giovedì 12 marzo 2009

riqualificazione urbana o incrementalismo?

Pietro Pagliardini (qui) nota come il disegno di legge governativo relativo al cosiddetto "Piano Casa" ha anche del buono. La tesi è che si potrebbe aprire una fase in cui "poter ridefinire i limiti della città, poter ridare un’immagine compatta e leggibile alla città nel suo complesso, riuscire a distinguere tra città e campagna potrebbe essere possibile con il metodo della demolizione e della ricostruzione con un disegno urbano appena decente e (...) orientato all’urbanistica della strada e dell’isolato, della connessione e delle reti."
Mi pare molto condivisibile, infatti, orientare le politiche urbane verso quella fascia di "non città" compresa tra il nucleo urbano più duro del centro e la campagna. E' proprio qui dove è opportuno concentrare le migliori energie, anche finanziarie.

Nello stesso momento, Stefano Boeri (qui) evidenzia che lo stesso disegno di legge risponde a tre diverse idee: "la prima è di proporre una mobilitazione delle risorse individuali di migliaia di famiglie e piccoli proprietari capace di arginare la crisi e di trasmettere una scossa al sistema delle imprese edili italiane. La seconda è di esautorare le burocrazie delle amministrazioni locali, responsabilizzando al loro posto un’intera categoria professionale, quella degli architetti e degli ingegneri. La terza è di legare questa mobilitazione individualista all’opportunità di rinnovare anche dal punto di vista della sostenibilità ambientale uno stock edilizio ormai desueto e divoratore di energia."
Soprattutto la terza mi sembra una delle poche strade percorribili per riqualificare lo stock immobiliare italiano dal punto di vista energetico. Senza qualche incentivo, infatti, l'idea è destinata a rimanere lettera morta.

Ma allora il problema dove sta?
Se la proposta di legge risponde alla logica di Boeri, quello che propone Pagliardini non è raggiungibile. La scala del capitale (e quindi dell'intervento edilizio) a cui sembrerebbe rivolgersi il Governo non è quella più opportuna per provare a ridisegnare i limiti della città. Non si riesce a incidere sulla qualità dello spazio pubblico e sul disegno urbano con una logica di accrescimento di tipo incrementale. Gli interlocutori mi sembrano radicalmente differenti.

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