Il 13 febbraio a Bordighera si terrà un seminario sul tema della multifunzionalità nelle aree agricole con la partecipazione del prof. Guido Sali dell'Università di Milano. Quali sono alcune delle ragioni che hanno condotto a organizzare l'evento formativo?
Le città costiere liguri, negli ultimi vent’anni, hanno molto
allargato i loro margini fino a interessare vaste porzioni di territorio
periurbano, dando origine a tessuti estensivi caratterizzati da sommarietà delle
urbanizzazioni, precarietà dei valori di immagine e attività agricole
tendenzialmente in abbandono (ad es. le serre). In molte parti della fascia
periurbana del continuum urbanizzato costiero, segnatamente laddove vigeva il
regime paesistico del PTCP di Insediamento Sparso in regime di Mantenimento
(IS-MA), non è raro registrare insediamenti con densità territoriale
addirittura pari a 0,10 mc/mq che sono l’esito di un lungo processo di erosione
incrementale delle zone agricole dei piani urbanistici.
Questi spazi tra la città e la campagna più profonda
sono spesso spazi senza qualità perché sono portatori di una doppia forma di
marginalità, prodotta da un lato dai processi di degrado delle periferie urbane
senza spazi aperti pubblici e aree verdi, in attesa di processi di
valorizzazione immobiliare, e dall’altra, dalla campagna periurbana che viene
abbandonata, senza qualcuno che la coltivi o la curi.
Rispetto a queste parti del territorio, il compito della
pianificazione di ogni livello dovrebbe essere quello di porsi il problema
della loro rigenerazione, secondo un patto che possa coniugare le funzioni
urbane che comunque vi si svolgono con l’identità agricola che permane.
In questa parte di Liguria si fronteggiano
diversi scenari interpretativi e conseguentemente progettuali. Il primo dei quali è quello degli ultimi vent’anni,
che vede la città espandersi e la campagna occupata dalle nuove parti
urbane, più o meno rade.
Il secondo scenario è quello assunto dallo schema di
Piano Territoriale Regionale (PTR), impostato sulla definizione di un bordo urbano: da
una parte la città e dall’altra parte la campagna. In questo scenario, lo
spazio agricolo è sostanzialmente indifferente alla città e la città lo è
altrettanto rispetto allo spazio agricolo.
Il progetto
di piano del PTR, ormai arrivato alle soglie dell’approvazione -ma ad oggi non
ancora approvato e, probabilmente, neppure al termine della legislatura in
corso- è chiaramente un progetto in negativo, nel senso che con la
classificazione in “Liguria Agricola” o con i “Balconi Costieri” e la “Campagna
Abitata” persegue l’obiettivo di porgere un robusto freno al consumo di suolo.
Lo schema di
PTR dice di sé (qui): in periodo di crisi, in che modo un piano può dare una mano? In
primo luogo, quando riesce a sintonizzare le proprie parole con il Paese.
E la realtà
ligure cosa dice? Dice che la Superficie Agraria Utilizzata (SAU) era 92.482,67
ha nel 1990, per poi passare a 62.605,33 ha nel 2000 e finire con soli
49.080,00 ha nel 2007. In altri termini, l’estensione della SAU negli ultimi
vent’anni è crollata, arrivando a coprire circa il 9,2% della superficie
territoriale dell’intera Liguria. Il 9,2% è il tasso di copertura agricolo più
basso d’Italia.
Anche se l’analisi
passa dal dato statistico a quello della rilevazione cartografica, le
informazioni continuano a essere fonti di preoccupazione: l’estensione del
suolo classificabile come agricolo è 79.657,91 ha, quasi il doppio della SAU. Cioè,
esistono più di 30.000 ha di suolo agricolo in stato di abbandono.
A fronte di
questa lettura, è del tutto evidente che la mera imposizione vincolistica e la
sola riduzione degli indici edificatori possono poco; soprattutto, molto
difficilmente possono invertire una tendenza strutturale alla riduzione della
superficie aziendale coltivata in Liguria.
Ciò che è
stato assente nel dibattito pubblico, almeno fino ad oggi, è una reale
valutazione delle possibilità di generare un reddito adeguato da parte delle
attività agricole multifunzionali e, al contempo, di remunerare i capitali
investiti. In altri termini, se per i proprietari fondiari per
un lungo periodo di tempo è stato più conveniente “coltivare case”, oggi quali
possono essere le convenienze attivabili per far sì che il “coltivare case”
possa essere sostituito?
Un patto città-campagna implica affidare i compiti di manutenere il territorio a chi è già sul posto. #paesaggio pic.twitter.com/NavyWBwzJ7
— Lucio Massardo (@lucio_massardo) 5 Maggio 2014
Un nuovo patto città-campagna può voler dire far parlare l'agricoltura e la didattica. #paesaggio pic.twitter.com/LUFa9Gsmxo
— Lucio Massardo (@lucio_massardo) 5 Maggio 2014
Un nuovo patto città-campagna significa dar spazio a varie forme di ospitalità rurale. #paesaggio pic.twitter.com/2YEWPPUmvD
— Lucio Massardo (@lucio_massardo) 5 Maggio 2014
E quindi, quale possibilità può avere il considerare
il soggetto che opere nel territorio agricolo come un operatore multifunzionale
che, oltre a coltivare i campi in modo tradizionale, possa abbinare a ciò:
l'agriturismo; l'agricoltura sociale; la vendita diretta; la trasformazione o
manipolazione di prodotti agricoli aziendali; la produzione di energia; il contoterzismo; le attività funzionali alla
sistemazione e alla manutenzione del territorio, alla salvaguardia del
paesaggio agrario e forestale, alla cura e al mantenimento dell'assetto
idrogeologico; la trasformazione di prodotti agricoli per conto di terzi.
Un nuovo Patto Città-Campagna per promuovere i farmer's market nel territorio periurbano ligure #PSR2014-2020 pic.twitter.com/13zEgt0U5P
— Lucio Massardo (@lucio_massardo) 4 Febbraio 2014
La mappa mentale dell'#urbanagriculture. Notevole lavoro. via @Internazionale pic.twitter.com/LlGKGlb6wz
— Lucio Massardo (@lucio_massardo) 20 Ottobre 2014
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