martedì 20 dicembre 2011

risposte test

Le risposte del test erano queste:
1 - B
2 - B
3 - C
4 - A
5 - B
6 - A
7 - C
8 - A
9 - B
10 - C
11 - C
12 - B
13 - B
14 - B
15 - C
16 - B
17 - A
18 - B
19 - C
20 - C
21 - A
22 - B
23 - B
24 - B
25 - A
26 - A
27 - C
28 - C
29 - B
30 - B
31 - C
32 - A
33 - B
34 - C
35 - B
36 - C
37 - B
38 - A
39 - A
40 - B

test per agenti immobiliari

Il testo delle domande per il corso destinato agli agenti immobiliari è qui (da copiare e incollare):  https://docs.google.com/open?id=0B79jE8SCdbV3YWU4OTlmMzEtYjJjZS00YTU2LThlOTMtNTUzY2Y1OTRhNmE0

domenica 11 dicembre 2011

un testo "giuridico" a cui ispirarsi

In una slide preparata per illustrare la possibile evoluzione della casa agli studenti, a proposito del SoBon di Munich o della dotazione territoriale italiana e ligure, compare un passo tratto dal Levitico 25:23 "Le terre non si potranno vendere per sempre, perché la terra è mia e voi siete presso di me come forestieri e inquilini”. Non è la voce di un padre del comunismo, mi spiace.

Da Erri De Luca "E disse" la spiegazione a proposito del comandamento "Non rubare(...) però potrai entrare nel campo del tuo vicino e mangiare del frutto del tuo seminato. Non porterai con te cesto Né gerla per riempire e trasportare, perché quello è rubare, sottrarre roba altrui. Ma sul suo campo ti potrai sfamare e ti ricorderai di ringraziare il suo lavoro, il suo bene e la legge che ti permette l'ingresso. E quando è stagione di raccolto il proprietario lascerà una decima parte del campo a beneficio degli sforniti. E ancora: quando i mietitori saranno passati con la falce, non potranno passare una seconda volta a completare. Qual che resta spetta al diritto di racimolare".

Curioso che la soglia della dotazione territoriale per l'edilizia sociale sia proprio il 10%.

martedì 6 dicembre 2011

affitto, giovani e crescita

Sempre con gli studenti di cui ho già postato qualcosa (qui), insieme a Mauro abbiamo anche ragionato su come le nostre città potrebbero agevolare l'avvio del percorso lavorativo dei giovani. Tema quanto mai attuale, anche visto ciò che, finalmente, è stato messo a fuoco nel Decreto "Salva Italia". Sugli strumenti ci si può anche dividere... ma sull'obiettivo proprio no.

E allora veniamo a un vecchio e caro tema di questo blogghetto: la maggiore offerta di alloggi in affitto a canoni più o meno calmierati (qui, e poi qui, e ancora qui, quo, qua). Tema che erroneamente viene interpretato solo come politica sociale ma che, viceversa, è suscettibile di svolgere un buon ruolo a supporto della crescita. O, comunque, della riduzione della disoccupazione (o della sottooccupazione). 

Questa volta, però, faccio parlare Richard Florida. Magari a un insigne studioso si darà più retta. "Un recente studio condotto da Grace Wong, economista alla Wharton School of Business, dimostra che, controllando il livello reddituale e demografico, chi vive in una casa di proprietà non è più felice di chi paga l’affitto, né presenta un minor grado di stress o un maggiore quoziente di autostima."
Ma soprattutto è importante il successivo passaggio. "Un mercato degli affitti più esteso e sano, che offra maggiori possibilità di scelta, renderebbe l’opzione della locazione più allettante agli occhi di un gran numero di cittadini, e l’economia nel suo insieme più flessibile e reattiva. In una fase successiva, occorre incoraggiare la crescita nelle città e regioni meglio attrezzate per reggere la concorrenza nei decenni a venire: le grandi megaregioni che già fanno da traino all’economia, e i più piccoli centri di innovazione, in grado di attrarre talenti, situati all’interno dei loro confini. Penso a luoghi come la Silicon Valley, Boulder, Austin e il «triangolo della ricerca» nella Carolina del nord."
Basta sostituire il nome agli stati con qualche regione italiana o europea e il discorso non cambia di molto.

In altri termini, solo con città in grado di offrire un po' di alloggi in affitto a prezzi accettabili ognuno avrebbe l'opportunità di cercare il lavoro che più è confacente alle proprie aspirazioni e alla propria indole. O, se si preferisce, ai propri skills. E questo, magari, comporta anche lo spostamento dal luogo di nascita. Che, onestamente, non è la peggiore cosa del mondo.
Non sarà certo l'unica opzione per una politica pro-crescita, ci mancherebbe altro, però affitti bassi e in discreta quantità sono il necessario supporto affinché ognuno, o meglio, i più volenterosi, possano andare a cercarsi il proprio destino. Che, detto sinceramente, non mi sembra una prospettiva di policy così irrilevante.

Le politiche urbanistiche ci hanno già messo a disposizione strumenti per far sì che l'offerta in affitto non debba essere più così.


Ma possa, invece, essere così.



sabato 3 dicembre 2011

dalla casa all'abitare

Di recente mi sono trovato a parlare di casa e dell'abitare agli studenti di un Istituto Superiore, nell'ambito di un progetto formativo del mio Ordine provinciale (qui). 

È stata l'occasione per ragionare sulle ricadute che la flessibilità, in primo luogo lavorativa, ha sulle pratiche abitative e sugli assetti spaziali.  Le più importanti fasi della vita di ciascun individuo, cioè il momento in cui si entra nel mondo del lavoro, il momento in cui si mette su famiglia e si acquista per la prima volta la prima casa, il momento della vecchiaia allorché inizia a venire meno l’autonomia individuale, pongono problemi abitativi molto diversi. Ma rispetto a questa variabilità, è del tutto evidente la frizione tra un sistema economico che richiama sempre più capacità di adattamento rispetto al mutare delle condizioni e un’offerta abitativa che, viceversa, è rigida.
Il mercato immobiliare non ha declinato un'offerta adeguata tale da internalizzare quel processo in atto di scomposizione/composizione dell'alloggio: domanda di autonomia dei figli, presenza del lavoro in casa, ospitalità di anziani non autosufficienti, badanti, momentanee possibilità di affittare qualche stanza per integrare il reddito familiare.
La casa è un investimento; le esigenze spaziali stanno sullo sfondo.

Il confronto con i giovani studenti ha invece messo in evidenza la fecondità dell'idea del loft del Nemausus di Jean Nouvel oppure la crescita organizzata nel tempo dei progetti di Elemental (Alejandro Aravena) in Chile o del bellissimo intervento di Laura Weber ad Almere. Allo stesso modo, le pratiche di cohousing ci hanno insegnato come rispetto a tale modello ci siano delle possibilità applicative intermedie utili per risolvere un pò di problemi della terza età (ma non solo di quella). Ne avevo già parlato qui a proposito della Y house di Steven Holl.


Non so quanto sia stato utile l'esperienza per gli studenti: sicuramente lo è stata per me. E' ancora più chiaro il deficit di cultura progettuale nostra, la lontananza dalla ricerca sociale, l'incapacità di pensare in modo diffuso modelli adeguati di edilizia residenziale. Il progetto dell'abitare è astratto perché lontano dalle pratiche abitative reali, si è rintanato nel formalismo sia architettonico sia procedurale.