Mi fa piacere ritornare dopo un po' di tempo a scrivere qualcosa citando questo stralcio da un ragionamento di Giovanni Caudo riferito al Piano per le Città che ho appena letto.
"Il decreto riafferma la potestà del governo centrale a formulare iniziative rivolte alle Città, alla rigenerazione della città costruita. Mi pare un punto da non sottovalutare e sul quale pretendere che si vada avanti in modo serio, non frettoloso o perché sospinti dalla sollecitazione mediatica.
Rivendichiamo la possibilità che ci sia un’attenzione nazionale sulle città. In Italia da decenni non ci sono più politiche urbane e, invece, le città costituiscono una carta da giocare per uscire dal declino. Le politiche urbane degli anni Novanta (ricordate i vari Pru, Prustt, ecc…) sono ormai finite in una sorta di vicolo cieco, lasciate alle capacità dei singoli comuni.
Il secolo nuovo, nei suoi primi dieci anni, ha portato una “mistificazione” della questione urbana. Le politiche della sicurezza da una parte e il dibattito sul federalismo municipale, dall’altro, hanno dominato il discorso pubblico e hanno evitato che si affrontassero le questioni urbane entro a un quadro di respiro strategico che ne evidenziasse l’interesse nazionale dinanzi ai cambiamenti che le città hanno registrato nel ventennio a cavallo tra il secolo vecchio e il nuovo. Le città hanno subito cambiamenti profondi, per alcuni versi radicali."
È proprio così. La leva delle città andrebbe meglio sfruttata per superare il declino. Per il come, ci saranno altri post. Per il momento, mi accontento di sentire qualcuno che evita la solita polemica sui metri cubi in variante o roba del genere.
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