immobiliari sono caratterizzati da una netta divisione tra la proprietà del patrimonio e la sua gestione.
La separazione tra proprietà e gestione può rappresentare, per certi aspetti, un fattore di chiarezza in quanto consente, anzitutto, una migliore ripartizione di competenze tra chi è chiamato a definire gli obiettivi di solidarietà sociale e a dimensionare il relativo impegno economico finanziario e chi è chiamato a definire e realizzare il programma di azioni e interventi che consente il più efficiente conseguimento di tali obiettivi, nell'ambito delle risorse date. Si tratta di una distinzione di cruciale importanza che tende ad attribuire:
a) al soggetto di gestione una piena responsabilità sui risultati economici e, conseguentemente, una sostanziale libertà nella scelta dei mezzi e dei modi per il conseguimento della missione all'interno dei vincoli economici e della missione sociale predeterminati;
b) al soggetto proprietario o alle rappresentanze istituzionali della collettività (e questa si configura quale scelta di primaria rilevanza nell’ambito dello stesso modello prescelto) la responsabilità di definire gli obiettivi strategici e di svolgere il controllo sulle prestazioni complessive assicurando a questo stesso soggetto la certezza dei risultati economici e sociali.

In secondo luogo la separazione tra proprietà e gestione consente di aggregare diversi patrimoni in unità di gestione sufficientemente ampie da permettere il conseguimento di importanti economie di scala e la messa a punto di programmi di intervento sul mercato di massa tale da determinare un efficace orientamento verso gli equilibri e gli assetti auspicati.

In prospettiva, la possibilità di aggregare diversi patrimoni in una strategia di riconfigurazione e bilanciamento del comparto delle abitazioni in locazione potrebbe rivelarsi un fattore decisivo per lo sviluppo del settore e del soggetto gestore, specialmente in relazione alle prospettive di finanziarizzazione e cartolarizzazione degli immobili rese possibili dalle nuove norme in materia (ad es. Fondi Immobiliari Chiusi ovvero le SIIQ di recente introduzione).
D'altro lato il problema della separazione tra proprietà e gestione è particolarmente sentito dal legislatore italiano che, almeno in più occasioni -con la legge 86/94, successivamente modificata con la Legge 503/95 relativa alla disciplina dei Fondi Immobiliari Chiusi e con il Decreto Legislativo n°104/95 relativo al Patrimonio degli Enti Previdenziali Pubblici- ha scelto la netta separazione tra proprietà e gestione come fattore per innescare processi di valorizzazione del patrimonio e per migliorarne la gestione e l'uso.
Le prospettive di finanziarizazione del patrimonio immobiliare della proprietà è da porre in stretta relazione con l’esaurimento delle risorse derivanti dai fondi ex Gescal (formati con il contributo dei lavoratori dipendenti e delle rispettive imprese): in questo senso, si deve porre il problema della necessità del reperimento di risorse.
Una qualunque rivisitazione della lr 9/98 dovrebbe traguardare la realizzazione delle condizioni tecnico-giuridiche per ricorrere a nuovi e diversi strumenti di finanziamento, in primo luogo il mercato finanziario, finalizzati alla raccolta di risorse per le politiche della casa. In particolare, prevedere una nuova forma organizzativa della proprietà tale da raggiungere una idonea “massa critica” che consenta il ricorso a nuovi strumenti finanziari dovrebbe essere un obiettivo da tenere largamente in considerazione.

Ma è importante notare che in entrambi i casi il presupposto per una efficace separazione tra proprietà e gestione è che la proprietà abbia l'obbligo ad affidare in gestione a soggetto terzo specializzato e che non possa condizionarne in alcun modo le scelte di gestione e l'autonomia di programmazione e attuazione se non all'interno di rigidi vincoli tesi ad assicurare il controllo sulle prestazioni complessive del gestore.
Le implicazioni operative di una tale linea di azione sono molto numerose e di notevole portata. Pensiamo, ad esempio, a come il mandato di affidamento nei confronti del soggetto gestore assume caratteri per certi versi analoghi a un vero e proprio contratto di servizi di durata pluriennale, di durata cioè sufficientemente ampia da consentire la definizione e attuazione di programmi (con i relativi interventi) i cui risultati -per la proprietà come per il soggetto gestore– sono conseguibili solo nel medio periodo. Durate brevi, o scarsa autonomia gestionale, disincentiverebbero (o renderebbero oggettivamente impraticabili) quegli investimenti essenziali per la realizzazione dei processi di riassetto e valorizzazione dei patrimoni immobiliari in quanto non ne consentirebbero l'ammortamento se non per quote molto ridotte.
Nell'ambito di tale mandato la proprietà trasferisce molte delle sue prerogative al gestore mantenendo il controllo di efficacia sulle prestazioni concordate. Questa configurazione comporta, nel settore profit, un controllo sui rendimenti e sul processo di valorizzazione, questo ultimo esercitato attraverso verifiche annuali sul valore del patrimonio. Nel settore dell'edilizia residenziale sociale in affitto il controllo di efficacia non può ovviamente limitarsi al rendimento e al valore del patrimonio ma deve riguardare anzitutto i risultati sul piano della solidarietà sociale: il numero e il tipo di famiglie assistite, il tipo di assistenza, gli effetti di bilanciamento e riequilibrio del mercato, gli effetti di riqualificazione e risanamento urbano, il miglioramento delle condizioni abitative in generale.
Il controllo comprende dunque non solo i risultati economici ma anche i risultati sociali e presuppone la realizzazione di strumenti e strutture di misura e controllo di tali risultati -terze rispetto al rapporto proprietà/gestione- quale potrebbe essere l’Osservatorio sulla condizione abitativa di cui alla lr 38/07 e s.m.i.

