martedì 25 dicembre 2007

un pò di teoria per il finanziamento privato della città pubblica

In questo ultimo anno ho un pò riflettuto sul finanziamento privato alla città pubblica, segnatamente sotto forma di nuova edilizia residenziale sociale (che diventa nuova dotazione territoriale). Ne è venuta fuori la legge regionale (Liguria) 38/2007.
Roberto Camagni affronta il tema e ne dà una lettura di buon profondità (e non poteva essere altrimenti). Inizia l'esame del testo.

"L’intero ragionamento sul finanziamento degli investimenti pubblici prende le mosse dall’evidenza della crisi del modello tradizionale, che vedeva lo stato farsi carico di tutte le anticipazioni necessarie, stampando moneta (fino agli anni ’70) o emettendo titoli del debito pubblico. Lo sviluppo economico che ne seguiva, generando redditi (profitti, salari, rendite) e consumi, permetteva, attraverso la tassazione, di ripianare il debito. La crisi fiscale dello stato, generata dall’accumularsi esplosivo di deficit di bilancio pubblico e dal costo del conseguente servizio del debito per interessi, ha generato una impossibilità per lo stato di contrarre nuovi debiti per finanziare gli investimenti pubblici. Di qui la ricerca di modalità nuove di finanziamento dei pur necessari interventi, nell’attesa di generare risparmio pubblico sufficiente attraverso la riduzione delle spese correnti.

E’ importante subito comprendere che la rendita fondiaria urbana, intesa come il valore di scambio per l’uso del suolo, è ineliminabile: essa infatti si manifesta come la controparte in termini di valore dei vantaggi localizzativi offerti da ciascuna particella di suolo urbano.
(...)
I vantaggi localizzativi a loro volta sono creati dalla localizzazione dei seguenti asset:
- i beni pubblici di accessibilità,
- i beni pubblici di qualità urbana e ambientale,
- i servizi pubblici localizzati,
- la dimensione complessiva della città e la sua generale attrattività (efficienza, qualità della vita, identità).
Dunque: i vantaggi localizzativi (e la conseguente rendita fondiaria) sono creati dagli investimenti pubblici, dalla pianificazione e da quello che gli economisti classici chiamavano lo “sviluppo generale della società”. In conseguenza la rendita fondiaria sarebbe “un reddito non guadagnato”, che deriva da quanto accade per decisione in parte pubblica e in parte privata nello spazio circostante di ogni unità territoriale.
Importante è la conseguenza pratica che segue da questo ragionamento: come affermava Alfred Marshall alla fine dell’ottocento, se la rendita fondiaria fosse tassata al 100%, ciò costituirebbe uno sconvolgimento politico maggiore, ma dal punto di vista economico non genererebbe alcun effetto, “il vigore dell’industria e dell’accumulazione non ne sarebbe necessariamente danneggiato”.

E' solo per memoria che, in successive ristampe dei suoi Principles, Marshall abbia censurato questa frase: era intervenuta nel frattempo l’enciclica Rerum Novarum di Leone XIII, che scomunicava, insieme al marxismo, il “georgismo”, la dottrina che prevedeva un’unica imposta del 100% sulla rendita e l’abolizione delle imposte su profitti e salari.

"Da tutto quanto precede, si può derivare la giustificazione per il secondo tipo di interventi, (...), per finanziare la produzione di beni pubblici urbani: la tassazione dei plusvalori fondiari derivanti dall’offerta e la localizzazione di nuovi beni pubblici (in una percentuale da definire “politicamente”).
(...)
Questo tipo di interventi può assumere tre forme parzialmente differenti:
- il “ recapture” di plusvalori patrimoniali immobiliari derivante dalla fornitura di beni pubblici localizzati (ad esempio, nuove stazioni lungo linee di trasporto pubblico metropolitano); le betterment levies inglesi e i contributi di miglioria specifica introdotti per qualche anno nella nostra legislazione negli anni ’60 appartengono a questa categoria;
- la tassazione dei developer, che trasformano terreni urbani divenuti appetibili grazie alla sopravvenuta (maggiore) centralità, anche attraverso procedure negoziali divenute normali nella maggior parte dei paesi avanzati;
- la internalizzazione di esternalità: con questo termine si intende la valorizzazione di terreni adiacenti alle aree di nuova accessibilità (nuove stazioni) attraverso la concessione di permessi di costruire edifici a varia funzionalità, in modo da poter generare plusvalori fondiari e immobiliari rilevanti da far rientrare nella disponibilità pubblica attraverso una tassazione. Nella maggior parte dei casi internazionali, il developer è costituito qui da una grande agenzia pubblica, ma niente vieta che si tratti di privati con i quali avviare una negoziazione pubblico/privato."

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