In queste ultime settimane mi è capitato di partecipare a discussioni ove il tema del social housing era identificato con un intervento pubblico a forte tasso di socialità che, in una regione ove gli anziani sono molto sopra la media, significa pensare a politiche che non sono fatte in funzione dei giovani. Per questi ultimi, almeno questa era la tesi che mi veniva propagandata, l'intervento più utile sarebbe incentivare la casa in proprietà.
Nel seguito qualche appunto sul tema.
Il tema dell’affitto e quello delle tante sfaccettature che assume il bisogno di casa oggi sono le parole d'ordine della politica della casa del PQR 2008-2011. Quest'ultimo, ha programmato che il 57% delle risorse destinate alle politiche abitative, cioè poco più di 92 milioni di euro, siano destinate al segmento della locazione. In particolare, agli investimenti dedicati a incrementare il patrimonio di alloggi in locazione (ERS) sono destinati 51 milioni di euro mentre al sostegno alle famiglie in affitto (FSA e fondo di sostegno all’utenza ERP) le risorse ammontano a circa 41 milioni di euro.
Perché?
A) A fronte di 538.172 famiglie che vivono in alloggi di proprietà o ad altro titolo (ad es. comodato d’uso), in Liguria ci sono 168.373 famiglie (23,83%) che non hanno potuto o voluto passare dalla condizione di inquilino a quella di proprietario. In questo variegato mondo ci sono:
a) inquilini delle abitazioni pubbliche che, a partire dal 1993, avrebbero potuto acquisire gli alloggi a un prezzo poco superiore a 1/3 dell’effettivo valore di mercato ma non lo hanno fatto. Spesso perché non possono indebitarsi, qualche volta perché non hanno la convenienza di farlo;
b) famiglie che pur essendo in grado di comprarsi una casa non lo hanno fatto;
c) famiglie che non hanno potuto comprarsi una casa e che sono costrette all’affitto, in ragione della difficoltà a prestare garanzie al sistema del credito oppure della mancanza di risparmi in grado di pagare almeno una quota dell’alloggio. Sono, ad esempio, gli anziani, le donne sole, i nuovi poveri.
>>Molte di queste famiglie sono quelle più deboli economicamente che, necessariamente, sono le prime che devono trovare sostegno.
B) La scelta dell’acquisto di casa induce infatti a pesanti e prolungati sacrifici (i mutui hanno visto allungare le scadenze di rimborso ben oltre i 20 anni, in modo da rendere la rata compatibile con i redditi) e indirizza il risparmio in un’unica direzione condizionando in modo evidente le condizioni di vita. In altri termini, le famiglie, soprattutto quelle giovani che si sono affacciate per la prima volta sul mercato immobiliare, hanno visto in questi ultimi anni allungare fino ad almeno 30 anni il periodo di durata del rimborso dei mutui accesi per acquistare casa.
Al contempo, l’evoluzione dell’istituto familiare e, più in generale, delle convivenze sta vivendo dinamiche opposte. Le unioni si fanno meno salde che in passato, dato che la durata del vincolo matrimoniale è sempre più breve, con il tasso di separazione al 6,7% pari a circa 2.750 procedimenti di separazione legale all’anno in Liguria.
>>Preso atto di queste profonde dinamiche sociali, impostare un intervento pubblico di sostegno all’accesso alla prima casa puntando solo sulla proprietà significa mettere a disposizione uno strumento che, a conti fatti, risulta poco in sintonia con la realtà. Al più, è funzionale a rispondere a qualche vincolo ideologico.
C) La struttura sociale ligure, ma non solo, è caratterizzata da dinamiche che la portano a essere sempre più flessibile. A fronte di una dinamica regionale che registra la formazione di circa 4.260 nuove famiglie all’anno nell’ultimo quinquennio, il contributo del movimento migratorio interregionale è pari a circa 1.260 nuovi residenti all’anno.
Le analisi economiche convergono nell’affermare come i prossimi anni vedranno il progressivo espandersi della mobilità sul mercato del lavoro: rapporti più brevi, lavori con contenuti diversi, alternarsi di lavoro e formazione. Questa situazione è associata a una richiesta di mobilità territoriale, caratterizzata da permanenze più o meno brevi in uno stesso luogo, senza per questo comportare un definitivo abbandono di una residenza principale collocata altrove.
>>È del tutto evidente che la miglior politica pubblica volta a garantire l’accesso alla casa per chi ha un destino “mobile”, teso alla ricerca delle migliori opportunità occupazionali e di un miglior futuro, non può essere la promozione dell’accesso alla proprietà. Essere proprietari significa rendere stabile la propria dimora: questa peculiare condizione come si sposa con la ricerca di flessibilizzazione del mercato del lavoro?