Edilizia pubblica: riforma dell'organizzazione gestionale

L’individuazione dell’architettura gestionale più efficiente del patrimonio edilizio pubblico mi sembra debba prendere le mosse dai principali nodi da risolvere:
a) quali sono i campi di azione di un gestore, e cioè quali sono i comparti immobiliari oggetto dell’azione del gestore;
b) quali sono le possibili attività del gestore e come queste possano essere utilmente combinate al fine di aumentare il livello di efficacia della gestione stessa;
c) quali sono i requisiti di base delle strutture chiamate a ridisegnare il rapporto tra enti proprietari e gestori del patrimonio immobiliare.


A) I campi di azione: superare la focalizzazione sul segmento della residenza
In termini generali si possono individuare cinque comparti immobiliari fondamentali:
a) gli immobili terziari a uso ufficio;
b) gli immobili specialistici, con particolare riferimento agli immobili ad elevato coefficiente tecnologico come, ad esempio, i complessi ospedalieri, ecc.;
c) i grandi patrimoni immobiliari residenziali (potremmo porre la soglia dei grandi patrimoni immobiliari residenziali al di sopra delle 2.000 unità abitative);
d) gli aggregati di piccoli e minimi patrimoni immobiliari;
e) i patrimoni misti.

Rispetto a questa classificazione generale, i campi di azione prioritari di una struttura di gestione che punti a superare le ARTE così come configurate dalla lr 9/98 dovrebbero essere focalizzati ovviamente sul settore residenziale:
- i grandi patrimoni residenziali privati (enti previdenziali, assicurazioni, istituzioni creditizie, ecc.) o comunque pubblici (ASL, ARSSU, Demanio, ecc.) ma non vincolati all’ERP o alle altre tipologie di ERS, laddove il problema prevalente è quello del rendimento (di come aumentarlo) e della gestione degli avvicendamenti dei conduttori;
- i grandi patrimoni residenziali in affitto sociale che, in linea generale, presentano tre problematiche di riferimento, quali la riqualificazione e l’adeguamento funzionale del patrimonio, la gestione dei conduttori al fine di migliorare l’efficacia sociale complessiva dello stock abitativo, la riduzione dello sbilancio;
- gli aggregati di piccole e piccolissime proprietà in affitto, comprendendo anche gli immobili secondari, con particolare riferimento all’uso per studio e lavoro. In questo specifico segmento, il meccanismo di base è l’affidamento in gestione, da parte di moltissimi piccoli proprietari, ad un gestore unico a causa dell’affidabilità di questo, delle garanzie che offre, dei costi nettamente inferiori, ecc. E lo strumento amministrativo è quello dell’Agenzia sociale per la casa.

Però, se il riequilibrio nel comparto dell'edilizia residenziale in affitto resta il fine ultimo dell'azione del sistema ERS, ciò non deve però comportare necessariamente la limitazione del campo di intervento al solo settore residenziale: al contrario spesso il riequilibrio delle condizioni abitative può essere raggiunto più rapidamente e con una più elevata resa delle risorse impegnate, componendo un insieme strutturato di interventi collocati in diversi settori funzionali. In questa logica la possibilità di espandere l'azione al di là dei confini del settore residenziale costituisce un fattore di assoluta rilevanza.
E, inoltre, si pone l’altro problema della ricerca di tutte le possibili economie di scala e della dimensione efficiente rispetto alla grandezza del patrimonio gestito che implicano la possibilità di realizzare strumenti e moduli organizzativi standardizzati e a costi decrescenti in funzione del tempo e della consistenza del patrimonio gestito.


