sabato 16 febbraio 2008

casa e pianificazione: la legge ligure

1) Una necessaria premessa: un nuovo protagonismo per gli Enti Locali
La nuova lr 38/07 e s.m.i. assume quale orizzonte di riferimento il fatto che le responsabilità delle politiche abitative chiamano in causa in modo diretto sia la Regione e sia il sistema delle Autonomie locali liguri, a partire dalle competenze sull’ERP a esse trasferite in modo definitivo con la riforma del titolo V della Costituzione.
Il ridisegno dell’intervento pubblico nel settore abitativo in Liguria passa quindi attraverso una diversa articolazione delle competenze istituzionali, attribuendo un ruolo centrale ai Comuni non solo in riferimento alle tradizionali funzioni amministrative riferite all’ERP ma come soggetti di governo attivo delle politiche abitative a livello territoriale.
Questa più forte responsabilizzazione dei Comuni è suscettibile di tradursi in un superiore impegno –anche rispetto al recente passato- a utilizzare gli strumenti urbanistici e l’insieme delle leve di cui dispone il settore del governo del territorio, per favorire processi di investimento pubblico e, soprattutto, privato sugli obiettivi di politica abitativa e segnatamente all’incremento del patrimonio abitativo destinato all’Edilizia Residenziale Sociale, a cominciare dalla tradizionale Edilizia Residenziale Pubblica (ERP).

2) Politiche abitative e pianificazione: i “nuovi” compiti del piano
A seguito dell’avvenuta approvazione della lr 38/07 e s.m.i., l’obiettivo che deve porsi la revisione obbligatoria del piano comunale è plurimo.
In primo luogo vi è l’esigenza di adempiere in forma aggiornata alla missione che, tra le altre, la legge affida alla pianificazione urbanistica fin dal 1962 (legge 18 aprile 1962 n.167): rendere concretamente possibile l’accesso alla casa anche alle categorie meno aggressive, cioè a tutti i cittadini.
La declinazione operativa di tale obiettivo implica, in primo luogo, il problema del finanziamento della nuova ERP. A tal fine è indispensabile che ogni trasformazione urbanistico-edilizia di una certa dimensione sia prevista una quota, anche modesta, di edilizia pubblica e siano disposti eventualmente gli incentivi utili per sollecitare la realizzazione di ulteriori quote di edilizia residenziale sociale.
Alla pianificazione comunale viene quindi assegnato il compito non solo di accertare il fabbisogno di ERS e di edilizia primaria ma, ovviamente, di provvedere realmente al suo soddisfacimento.
Tale soddisfacimento verrà a essere assicurato, in primo luogo, attraverso la cessione obbligatoria al Comune di quote di edificabilità da parte dei soggetti attuatori che realizzano interventi di trasformazione urbanistico-edilizia, segnatamente all’interno dei distretti di trasformazione così come disciplinati dalla lr 36/97 e s.m.i.
Una sfera previsionale di questo tipo è da considerare tipica di uno Strumento Urbanistico Generale sia esso un Prg o un Puc, quale strumento non di semplice pianificazione urbanistica ma di governo del territorio, finalizzato a individuare le regole di uno sviluppo sostenibile, ossia volto ad assicurare uguali potenzialità di crescita del benessere dei cittadini e a salvaguardare i diritti delle generazioni presenti e future a fruire delle risorse del territorio.

In secondo luogo, c’è l’esigenza di superare la logica segregativa che fino a ieri ha condotto a realizzare l’edilizia pubblica, insieme alla convenzionata, in territori separati dalla città “normale” (i villaggi PEEP); si vuole raggiungere invece una completa integrazione di tutte le componenti del corpo urbano, inserendo le case “economiche” nel tessuto continuo della città, tra le altre residenze e soprattutto tra le altre funzioni e a stretto contatto con la più ampia gamma di servizi.

3) L’innovazione profonda dalla lr 38/07: la casa quale nuova dotazione territoriale
Le norme di modifica alla lr 36/97 e s.m.i. (la legge urbanistica regionale in Liguria) previste dal Titolo V della lr 38/07 e s.m.i. mirano ad assicurare che la trasformazione del territorio avvenga nel contemperamento delle diverse esigenze che a tale trasformazione sono connesse e, nello specifico, all’esigenza di far accedere al godimento dell’abitazione anche soggetti e categorie economico-sociali che non potrebbero farlo sulla base della normale contrattazione di mercato, ovvero perché non ammessi alle provvidenze per l’ERP.
La ricercata intersezione tra politiche abitative e governo del territorio ha quindi richiamato l’introduzione di una nuova tipologia di dotazioni territoriali, relativa agli interventi di ERP e aggiuntiva rispetto alle infrastrutture e servizi pubblici o di uso pubblico (standard urbanistici) già previsti dalla legislazione vigente.