D) L'abitazione è stata e lo è ancor oggi spesso percepita come un investimento, piuttosto che come un bene di consumo. Ragioni macroeconomiche, quali un elevato tasso di inflazione durante i passati decenni, hanno spinto i risparmiatori verso investimenti reali che offrissero un sicuro riparo dall'erosione monetaria, primi fra tutti i beni immobili, iniziando dall'abitazione. E per capire che cosa è la storia italiana (non la preistoria), basta andare indietro fino ad esempio al 1982, in cui l’inflazione era al 16%.
Esiste infatti un’interessante correlazione tra proprietà del proprio alloggio e una storia fatta di tassi d’inflazione elevati. Paesi come l’Italia, il Portogallo, la Grecia e la Spagna stanno a dimostrare questa correlazione: ad alti tassi di diffusione della proprietà (con la Spagna che registra quasi il 91% di famiglie che abitano la casa che hanno acquistato) corrisponde un dopoguerra fatto di tassi di inflazione elevati e lungamente a doppia cifra. Chi, invece, ha avuto un andamento dell’inflazione più moderato, vede oggi una minore diffusione della proprietà a vantaggio di una superiore presenza dell’abitazione in affitto.
Negli ultimi anni, però, l’elemento che è cambiato di più è proprio il tasso di inflazione: soprattutto con l'unificazione monetaria, l’inflazione nei Paesi che hanno adottato l’Euro si è fortemente e strutturalmente ridotta.
>>La necessità di investire in beni reali come rifugio dall'erosione monetaria è quindi scomparsa, per cui il rendimento dell'immobile deve essere giudicato prevalentemente per la parte corrente e non in funzione di aspettative di rivalutazione futura. E, quindi, anche da qui passa il perché una politica pubblica nel settore abitativo possa, oltre che debba, interessarsi soprattutto ad ampliare il comparto dell’affitto.
L’insieme di questi fenomeni, destinati a crescere anche quantitativamente nel tempo, mettono radicalmente in discussione l’idea che una diffusione ulteriore della proprietà immobiliare delle famiglie, oltre il livello elevatissimo già raggiunto, renda marginale il problema della locazione e possa rendere non più necessario un intervento pubblico.
La Liguria deve quindi imboccare una strada nuova che va nella direzione di mettere sul mercato migliaia di case in affitto a canoni ridotti. In Liguria ci sono più del 70% di case in proprietà, in altri Paesi Europei la quota delle case in affitto supera anche la metà dello stock edilizio: e questo permette anche ai giovani di uscire di casa poco dopo la maggiore età, pagando canoni molto più bassi di una rata di un mutuo.
Perché?
A) A fronte di 538.172 famiglie che vivono in alloggi di proprietà o ad altro titolo (ad es. comodato d’uso), in Liguria ci sono 168.373 famiglie (23,83%) che non hanno potuto o voluto passare dalla condizione di inquilino a quella di proprietario. In questo variegato mondo ci sono:
a) inquilini delle abitazioni pubbliche che, a partire dal 1993, avrebbero potuto acquisire gli alloggi a un prezzo poco superiore a 1/3 dell’effettivo valore di mercato ma non lo hanno fatto. Spesso perché non possono indebitarsi, qualche volta perché non hanno la convenienza di farlo;
b) famiglie che pur essendo in grado di comprarsi una casa non lo hanno fatto;
c) famiglie che non hanno potuto comprarsi una casa e che sono costrette all’affitto, in ragione della difficoltà a prestare garanzie al sistema del credito oppure della mancanza di risparmi in grado di pagare almeno una quota dell’alloggio. Sono, ad esempio, gli anziani, le donne sole, i nuovi poveri.
>>Molte di queste famiglie sono quelle più deboli economicamente che, necessariamente, sono le prime che devono trovare sostegno.
B) La scelta dell’acquisto di casa induce infatti a pesanti e prolungati sacrifici (i mutui hanno visto allungare le scadenze di rimborso ben oltre i 20 anni, in modo da rendere la rata compatibile con i redditi) e indirizza il risparmio in un’unica direzione condizionando in modo evidente le condizioni di vita. In altri termini, le famiglie, soprattutto quelle giovani che si sono affacciate per la prima volta sul mercato immobiliare, hanno visto in questi ultimi anni allungare fino ad almeno 30 anni il periodo di durata del rimborso dei mutui accesi per acquistare casa.
