giovedì 7 aprile 2011

legge sulla riqualificazione energetica: perché il Piano Casa non serve

Nel precedente post cercavo di rilevare l'interesse della proposta di legge sotto il profilo microeconomico. Aggiungo ancora qualche considerazione sempre partendo da chi abita e utilizza gli edifici: le famiglie.

Il provvedimento proposto è una sorta di rivisitazione del Piano Casa. Questo è indubbio. Solo che rispetto alla lr 49/09 cambia un pò il target di riferimento. Se per il Piano Casa sono i piccoli (o medio-piccoli) edifici e gli edifici incongrui, nella proposta di legge sono i condomini. 
Edifici così sono caratterizzati da una proprietà frammentata economicamente, culturalmente e anagraficamente (quindi con possibilità finanziarie e aspettative di vita assai diverse), per la quale ogni intervento che necessita accordi su spese che hanno tempi di ammortamento di una decina d’anni risulta pressoché impossibile. 
Le strade percorribili per incentivare la riqualificazione in chiave energetica degli immobili sono tradizionalmente tre:
·         incentivazione/detassazione delle ESCO (Energy Service Company) e delle relative attività di contracting, ovvero la promozione di società private che si offrono di risanare gli edifici a loro totale o parziale spesa in cambio dei vantaggi economici per un certo numero di anni derivati dalla conquistata efficienza energetica dell’edificio;
·        estensione della possibilità da parte delle ESCO di produrre Titoli di Efficienza Energetica (detti “Certificati Bianchi”) da vendere alle società erogatrici di energia che sono obbligate a conseguirli;
·         incentivi fiscali. L’Italia con la Finanziaria 2007 ha ideato un ottimo congegno fiscale (sgravi IRPEF del 55%) che è però azzoppato dalla sostanziale assenza di un metodo di calcolo comune e rigoroso e dall’assenza di controlli da parte di enti certificatori realmente terzi.

Questi strumenti hanno conseguito fino a oggi risultati modesti. Il principale difetto è che tali strumenti non possono essere per tutti. Ad esempio, per un pensionato che deve spendere qualche migliaia di euro per la sua quota di cappotto termico con un tempo d’ammortamento di 8 anni è sempre troppo. E non ci sono concessioni di sgravi IRPEF o similari che possono far cambiare valutazione. 

Il problema rimane quello di trovare incentivi economici mirati. E questi incentivi, in un quadro di risorse pubbliche decrescenti, possono essere trovate sul piano urbanistico. Cioè partendo dal livello di governo locale. In questo senso, la strada della premialità urbanistica ci pare l'unica che possa dare qualche frutto.
Per i condomini, però, è improponibile pensare alla premialità urbanistica di cui all'articolo 6 della nuova lr 49/09. La demolizione e ricostruzione, infatti, può andare bene per gli edifici inutilizzati, non certo per quelli abitati o comunque in buona efficienza. 
Per questi ultimi, la premialità volumetrica deve prevedere la permanenza delle famiglie nei propri alloggi. La strada è quella di scindere (almeno giuridicamente) i lavori di riqualificazione energetica da quelli che attengono il credito volumetrico. 

La soluzione possibile, individuata dal disegno di legge, è quella di prevedere la possibilità che l’edificio che viene risanato maturi un credito di cubatura da realizzare attraverso sopraelevazione (quando tecnicamente possibile) e/o da realizzare in altre aree edificabili individuate dal Comune mediante trasferimento di diritti edificatori.
Il tutto con specifiche garanzie pubbliche: da parte del Comune, che rilascia il titolo abilitativo; da parte della Regione Liguria, mediante la verifica dei calcoli energetici e un controllo su tutto il processo (progetto, cantiere, edificio finito). Senza il rispetto del quale (quindi in assenza di corrispondenza tra progetto e prodotto realizzato) non sussistono le condizioni per maturare nessun credito volumetrico.

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