B) Le attività: dalla gestione tradizionale alla gestione integrata
Quali sono le attività che ci si aspetta debba svolgere un gestore immobiliare evoluto?
La letteratura tecnica e, soprattutto, gli esempi di successo indicano un insieme molto vasto di attività che possono essere schematicamente riassunte in livelli di attività e funzioni.
I principali livelli di attività della gestione immobiliare sono i seguenti.

a) Gestione del portafoglio beni (Asset management) e cioè tutto ciò che riguarda acquisto, vendita, valorizzazione immobiliare (al netto dei risultati dei processi di gestione edilizia e di gestione amministrativo-commerciale e cioè processi di valorizzazione basati sul governo della composizione del portafoglio, sulla capacità di sfruttare la segmentazione del mercato, etc.), composizione del portafoglio per tipologia, caratteristiche, localizzazione del bene, decisioni su modalità di messa a reddito, studi e analisi per l’individuazione di nuovi mercati, ecc.

b) Gestione dei processi edilizi, comprendenti le attività di manutenzione straordinaria, riqualificazione, ristrutturazione degli immobili, ivi comprese le attività di progettazione, la gestione appalti, la direzione lavori, le attività di carattere burocratico amministrativo connesse con tali interventi, le modificazioni di destinazioni d’uso, etc.

c) Gestione dei servizi (facility management) ivi compresa la gestione delle forniture, degli impianti, la manutenzione ordinaria, i servizi di pulizia, arredo, lavanderia, mensa, traslochi interni, accoglienza, custodia, sicurezza, gestione parco veicoli, gestione delle reti tecnologiche, etc.

d) Gestione amministrativo-commerciale (property management) comprendente la gestione amministrativa delle compravendite, la gestione amministrativa delle locazioni (fatturazione, riscossione, gestione morosità, etc.) costruzione e gestione dell’archivio del patrimonio e dell’anagrafe dell’utenza, gestione conduttori (fuoriuscita e immissione di conduttori), adempimenti fiscali, servizi catastali, gestione delle assicurazioni, etc.

Il motivo del crescente successo della esternalizzazione delle gestioni –da cui discende proprio la separazione tra proprietà e gestione- non risiede tanto nel tasso di innovazione presente in ciascuna delle azioni svolte ma in come un insieme molto ampio di azioni prevalentemente tradizionali viene organizzato in “funzioni” e, soprattutto, nei modi in cui diverse funzioni vengono composte per raggiungere obiettivi di natura complessa, non raggiungibili attraverso azioni settoriali.
C’è una sottile ma sostanziale differenza tra lo svolgere numerose attività elementari in termini settoriali e lo svolgere queste stesse attività in termini integrati e sistematici allo scopo di rendere possibile il raggiungimento di obiettivi di efficacia ed efficienza altrimenti non conseguibili.
In questa differenza risiede il discrimine tra una attività di gestione immobiliare tradizionale e una gestione immobiliare integrata.
In termini generali la gestione immobiliare integrata tende infatti a combinare attività afferenti ai diversi livelli di gestione in modo da definire e attuare una o più funzioni di gestione che consentano:
a) di determinare un predeterminato incremento del valore del portafoglio immobiliare un in un lasso di tempo predefinito;
b) di determinare un predeterminato incremento della resa netta del portafoglio entro un tempo fissato;
c) di ridurre l’impegno del proprietario del patrimonio sia per quanto riguarda il controllo sullo stato del patrimonio, sul livello di soddisfacimento dell’eventuale utenza, sul rendimento, sui costi di gestione e manutenzione, ecc., sia per quanto riguarda la gestione strategica del portafoglio.
La combinazione di questi obiettivi presenta due implicazioni.
I. La gestione integrata si esprime necessariamente attraverso un programma di azioni che tende a raggiungere un certo set di obiettivi in un tempo predeterminato. Tale obiettivi costituiscono la sostanza del rapporto contrattuale tra proprietario del portafoglio e gestore.
II. Il conseguimento degli obiettivi di maggior peso (aumento del valore e della resa netta) comporta tempi medio-lunghi. In genere si valuta che cinque anni siano un periodo congruo per conseguire alcuni primi risultati parziali e, quindi per poter avanzare delle prime valutazioni sulla gestione. Per tale motivo gli osservatori più attenti fissano mediamente in cinque anni la durata minima del contratto di gestione prevedendo un meccanismo di reiterazione del contratto stesso.


