mercoledì 26 dicembre 2007

tschumi a tourcoing: lo spazio "tra"

Mi è sempre interessato ragionare, allorchè si parla di architettura, sulle tecniche di organizzazione dello spazio.

La riflessione sulla disgiunzione e sulla delocalizzazione, da Eisenman a Bernard Tschumi, ha stimolato, tra la fine degli anni ottanta e l'inizio dei novanta, l'invenzione di nuove tecniche di organizzazione dello spazio che sono state ampiamente utilizzate dagli architetti decostruttivisti. Tra queste una ha aperto a sviluppi successivi: è la tecnica denominata "In between". E' l'intervento su spazi che non sono né interni né esterni, ma, nello stesso tempo, interagiscono sulle architetture limitrofe dall'esterno verso l'interno, e sull' ambiente circostante dall'interno verso l'esterno.

E' quanto è stato indagato, ad esempio, da Tschumi nel centro (il National Studio for Contemporary Art ) Le Fresnoy a Tourcoing.
Il sito prescelto per la scuola è un lotto su cui insistono alcuni edifici, costruiti a partire dal 1905, che, dopo alterne vicissitudini, sono stati trasformati in un centro ricreativo per gli operai dell'area industriale di Tourcoing dotato di un parco giochi con sala da ballo, pista di pattinaggio, cinema da 1000 posti, arena pugilistica, bar e ristorante e, infine, abbandonati nel 1970.
Tschumi, aderendo all'invito del bando di concorso, li mantiene, apportandovi pochissimi miglioramenti. Questo porterà a ridurre al minimo la realizzazione di nuove volumetrie aggiuntive per completare l'intervento. Si limita a costruire nello spazio libero un manufatto destinato a cinema, sale di registrazione e uffici amministrativi. Ma, soprattutto, copre l'intero complesso con una copertura metallica di circa 100x80 metri, realizzata con parti opache e parti traslucide.

La copertura unica conferisce all'intero complesso coerenza d'immagine e, nello stesso tempo, contribuisce a mettere in risalto la differente morfologia degli edifici che ricopre. Inoltre, e soprattutto, tra il metallico nuovo tetto e quelli preesistenti ricoperti in laterizio si apre uno straordinario spazio interstiziale, uno spazio entre-deux. È un luogo intensamente abitato da camminamenti, da entrate alle aule nei sottotetti e anche di luoghi per stare o assistere ad avvenimenti magari dalle falde dei tetti esistenti che sono stati apposta rafforzati.

Tale struttura nella sua sovrapposizione viene a determinare uno spazio del tutto inconsueto che Tschumi chiama in-between. L'in-between è un ambito che si configura nella presa di coscienza della sua dimensione interstiziale, dove concorrono diversi campi di indagine: studio e ricerca, arte e sperimentazione, cinema e musica.





Così Antonino Saggio (ma anche qui): "L'in-between assume in questo progetto una declinazione che apre a pensieri sulle relazioni tra l'esistente e il nuovo, tra il passato industriale e il presente elettronico e mediale, tra la nostra idea di esterno e quella interno, tra i movimenti rigidi di un corpo meccanico e taylorizzato e i movimenti fluidi legati alle informazioni e alle interconnessioni.
(...)
L'architettura non nasce più pura, nuova e sola, ma si incunea, riammaglia, attraversa ed è continuamente attraversata dal già esistente. Si risparmiano così nuove aeree dall'edificazione e si creano spazi in sintonia con un generale interesse verso líibridazione e la complessità. L'operare "tra", per i suoi sostenitori e teorici, è infatti intimamente legato alla fase storica che stiamo vivendo. Se "i volumi puri" di Le Corbusier davano la direzione alla conquista del territorio da parte della civiltà industriale, l'in-between vuole appartenere alla civiltà post-industriale che ha sostituito l'implosione all'espansione."

L'in-between (in Italiano "il tra"), come le più antiche frasi di Sullivan ("la forma segue la funzione"), Mies ("il meno è il più") o Le Corbusier ("il gioco sapiente dei volumi sotto la luce") rappresenta per gli architetti un vero e proprio strumento di lavoro. O, come si dovrebbe dire un pò pomposamente, un dispositivo per costruire il mondo.

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