domenica 8 febbraio 2015

Tra forma e sostanza: ci sono più di 30mila ettari agricoli che non sappiamo come vengano utilizzati

Proseguendo il ragionamento aperto in un precedente post sullo stato del governo dei territori periurbani e realtà delle cose, è utile soffermarci su un altro paio di numerini. Il seminario di venerdì prossimo con il prof. Guido Sali sarà un primo momento per capirci qualcosa di più.

Nel 2007, la SAU ligure arriva a 49.080 ha, il minimo storico. Ma l'analisi satellitare degli usi del suolo evidenzia una quantità di aree riconducibili a quelle agricole quasi doppia: 79.657,91 ha. Queste ultime sono aree non edificate, non caratterizzate da boschi o pascoli, molto probabilmente di buon livello agronomico. Ma estranee alle realtà aziendali.
In qualche caso, è lecito attendersi che tali aree siano coltivate in forma amatoriale dai cosiddetti hobby farmers, cioè persone che dedicano all'attività agricola anche meno di 10 ore/settimana. Ad esempio, un hobby farmer impegnato in olivicoltura, non credo possa andare oltre un impegno di 3.000 mq. Ma ci troviamo di fronte a estensioni di suolo notevoli. A forza di hobby farmers, per spiegare completamente la differenza tra suolo agricolo fotointerpretato e SAU censita dall'ISTAT ci vorrebbero più di 100mila persone estranee alle aziende agricole che nel tempo libero coltivano. Mi sembra francamente un po' troppo.

E allora questi 30mila ha in più cosa sono? Sono anche, se non soprattutto, il portato della disciplina dei "Territori di presidio ambientale" ai sensi dell'art.36 della lr 36/97 e s.m.i. e di tutta la disciplina delle cosiddette "zone agricole" che prescinde dall'uso effettivo della terra a scopi aziendali. Cioè di quella novità introdotta dalla LUR ligure che separa l'operatività urbanistico-edilizia nello spazio rurale dalla presenza effettiva di aziende agricole, in cambio del "presidio" operato anche da altri soggetti sulla base di convenzionamenti con i vari Comuni.
L'atto convenzionale potrà soddisfare, sotto il profilo formale, l'architettura giuridica. Ma sotto il profilo sostanziale, ho la netta impressione che produca superfici potenzialmente produttive destinate all'abbandono.
E abbandonare la terra, oltre ai gravissimi problemi di instabilità dei bacini idraulici, porta ad aggravare localmente una situazione che già oggi è di perdita della sicurezza alimentare, dato che l'Italia solo per circa l'80% è autosufficiente sotto il profilo alimentare.

Sul passato c'è poco da recriminare. Al più, serve per cambiare rotta imparando dall'esperienza. Mi par di capire, però, che la revisione della LUR in discussione si fondi, da un lato, sulla notevole fiducia nello strumento della convenzione, e dall'altro, si fondi sul blocco dell'operatività nello spazio rurale via "stop al consumo di suolo".
La risposta possibile, a una situazione di decremento così sensibile della superficie coltivata, ha bisogno di un'impostazione fondata non tanto sulla forma (l'obbligo convenzionale), quanto sulla sostanza. Cioè sull'effettivo uso in senso economico della terra. Da qui l'interesse per le questioni microeconomiche del seminario "Potenzialità economiche e gestionali delle aree agricole multifunzionali di frangia".
Molto più pertinente, ad esempio, può essere lo strumento della Banca della Terra introdotto dall'art.6 della lr 4/2014 che punta proprio a reimmettere nel ciclo produttivo i suoli che attualmente ne sono estranei.

sabato 31 gennaio 2015

L'agricoltura multifunzionale: alcune ragioni per un seminario

Il 13 febbraio a Bordighera si terrà un seminario sul tema della multifunzionalità nelle aree agricole con la partecipazione del prof. Guido Sali dell'Università di Milano. Quali sono alcune delle ragioni che hanno condotto a organizzare l'evento formativo?

