martedì 5 aprile 2011

legge sulla riqualificazione energetica: il punto di vista delle famiglie

Finalmente è stato varata la proposta di legge regionale riferita alla riqualificazione energetica degli edifici esistenti. Mi sembra un buon modo per reagire al degrado progressivo delle istituzioni.
A parte questi aspetti, per andare ancora sulle questioni sollevate dalla proposta, può essere utile valutare il provvedimento sotto il profilo microeconomico, cioè mettendosi dalla parte delle famiglie. 
L'articolo 2, comma 1, lett. b) enuclea quale obiettivo specifico della legge la sensibile riduzione de "i tempi di ammortamento dell’investimento necessario alla riqualificazione energetica suscettibile di gravare sulla proprietà immobiliare". Cosa significa tutto ciò e perché?

Guardando un pò gli ultimi dati disponibili dell'ISTAT sui consumi delle famiglie italiane, le spese per il combustibile e per l'energia connesse alle abitazioni (cioè trasporti esclusi) ammontano a 130,36 euro/mese (pari a 1.564,32 euro all'anno) su un totale di spesa di 2.484,64 euro/mese. In altri termini, le spese per fornire energia alle nostre case incide per il 5,25% sul bilancio familiare. Poco? Per la salute, tanto per fare un esempio, spendiamo di meno: 95,60 euro al mese. E per alimenti e bevande meno di quattro volte tanto: 475,19 euro/mese.
Il dato medio sul complesso delle famiglie italiane, però, non dice tutto. Dato che il consumo per l'energia domestica è un consumo abbastanza incomprimibile (nel senso che una casa non si può non riscaldare) e la cui variazione varia al più in funzione della dimensione di ogni singolo alloggio, è interessante verificare come impattano i consumi energetici sui nuclei familiari più deboli. Prendiamo, ad esempio, il nucleo monopersonale composto da un ultrasessantacinquenne che abita nel Nord Ovest italiano. A fronte di una spesa annuale di 1.313,04 euro, la sua incidenza sul totale dei consumi sale al 6,99%. E dato che, sempre secondo l'ISTAT, i nuclei che hanno un reddito annuale netto (cioè depurato dalle imposte) inferiore a 12.000 euro sono almeno il 10% delle famiglie che risiedono in Liguria, quella stessa spesa per l'energia domestica arriva a incidere più del 10,9% sul totale dei consumi. In altri termini, se quella famiglia deve anche pagare un affitto oppure un mutuo, solo il mantenimento della casa è suscettibile di assorbire poco meno della metà del reddito disponibile. Cioè quella famiglia è oltre la soglia della povertà.
Per comprendere ancor meglio cosa significhi ridurre sensibilmente una spesa di 1.313,04 euro all'anno, basti ricordare che la Regione Liguria è arrivata a erogare fino all'anno scorso circa 1.100 euro/anno quale integrazione al reddito delle famiglie che vivono in affitto. Mi sto infatti riferendo alle prestazioni sociali garantite dal Fondo Sociale di sostegno agli Affitti... che è costato alle finanze pubbliche più di 10 milioni di euro all'anno.


E adesso arriviamo al "come fare" per alleviare il bilancio familiare dai costi energetici e per evitare che i costi della riqualificazione gravino sulle finanze delle singole famiglie.
Certo non con gli strumenti normativi tradizionali: l’ICI è diventata irrilevante ora più che mai; i contributi in conto capitale oramai sono fuori dalla portata dei bilanci di qualunque livello di governo; qualunque normativa impositiva è da ritenere impossibile anche solo da pensare perché, di fatto, scaricherebbe l’onere finanziario totalmente sui privati. E allora?
Si è pensato quindi di consentire all’edificio (o meglio, all’insieme dei suoi proprietari) che decide di risanarsi energeticamente, di maturare un “credito” di cubatura -anche in zone urbanisticamente oggi definite sature- che è obbligato a mettere sul mercato. L’introito della vendita dovrebbe poi essere totalmente reinvestito per finanziare il risanamento stesso.
Il premio di cubatura, poi, è differenziato in funzione della riduzione del fabbisogno energetico e, in misura minore, anche del livello del mercato immobiliare dell’edificio suscettibile di essere risanato.
Le simulazioni fatte sono confortanti. Ai valori immobiliari desunti dall’Osservatorio del Mercato Immobiliare dell’Agenzia del Territorio, l’operazione è fattibile quasi a costo zero per i proprietari anche nelle zone di minore pregio.

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