C) I requisiti di base del sistema
a) Al primo posto sembra necessario mettere una notevole capacità progettuale e cioè la capacità di individuare i processi e le azioni che sono in grado, entro un lasso di tempo definito, di determinare gli incrementi di valore e di resa (in termini non solo economici ma anche sociali, vista la natura peculiare del patrimonio immobiliare a cui ci riferiamo) che costituiscono l’obiettivo e il programma della gestione immobiliare integrata e definiscono le prestazioni attese del gestore.
Questa capacità è di gran lunga più importante che disporre delle risorse professionali necessarie per svolgere le singole azioni della gestione dei servizi o della gestione amministrativo-commerciale.

b) Al secondo posto di questa schematica graduatoria sembra opportuno collocare una adeguata capacità finanziaria. Questo requisito può essere trascurabile in una logica di gestione tradizionale ma non lo è affatto in una logica di gestione integrata che presuppone anche la capacità di effettuare cospicui investimenti, di effettuare transizioni immobiliari di notevole consistenza. Il punto nodale non è tanto la capacità di autofinanziamento quanto la capacità di approvvigionamento.
In questo senso, occorre anche riflettere sulla capacità di ottenere prestiti e mutui garantiti non solo da un maggior gettito e da bilanci più equilibrati ma anche da un patrimonio che -almeno per alcuni segmenti- si confronta con le dinamiche e con i valori di mercato, di un patrimonio dunque che ha non solo un valore convenzionale ma anche un valore reale, concretamente certificato, cioè "bancabile".

c) Al terzo posto si dovrebbe porre la capacità di realizzazione/gestione di sistemi informativi complessi che consenta di gestire in modo integrato il patrimonio (censimento del patrimonio immobiliare), i conduttori (anagrafe dell’utenza), i servizi (flussi di erogazione, approvvigionamenti, manutenzioni programmate, etc.) gli appalti (per la manutenzione ordinaria, per quella straordinaria, per le forniture, per i servizi di sorveglianza, etc.), il mercato (individuazione delle opportunità di valorizzazione), l’amministrazione (fatturazione, riscossione, morosità, etc.).

d) Questi tre requisiti di base comportano un impegno di risorse sostanzialmente anelastico rispetto alle dimensioni e alle caratteristiche del portafoglio immobiliare da gestire. Determinano cioè una partita di costi fissi che prescinde dalle dimensioni del patrimonio in gestione. Ciò determina un effetto soglia del compendio immobiliare da gestire: al di sotto di una determinata dimensione del patrimonio in gestione i costi fissi presentano una incidenza tale da rendere economicamente non competitiva l’offerta di gestione integrata.
Per converso, poiché questi costi non aumentano in modo proporzionale agli incrementi di consistenza del patrimonio immobiliare gestito, consentono notevoli economie di scala.
Il fenomeno ha spinto diversi tecnici alla ricerca della dimensione ottimale del gestore e del patrimonio gestito. In termini del tutto esemplificativi si può indicare una soglia minima di patrimonio gestito necessaria per raggiungere un equilibrio di bilancio in un patrimonio con valore di mercato intorno a 200 milioni di euro e un rendimento di partenza intorno a 3% (6 milioni/anno).

L’insieme dei requisiti obbliga i soggetti ad avere una notevole versatilità che mal si combina con la specificità degli stessi. Ad esempio, il raggiungimento di un’autonoma capacità di approvvigionamento finanziario sembra richiamare competenze specialistiche che poco hanno a che fare con i profili di un gestore immobiliare integrato. Da qui discende l’opportunità di articolare il sistema di titolarità delle funzioni, segnatamente distinguendo tra soggetti proprietari e soggetti incaricati della gestione.

giovedì 15 maggio 2008

California, Florida, Nevada e Arizona... e non parlo di primarie

Ancora dati sul mercato immobiliare statunitense dal Diario della crisi finanziaria.

"...pesanti segnali provenienti ieri dal settore immobiliare, con la più netta flessione delle vendite di quelle case individuali degli ultimi 26 anni e con il prezzo mediano delle stesse giunto ormai a poco più di 196 mila dollari, non ha certo sollevato gli animi degli operatori la notizia che in aprile sono state avviate 243.353 nuove procedure di esproprio di case, con una crescita del 65% rispetto alle 147.708 dello stesso mese del 2007, un incremento che, tuttavia, non è sufficiente per spiegare quello che è accaduto in California, Florida, Nevada ed Arizona, stati che hanno registrato incrementi delle procedure, nonché una concentrazione delle stesse, a livelli ben superiori della media nazionale."

