Su Eddyburg, Paolo Berdini fa un'analisi delle proposte di legge per il governo del territorio attualmente agli atti parlamentari.
Merita evidenziare alcuni capisaldi del ragionamento che, di fatto, può anche essere considerato un indice per ogni discussione.
L’impianto culturale che sorregge le quattro proposte poggia su due convinzioni:
a) che il futuro del territorio possa essere delineato con il concorso della proprietà immobiliare;
b) che si possa fare a meno della fondamentale disciplina sugli standard urbanistici che, come noto, riconosceva esteso sull’intero territorio nazionale il diritto alla quantità minima di spazi per servizi pubblici e verde. In questo senso, i quattro progetti di legge abrogano l’istituto delle dotazioni minime estese all’intero territorio nazionale, sostituendolo con la possibilità che ogni regione definisca le proprie.
Vediamo il grande assente.
Il fenomeno unificante delle trasformazioni territoriali degli ultimi due decenni è stato senz’altro il consumo di suolo: mi sembra, onestamente, affermazione incontestabile. Nessuna delle tre proposte parlamentari affronta efficacemente la questione.
Curioso, poi, che a fronte di questa assenza particolarmemte rumorosa, sia presente il concetto della “valorizzazione dell’ambiente”. Ma il controllo del consumo di suolo, in quanto risorsa finita e non sostituibile, non è un classico tema ambientale?
Infine, veniamo agli strumenti che vengono introdotti dalle nuove proposte legislative.
A) Permane il concetto della concorrenzialità. Si sostiene che il piano strutturale può contenere alternative da sottoporre a procedura concorrenziale in sede di piano esecutivo: il futuro delle città può essere deciso sulla base di alternative proposte dagli operatori immobiliari.
B) Sono molto presenti gli istituti della compensazione e premialità. A parte ogni altra valutazione, mi sembra di particolare interesse (nel senso che è meglio approfondirselo) allorché viene prevista la compensazione anche nei confronti “dei vincoli ablativi di edificabilità” con cui, di fatto, sembra superarsi l’impianto vincolistico accettato dalle stesse sentenze della Corte costituzionale: anche i vincoli paesaggistici devono essere “compensati”.
Merita evidenziare alcuni capisaldi del ragionamento che, di fatto, può anche essere considerato un indice per ogni discussione.
L’impianto culturale che sorregge le quattro proposte poggia su due convinzioni:
a) che il futuro del territorio possa essere delineato con il concorso della proprietà immobiliare;
b) che si possa fare a meno della fondamentale disciplina sugli standard urbanistici che, come noto, riconosceva esteso sull’intero territorio nazionale il diritto alla quantità minima di spazi per servizi pubblici e verde. In questo senso, i quattro progetti di legge abrogano l’istituto delle dotazioni minime estese all’intero territorio nazionale, sostituendolo con la possibilità che ogni regione definisca le proprie.
Vediamo il grande assente.
Il fenomeno unificante delle trasformazioni territoriali degli ultimi due decenni è stato senz’altro il consumo di suolo: mi sembra, onestamente, affermazione incontestabile. Nessuna delle tre proposte parlamentari affronta efficacemente la questione.
Curioso, poi, che a fronte di questa assenza particolarmemte rumorosa, sia presente il concetto della “valorizzazione dell’ambiente”. Ma il controllo del consumo di suolo, in quanto risorsa finita e non sostituibile, non è un classico tema ambientale?
Infine, veniamo agli strumenti che vengono introdotti dalle nuove proposte legislative.
A) Permane il concetto della concorrenzialità. Si sostiene che il piano strutturale può contenere alternative da sottoporre a procedura concorrenziale in sede di piano esecutivo: il futuro delle città può essere deciso sulla base di alternative proposte dagli operatori immobiliari.
B) Sono molto presenti gli istituti della compensazione e premialità. A parte ogni altra valutazione, mi sembra di particolare interesse (nel senso che è meglio approfondirselo) allorché viene prevista la compensazione anche nei confronti “dei vincoli ablativi di edificabilità” con cui, di fatto, sembra superarsi l’impianto vincolistico accettato dalle stesse sentenze della Corte costituzionale: anche i vincoli paesaggistici devono essere “compensati”.
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