Sul numero monografico di Abitare dedicato a Renzo Piano, Stefano Boeri intervistando Piano ne sintetizza il pensiero progettuale come meglio non avevo mai visto fare.
"... c'è un gesto compositivo ricorrente anche in opere molto lontane nel tempo: qualcosa che ha a che vedere con un principio di sollevamento del terreno. Un gesto tettonico, anche di una certa semplicità, che genera aeroporti, musei, luoghi pubblici. (...) Molti dei tuoi progetti si presentano in ultima analisi come architetture nate da un gesto di distacco antigravitazionale della superficie di copertura da quella di calpestio. Il vuoto che resta, lo spessore tra le due superfici, liberato da griglie troppo fitte di pilastri, ospita i luoghi dell'abitare. (...) E' l'idea dell'architettura come arte per sollevare immense superfici di suolo, sotto le quali lasciare fluire l'imprevedibile movimento della vita quotidiana (...)".
E' proprio questa tensione verso una sorta di espressionismo sociale che mi ha sempre interessato, da Mies Van der Rohe in avanti.
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