Ancora bruttissime notizie anche per quello europeo, dato che dalle nostre parti si manifestano più o meno gli stessi effetti con un lag temporale di 12/18 mesi.

petrolio e benzina: quale correlazione?

Su Petrolio qualche interessante grafico della scarsa correlazione tra prezzo del petrolio e prezzo della benzina.
Scarsa correlazione non significa che tale situazione si mantiene nel tempo, anche perchè fino a pochi mesi fa le due curve presentavano una notevole correlazione. Quindi è lecito attendersi un repentino aumento del prezzo della benzina alla pompa.
Davvero brutte notizie.

martedì 13 maggio 2008

disciplina della dotazione territoriale di ERP

Ambito di applicazione
La riserva di ERP di cui all’articolo 26, comma 4, lett. a), punto 2) della lr 38/07 e s.m.i. identifica la dotazione territoriale volta a garantire l’inserimento dell’edilizia sociale nei processi di trasformazione urbana.
L’applicazione del disposto di cui all’articolo 26, comma 4, lett. a), punto 2) si potrebbe applicare obbligatoriamente per tutti gli interventi di nuova edificazione o di recupero da realizzare attraverso la ristrutturazione urbanistica o la sostituzione edilizia che superino la soglia dei 2.000 metri quadrati di superficie utile lorda (S.u.l.) e ricadano nell’ambito di distretti di trasformazione ovvero ambiti di riqualificazione ove la residenza sia tra le destinazioni ammesse e rappresenti almeno il 20% della S.u.l. complessiva.

In tutte le altre aree oggetto di previsioni di trasformazione urbanistico-edilizia (interventi di nuova edificazione o di recupero da realizzare attraverso la ristrutturazione urbanistica o la sostituzione edilizia) che non raggiungono la soglia dei 2.000 metri quadrati di S.u.l., la quota minima da riservare all’ ERP sarebbe quindi suscettibile di essere facoltativa.
Nei casi in cui tale riserva non avrà luogo, la corrispondente quota di S.u.l. dovrà essere oggetto di monetizzazione.

Determinazione della dotazione territoriale
La quota percentuale minima in termini di S.u.l. da destinare obbligatoriamente all’ERP è stabilita autonomamente dal Comune sulla base:
a) del fabbisogno di ERP determinato sulla scorta degli indirizzi del PQR;
b) delle massime percentuali finanziariamente sostenibili da applicare alla S.u.l. realizzabile.
Gli indirizzi forniti dalla Regone in sede di Programma Quadriennale per l'edilizia Residenziale (PQR) sono uno strumento messo a disposizione dall’Amministrazione Regionale ai Comuni al fine di orientare la quantificazione della dotazione territoriale relativa all’edilizia sociale, sulla base delle caratteristiche posizionali dell’intervento (centrale, semicentrale, periferico), dei costi di costruzione e produzione edilizia e, soprattutto, dello specifico mercato immobiliare ove si localizza ogni specifica trasformazione urbanistica-edilizia.

Fatto salvo l’obiettivo di garantire attraverso la dotazione territoriale di ERP la piena risposta al fabbisogno di edilizia sociale rilevata, le modalità di distribuzione della dotazione territoriale stessa nell’ambito delle diverse trasformazioni ipotizzate dallo Sug costituiscono elemento di qualificazione dell’autonomia comunale da esercitare in sede di pianificazione di pertinenza di quello stesso livello di governo.

Modalità di monetizzazione della dotazione territoriale
Le modalità di monetizzazione della dotazione territoriale si differenziano tra quelle di tipo ordinario per interventi di piccola entità (lett. a), che si riferiscono alle previsioni di trasformazione urbanistico-edilizia (interventi di nuova edificazione o di recupero da realizzare attraverso la ristrutturazione urbanistica o la sostituzione edilizia) che non raggiungono la soglia dei 2.000 metri quadrati di S.u.l.., e quelle che attengono invece eventuali modalità alternative di produzione della dotazione territoriale nei casi in cui la dotazione territoriale stessa è obbligatoria (lett. b, c, d).