Al contempo, l’evoluzione dell’istituto familiare e, più in generale, delle convivenze sta vivendo dinamiche opposte. Le unioni si fanno meno salde che in passato, dato che la durata del vincolo matrimoniale è sempre più breve, con il tasso di separazione al 6,7% pari a circa 2.750 procedimenti di separazione legale all’anno in Liguria.
>>Preso atto di queste profonde dinamiche sociali, impostare un intervento pubblico di sostegno all’accesso alla prima casa puntando solo sulla proprietà significa mettere a disposizione uno strumento che, a conti fatti, risulta poco in sintonia con la realtà. Al più, è funzionale a rispondere a qualche vincolo ideologico.
C) La struttura sociale ligure, ma non solo, è caratterizzata da dinamiche che la portano a essere sempre più flessibile. A fronte di una dinamica regionale che registra la formazione di circa 4.260 nuove famiglie all’anno nell’ultimo quinquennio, il contributo del movimento migratorio interregionale è pari a circa 1.260 nuovi residenti all’anno.
Le analisi economiche convergono nell’affermare come i prossimi anni vedranno il progressivo espandersi della mobilità sul mercato del lavoro: rapporti più brevi, lavori con contenuti diversi, alternarsi di lavoro e formazione. Questa situazione è associata a una richiesta di mobilità territoriale, caratterizzata da permanenze più o meno brevi in uno stesso luogo, senza per questo comportare un definitivo abbandono di una residenza principale collocata altrove.
>>È del tutto evidente che la miglior politica pubblica volta a garantire l’accesso alla casa per chi ha un destino “mobile”, teso alla ricerca delle migliori opportunità occupazionali e di un miglior futuro, non può essere la promozione dell’accesso alla proprietà. Essere proprietari significa rendere stabile la propria dimora: questa peculiare condizione come si sposa con la ricerca di flessibilizzazione del mercato del lavoro?
D) L'abitazione è stata e lo è ancor oggi spesso percepita come un investimento, piuttosto che come un bene di consumo. Ragioni macroeconomiche, quali un elevato tasso di inflazione durante i passati decenni, hanno spinto i risparmiatori verso investimenti reali che offrissero un sicuro riparo dall'erosione monetaria, primi fra tutti i beni immobili, iniziando dall'abitazione. E per capire che cosa è la storia italiana (non la preistoria), basta andare indietro fino ad esempio al 1982, in cui l’inflazione era al 16%.
Esiste infatti un’interessante correlazione tra proprietà del proprio alloggio e una storia fatta di tassi d’inflazione elevati. Paesi come l’Italia, il Portogallo, la Grecia e la Spagna stanno a dimostrare questa correlazione: ad alti tassi di diffusione della proprietà (con la Spagna che registra quasi il 91% di famiglie che abitano la casa che hanno acquistato) corrisponde un dopoguerra fatto di tassi di inflazione elevati e lungamente a doppia cifra. Chi, invece, ha avuto un andamento dell’inflazione più moderato, vede oggi una minore diffusione della proprietà a vantaggio di una superiore presenza dell’abitazione in affitto.
Negli ultimi anni, però, l’elemento che è cambiato di più è proprio il tasso di inflazione: soprattutto con l'unificazione monetaria, l’inflazione nei Paesi che hanno adottato l’Euro si è fortemente e strutturalmente ridotta.
>>La necessità di investire in beni reali come rifugio dall'erosione monetaria è quindi scomparsa, per cui il rendimento dell'immobile deve essere giudicato prevalentemente per la parte corrente e non in funzione di aspettative di rivalutazione futura. E, quindi, anche da qui passa il perché una politica pubblica nel settore abitativo possa, oltre che debba, interessarsi soprattutto ad ampliare il comparto dell’affitto.
L’insieme di questi fenomeni, destinati a crescere anche quantitativamente nel tempo, mettono radicalmente in discussione l’idea che una diffusione ulteriore della proprietà immobiliare delle famiglie, oltre il livello elevatissimo già raggiunto, renda marginale il problema della locazione e possa rendere non più necessario un intervento pubblico.
La Liguria deve quindi imboccare una strada nuova che va nella direzione di mettere sul mercato migliaia di case in affitto a canoni ridotti. In Liguria ci sono più del 70% di case in proprietà, in altri Paesi Europei la quota delle case in affitto supera anche la metà dello stock edilizio: e questo permette anche ai giovani di uscire di casa poco dopo la maggiore età, pagando canoni molto più bassi di una rata di un mutuo.
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