Le città costiere liguri, negli ultimi vent’anni, hanno molto allargato i loro margini fino a interessare vaste porzioni di territorio periurbano, dando origine a tessuti estensivi caratterizzati da sommarietà delle urbanizzazioni, precarietà dei valori di immagine e attività agricole tendenzialmente in abbandono (ad es. le serre). In molte parti della fascia periurbana del continuum urbanizzato costiero, segnatamente laddove vigeva il regime paesistico del PTCP di Insediamento Sparso in regime di Mantenimento (IS-MA), non è raro registrare insediamenti con densità territoriale addirittura pari a 0,10 mc/mq che sono l’esito di un lungo processo di erosione incrementale delle zone agricole dei piani urbanistici.
Questi spazi tra la città e la campagna più profonda sono spesso spazi senza qualità perché sono portatori di una doppia forma di marginalità, prodotta da un lato dai processi di degrado delle periferie urbane senza spazi aperti pubblici e aree verdi, in attesa di processi di valorizzazione immobiliare, e dall’altra, dalla campagna periurbana che viene abbandonata, senza qualcuno che la coltivi o la curi.
Rispetto a queste parti del territorio, il compito della pianificazione di ogni livello dovrebbe essere quello di porsi il problema della loro rigenerazione, secondo un patto che possa coniugare le funzioni urbane che comunque vi si svolgono con l’identità agricola che permane.

In questa parte di Liguria si fronteggiano diversi scenari interpretativi e conseguentemente progettuali. Il primo dei quali è quello degli ultimi vent’anni, che vede la città espandersi e la campagna occupata dalle nuove parti urbane, più o meno rade.
Il secondo scenario è quello assunto dallo schema di Piano Territoriale Regionale (PTR), impostato sulla definizione di un bordo urbano: da una parte la città e dall’altra parte la campagna. In questo scenario, lo spazio agricolo è sostanzialmente indifferente alla città e la città lo è altrettanto rispetto allo spazio agricolo.
Il progetto di piano del PTR, ormai arrivato alle soglie dell’approvazione -ma ad oggi non ancora approvato e, probabilmente, neppure al termine della legislatura in corso- è chiaramente un progetto in negativo, nel senso che con la classificazione in “Liguria Agricola” o con i “Balconi Costieri” e la “Campagna Abitata” persegue l’obiettivo di porgere un robusto freno al consumo di suolo.

Lo schema di PTR dice di sé (qui): in periodo di crisi, in che modo un piano può dare una mano? In primo luogo, quando riesce a sintonizzare le proprie parole con il Paese.
E la realtà ligure cosa dice? Dice che la Superficie Agraria Utilizzata (SAU) era 92.482,67 ha nel 1990, per poi passare a 62.605,33 ha nel 2000 e finire con soli 49.080,00 ha nel 2007. In altri termini, l’estensione della SAU negli ultimi vent’anni è crollata, arrivando a coprire circa il 9,2% della superficie territoriale dell’intera Liguria. Il 9,2% è il tasso di copertura agricolo più basso d’Italia.
Anche se l’analisi passa dal dato statistico a quello della rilevazione cartografica, le informazioni continuano a essere fonti di preoccupazione: l’estensione del suolo classificabile come agricolo è 79.657,91 ha, quasi il doppio della SAU. Cioè, esistono più di 30.000 ha di suolo agricolo in stato di abbandono.

A fronte di questa lettura, è del tutto evidente che la mera imposizione vincolistica e la sola riduzione degli indici edificatori possono poco; soprattutto, molto difficilmente possono invertire una tendenza strutturale alla riduzione della superficie aziendale coltivata in Liguria.

Ciò che è stato assente nel dibattito pubblico, almeno fino ad oggi, è una reale valutazione delle possibilità di generare un reddito adeguato da parte delle attività agricole multifunzionali e, al contempo, di remunerare i capitali investiti. In altri termini, se per i proprietari fondiari per un lungo periodo di tempo è stato più conveniente “coltivare case”, oggi quali possono essere le convenienze attivabili per far sì che il “coltivare case” possa essere sostituito? 










E quindi, quale possibilità può avere il considerare il soggetto che opere nel territorio agricolo come un operatore multifunzionale che, oltre a coltivare i campi in modo tradizionale, possa abbinare a ciò: l'agriturismo; l'agricoltura sociale; la vendita diretta; la trasformazione o manipolazione di prodotti agricoli aziendali; la produzione di energia;  il contoterzismo; le attività funzionali alla sistemazione e alla manutenzione del territorio, alla salvaguardia del paesaggio agrario e forestale, alla cura e al mantenimento dell'assetto idrogeologico; la trasformazione di prodotti agricoli per conto di terzi.