L’impiego dell’istituto della monetizzazione di cui alle successive lett. b), c) e d) potrà avvenire di volta in volta previa decisione della singola Amministrazione Comunale, supportata da un’istruttoria che motivi il maggior interesse pubblico del provvedimento di riserva della dotazione territoriale di ERP.
La valutazione dell’opportunità della monetizzazione potrà quindi avvenire previa motivazione dell’assenza dell’interesse pubblico alla produzione della riserva di ERP nel caso in cui sia dimostrata almeno una delle seguenti condizioni:
- che l’ambito ove si localizza la trasformazione urbanistica abbia almeno una delle seguenti caratteristiche:
a) accessibilità degli alloggi al sistema del servizio di trasporto pubblico (urbano o anche extraurbano), attraverso la presenza di una fermata accessibile anche in termini di assenza di barriere architettoniche, a una distanza superiore a 500 metri dal perimetro dell’area oggetto della trasformazione stessa;
b) presenza di altri servizi a scala di quartiere quali scuole, asili nido, servizi commerciali al dettaglio, ecc., a una distanza superiore a 500 metri dal perimetro dell’area oggetto della trasformazione stessa;
- che l’area ove si dovrebbero situare gli alloggi ERP oggetto della riserva sia compromessa dalla presenza di servizi o preesistenze, impianti tecnologici, ecc. che ne limitino il pieno utilizzo a fini residenziali;
- che il numero degli alloggi di ERP oggetto della riserva sia qualitativamente e quantitativamente insufficiente ai fini gestionali. In linea generale, si ritiene che il numero minimo di alloggi ERP debba essere almeno 5 ovvero che gli stessi debbano essere localizzati in uno stesso autonomo edificio oppure che, pur facendo parte di un organismo edilizio più ampio, ne occupino un intero vano scala.

a) ordinario per interventi di piccola entità
In tutti gli interventi di nuova edificazione o di recupero da realizzare attraverso la ristrutturazione urbanistica o la sostituzione edilizia che non raggiungono la soglia dei 2.000 metri quadrati di S.u.l.., la quota di S.u.l. che facoltativamente può essere vincolata a ERP potrà essere ordinariamente monetizzata sulla base del costo di costruzione dell’edilizia residenziale pubblica.
In questo caso, la quota di S.u.l. oggetto della monetizzazione viene comunque edificata priva di qualsivoglia vincolo legato alla dotazione territoriale. Pertanto la superficie utile lorda complessiva dell’intervento non si riduce della stessa quota di ERP che non si realizza.

b) alternativa
La quota stabilita dallo Sug, o una parte di essa, viene devoluta alla destinazione residenziale nelle altre forme di ERS con vincolo permanente o temporaneo, sulla base di una convenzione con il Comune.
Attraverso questa modalità si dà prevalente, ma non piena, attuazione agli obiettivi sottesi alla disciplina della lr 38/2007 e s.m.i., in quanto si assicura il conseguimento, ma solo in via temporanea, della nuova offerta abitativa di ERS.
La piena attuazione degli obiettivi della legge si realizza con la corresponsione di un conguaglio, in forma di contributo monetario al Comune, nella misura indicizzata al valore attuale del costo di produzione di un analogo prodotto edilizio al momento della cessazione del vincolo, per ciascun metro quadro di superficie utile lorda appartenente alla quota minima prescritta dallo Sug e non destinata all’ERP nella forma permanente.

c) straordinaria
La quota di S.u.l. da riservare a ERP stabilita dallo Sug, o una parte di essa, in quanto giudicata dal soggetto attuatore incompatibile con il resto dell’intervento, non viene edificata. In altri termini, in considerazione delle peculiari caratteristiche dell’intervento di trasformazione urbanistica, non si fa luogo alla realizzazione di parte o di tutta la quota di ERP. Pertanto la superficie utile lorda complessiva dell’intervento si riduce della stessa quota di ERP che non si realizza.
Attraverso questa modalità non si dà attuazione all’obiettivo della lr 38/2007 e s.m.i. ma se ne rende possibile l’applicazione in altra parte del territorio perché non si deposita il relativo carico urbanistico.
L’applicazione secondo la modalità straordinaria comporta l’asservimento del titolo edificatorio attraverso la sottoscrizione di un atto, registrato e trascritto, con il quale il titolo edificatorio della quota di ERP non realizzata viene trasferito in perpetuo al Comune, e inoltre il versamento al Comune medesimo di un contributo, nella misura minima pari al costo di esproprio di un’area ove localizzare il titolo edificatorio acquisito, per ciascun metro quadro di superficie utile lorda appartenente alla quota indicata dallo Sug e non destinata all’ERP.

