Prima riflessione. Roby ha ragione: il paesaggio non è qualcosa di
immutabile, è il frutto dell’economia di ogni epoca. Anzi si può dire che la “tradizione” altro non è
se non un’innovazione che ha avuto successo nel passato. E, per il paesaggio
ligure dello spazio rurale e/o perturbano, la sfida è quella della salvaguardia
del paesaggio dell'olivicoltura tradizionale. Perché fino a oggi, invece che coltivare olivi, era
più conveniente “coltivare case”.
Seconda riflessione. Cosa vuol dire quindi conservare
quel paesaggio? Si può davvero pensare
che degli imprenditori (perché gli agricoltori, alla fin fine, sono proprio
quella roba lì) diventino niente più che custodi mal remunerati di qualcosa che non ha
più nessuna ragione microeconomica di esistere?
Terza riflessione. Rispetto a questa
funzione di “guardiania” del paesaggio, la PAC prevede quella sorta di
indennizzo che possono essere considerati gli “Aiuti allo sviluppo”, cioè quella
parte considerevole degli aiuti destinata a finanziare la produzione di public goods, ovvero di
quei beni che secondo la teoria economica non vengono remunerati adeguatamente
dal mercato ma dai quali la collettività trarrebbero comunque un beneficio: oltre alla tutela del paesaggio rurale, anche la salvaguardia ambientale, la lotta ai cambiamenti climatici, la tutela della biodiversità, la sopravvivenza della piccola impresa agricola.
Quarta riflessione. Anche la strada degli
aiuti allo sviluppo per la produzione di quel public good che è la
conservazione del paesaggio olivicolo tradizionale, vista la dimensione (in
ettari) del problema, rischia di avere dei costi insostenibili… per i
contribuenti che provvedono a finanziare la PAC.
Visto che il lavoro nei campi è
direttamente funzionale alla produzione di un paesaggio, con ogni probabilità
anche la sua conservazione dovrebbe passare dal lavoro nei campi. E quindi si
dovrebbero riconsiderare tutte quelle discipline o imposizioni volte a ridurre
la libertà di fare le scelte colturali alla singola impresa agricola. Meglio di me, argomenta qui o qui l prof. Scaramuzzi (Accademia dei Gorgofili).
(ph. tratta da http://www.flickr.com/photos/davidkb/55321137/)
Certo, il paesaggio agricolo potrebbe alla fine anche assumere aspetti diverso rispetto alle forme dell’olivicoltura tradizionale… ma almeno ogni singolo campo sarebbe rigoglioso e curato. E, comunque, l’alternativa del “coltivare case” non è certo meno distorcente i caratteri del paesaggio dell’olivicoltura tradizionale.
Nessun commento:
Posta un commento