d) con vendita convenzionata e monetizzazione
La quota della superficie utile lorda maturata con la trasformazione urbanistica che avrebbe dovuto essere riservata all’ERP viene invece devoluta alla destinazione residenziale nella forma della vendita, sulla base di una convenzione con il Comune che stabilisce i criteri per la determinazione del prezzo di vendita e per i suoi aggiornamenti, per un periodo non inferiore ad anni dieci, nonché le modalità per l’individuazione degli acquirenti, ai sensi dell’articolo 17 della lr 38/2007 e s.m.i.
Attraverso questa modalità si dà soltanto in minima parte attuazione al disegno della lr 38/2007 e s.m.i., in quanto si assicura il conseguimento di alcuni obiettivi della nuova disciplina, quali consentire l’accesso alla casa per le categorie più deboli ma si manca completamente la tutela svolta dall’edilizia pubblica in affitto per le fasce sociali marginali.
Ai fini di raggiungere il perseguimento degli obiettivi della nuova legge, l’applicazione di questa quarta modalità comporta un contributo monetario al Comune per ciascun metro quadro di superficie utile lorda appartenente alla quota minima prescritta dallo Sug e non destinata all’ERP, indicizzato all’attuale costo di produzione di un analogo prodotto edilizio.

la definizione della domanda di edilizia sociale

La Regione dovrebbe limitarsi a fornire indirizzi metodologici relativamente alla domanda di casa di ERP, di alloggi a canone moderato ovvero di alloggi in proprietà a prezzi convenzionati, non risultando opportuno -data l’assoluta particolarità della tipologia di servizio abitativo- fornire un univoco indirizzo a carattere regionale per le strutture alloggiative temporanee e i centri per l’inclusione sociale previsti dalla lr 38/07 e s.m.i.
Di conseguenza, per la determinazione del fabbisogno abitativo di residenza primaria riferibile unicamente alle esigenze abitative temporanee (strutture alloggiative temporanee e centri per l’inclusione sociale) resta altresì inteso che la singola Amministrazione locale avrà l’opportunità, in sede di variante allo Sug oppure di revisione generale dello stesso, di proporre specifiche metodologie per lo studio di questo specifico segmento di fabbisogno abitativo.

La determinazione del fabbisogno abitativo di residenza primaria da soddisfare dovrà essere il risultato di una duplice indagine:
a) la prima, riferita alla stima del fabbisogno pregresso, vale a dire la stima del “debito abitativo” al momento in cui si procede alla variazione o alla revisione generale dello Sug. E’, in breve, la stima di quanti alloggi servirebbero per “sanare” il problema abitativo di residenza primaria in ciascun Comune;
b) la seconda è invece attinente la previsione di quella che potrà essere la nuova domanda aggiuntiva (fabbisogno futuro) di residenza primaria alla quale si dovrà dare risposta nei periodo di vigenza dello Sug (di norma, 10 anni). In altri termini, si tratta di un esercizio previsionale che si interroga su cosa succederà in termini di crescita di questo peculiare fabbisogno abitativo nel medio-lungo periodo all’interno di ogni singola realtà comunale.
Fabbisogno pregresso
Per quanto riguarda la stima del fabbisogno pregresso di edilizia abitativa a canone “sociale” (ERP) e a canone moderato ovvero di alloggi in proprietà a prezzi convenzionati si ritiene necessario tenere conto di due differenti componenti:
1) un fabbisogno reale, con ciò intendendosi la domanda che si è effettivamente manifestata da parte degli utenti in occasione dell’emanazione di bandi pubblici per l’assegnazione di alloggi o la concessione di contributi relativamente a tali tipologie di edilizia;
2) un fabbisogno potenziale, valutato sulla base delle condizioni socioeconomiche del comune, con specifico riferimento ai redditi disponibili da parte dei residenti.
Le due componenti del fabbisogno così stimato dovranno essere quindi ponderate al fine di mediare il dato –sulla base di coefficienti di ponderazione che tengono conto della realtà socio-economica del comune e dei fenomeni di disallineamento del mercato della locazione evidenziati nel paragrafo precedente– determinando così la stima finale del fabbisogno abitativo di ERS e di alloggi in proprietà a prezzi convenzionati.

Fabbisogno futuro
La stima del fabbisogno futuro di abitazioni afferente il comparto della residenza primaria nel decennio successivo a far data dal momento della predisposizione della variante urbanistica ovvero della revisione generale dello Sug potrà essere desunta dalla stima della crescita delle nuove famiglie residenti nel decennio.
I dati disponibili a partire dall’ultimo censimento evidenziano una sostanziale stabilità della popolazione residente in Liguria, fenomeno che viene però accompagnato dalla progressiva riduzione del numero medio dei componenti delle famiglie. Anzi, è possibile leggere che tale fenomeno veda la sua accentuazione proprio nelle principali aree urbane regionali. Ne consegue che, a scala territoriale, si assiste alla crescita del numero di famiglie residenti.
Di conseguenza, la domanda aggiuntiva di ERS ovvero di alloggi in proprietà a prezzi convenzionati è suscettibile di dipendere, in primo luogo, dalla previsione di crescita delle nuove famiglie residenti (autoctone e immigrate), calcolato attraverso il tasso di variazione del numero delle famiglie residenti da ottenersi per estrapolazione lineare della tendenza storica a partire dal 2001 fino al momento in cui si procede alla variante urbanistica ovvero alla revisione generale dello Sug di cui alla lr 38/07 e s.m.i. (elaborazione su fonte ISTAT).

politiche abitative e governo del territorio

La legge regionale 38/2007 e s.m.i. è ispirata ad alcuni principi generali di grande rilievo per le implicazioni che ne derivano sul rinnovamento del modello di governo delle città liguri per quanto attiene il rapporto tra governo del territorio e politiche abitative. Comprendere la logica sottostante ai nuovi disposti normativi risulta essere di fondamentale importanza ai fini dell’assunzione di un corretto atteggiamento di interpretazione e applicazione degli stessi da parte degli Enti locali, cui la legge delega la revisione degli Strumenti urbanistici generali (Sug).
La Legge statuisce principi costitutivi di rilevante innovatività e, in particolare:
1) contribuisce a traslare il cardine delle valutazioni urbanistiche dalle nozioni giuridico-formali (rispetto della norma - criterio di conformità) alla definizione di politiche urbane integrate di welfare (coerenza con obiettivi – criterio di compatibilità/congruenza);
2) afferma il principio della programmazione come base irrinunciabile della pianificazione;
3) valorizza l’autonomia comunale, quale esplicazione in senso verticale del principio di sussidiarietà: ciò, in particolare, tramite l’affermazione del principio di eguaglianza come pari trattamento nella diversità, che consente alle Amministrazioni locali di disporre di effettivi poteri di conformazione della loro azione alle specifiche esigenze e caratteristiche della realtà amministrata;
4) riconosce e attua nei fatti il principio di sussidiarietà, anche nella sua valenza orizzontale e cioè nei rapporti pubblico-privato.

L’articolo 26 della legge regionale 3 dicembre 2007, n. 38 e s.m.i. prevede che gli strumenti urbanistici generali debbano determinare il fabbisogno abitativo di residenza primaria da soddisfare e, sulla base di questo, debbano prescrivere che nelle aree destinate a trasformazione o modificazione urbanistico-edilizia vengano riservate quote di indice edificatorio per la realizzazione di interventi di edilizia residenziale sociale ovvero all’edilizia abitativa in proprietà a prezzi convenzionati, a cominciare dall’ERP.
La finalità della disposizione sopra richiamata è quella di favorire l’attuazione della nuova politica abitativa regionale determinando le indispensabili condizioni di carattere urbanistico mediante la concreta individuazione da parte dei comuni delle aree da destinare alle varie tipologie di offerta abitativa previste dalla già menzionata lr 38/2007 e s.m.i.

Al fine di consentire l’operatività della legge, il ruolo della Regione potrebbe essere quello di fornire prescrizioni e indirizzi attinenti la vasta materia del governo del territorio su più elementi, quali:
1) l’individuazione dei comuni e degli ambiti ad elevata problematicità abitativa;
2) la definizione di residenza primaria;
3) le modalità di determinazione del fabbisogno di residenza primaria;
4) la disciplina della riserva di ERP (dotazione territoriale).

venerdì 2 maggio 2008

politica delle quote: integrazione etnica a Singapore

La popolazione di Singapore è di 4,01 milioni di persone, costituita nel 13,9% da Malesi, nel 76,8% da Cinesi, nel 7,9% da Indiani e nell’ 1,4% da altre etnie.
L'83% degli abitanti abita nell'edilizia sociale, gestita dal Comitato per l'alloggio e lo sviluppo (HDB): particolare non irrilevante, le case appartengono -di norma- a chi ci abita. Almeno per chi è riuscito a comprarle, grazie anche all'aiuto dello Stato.
Ma la cosa che più mi ha colpito è come Singapore abbia perseguito l'integrazione etnica attraverso le politiche abitative. In ogni edificio, la società locale dev'essere rappresentata nella sua varietà: 73% di cinesi, 14% di malesi, 8% di indiani. E il sistema delle quote è molto rigoroso: se in un edificio il 14% degli inquilini è malese, non possono andarci a vivere altri malesi. Che, quindi, si devono trovare un altro edificio.
La regola, con tutta evidenza, non è il massimo del liberalismo. Però, probabilmente, è molto efficace: si evitano i ghetti per etnia e si abituano i cittadini a vivere in presenza di altre comunità.