Più in particolare, l’abitazione sociale, in questa idea, non è solo una risposta di solidarietà e di coesione sociale, ma diviene anche un’esigenza da perseguire per far funzionare meglio le città, per migliorarne la qualità urbanistica e sociale.
Questo per una semplice considerazione: se l’ERP è da considerare come un sevizio di interesse pubblico (come le scuole, il verde e le altre attrezzature urbane e di quartiere) e se è tale perché destinata al soddisfacimento della domanda abitativa proveniente dai ceti deboli, appare evidente come sia utile o inevitabile trattarla come dotazione territoriale da cedere gratuitamente al Comune o ad Enti esplicitamente vocati al compito di rispondere alla domanda di abitazione sociale.
L’obiettivo è quindi quello di impedire che la rendita fondiaria si appropri integralmente dell’incremento dei valori immobiliari operando, invece, perché la distribuzione di questi valori avvenga sull’intero organismo urbano in funzione di una maggiore equità sociale, di trasformazioni urbane sostenibili e stimolando la proprietà privata a partecipare alla costruzione della città pubblica, piuttosto che contrapporsi ad essa.
In tal senso, anziché determinare tali condizioni di accesso mediante la riserva di apposite aree edificabili, sottratte alla dinamica della rendita fondiaria urbana, come era nella tradizionale formulazione del PEEP, il piano comunale è chiamato a introdurre una riserva di interventi, mediante l’assegnazione di una quota, non inferiore a quote percentuali autonomamente stabilite dal piano stesso, della superficie utile maturata con le trasformazioni urbanistiche più significative.
La norma non introduce un quid novi rispetto a quanto espressamente previsto dalla legislazione vigente in materia di “edilizia economica e popolare” ma semplicemente applica a una precisa (anche se generale) fattispecie quella facoltà di convenzionamento che la legge riconosce con ampiezza agli Enti locali per far fronte al fabbisogno di residenza di tutte le fasce sociali.

In prima applicazione, nelle more delle varianti ai PRG o ai PUC vigenti di ogni comune costiero e di quelli definiti come ad alta problematicità abitativa, la quota di edificabilità che dovrà essere ceduta dal soggetto attuatore per essere destinata a ERP è fissata nel 10% dell’edificabilità complessiva.

4) Le innovazioni per la pianificazione
4.1) La definizione di residenza primaria
Una delle novità introdotte dalla lr 38/2007 e s.m.i. riguarda l’enucleazione all’interno della categoria logico-giuridica della “residenza” della specifica tipologia d’uso identificata quale “residenza primaria”, cioè l’alloggio comunemente e giuridicamente definito come “prima casa” e che come tale usufruisce delle agevolazioni fiscali previste per tale tipologia.
La tipologia d’uso della residenza primaria si differenzia dagli altri modi d’uso che caratterizzano la più ampia categoria della residenza; senza la pretesa dell’esaustività, le altre forme d’uso possibili risultano quindi essere:
· gli alloggi utilizzati per esempio a fini lavorativi o di studio e di cura;
· gli alloggi per il tempo libero e vacanze, cioè quelli occupati saltuariamente per vacanze, fine settimana o comunque per periodi limitati di tempo a fini turistico ricreativi;
· gli alloggi comunque utilizzati dal proprietario per esigenze di natura personale, purché diverse da quelle del tempo libero di cui al punto precedente;
· gli alloggi affittati a non residenti, purché diversi da quelli utilizzati per il tempo libero e vacanze;
· gli alloggi non utilizzati perché sfitti.

4.2) Il dimensionamento del piano
I Comuni, a norma della nuova lr 38/07 e s.m.i., devono procedere all’adeguamento dei propri piani determinando il dimensionamento residenziale totale.
Il calcolo del dimensionamento complessivo di residenza del piano, a differenza della prassi corrente, sarà comprensivo essenzialmente di due quote distinte:
· la quota relativa al fabbisogno di residenza primaria correlata con le effettive necessità abitative e socioeconomiche della popolazione, comprensiva del segmento relativo all’ERP e alle altre categorie di ERS ovvero dell’edilizia in proprietà a prezzi convenzionati;
· la quota parte relativa alla residenza non primaria, tra cui quella per il tempo libero e vacanze, ritenuta compatibile con le esigenze di tutela paesaggistico-ambientale del territorio comunale e tenuto conto degli eventuali limiti fissati dalla pianificazione di coordinamento provinciale.

4.3) La determinazione dell’entità della dotazione territoriale
Sono trascorsi 40 anni da quando la legge 167 impose ai comuni con popolazione superiore ai 50.000 abitanti la formazione di un “Piano delle zone da destinare alla costruzione di alloggi di carattere economico o popolare nonché alle opere ai servizi complementari, urbani o sociali, ivi comprese le aree a verde pubblico”. L’estensione delle zone da includere nei piani è determinata, diceva la legge, “in relazione alle esigenze dell’edilizia economica e popolare per un decennio e non può essere inferiore al 40% e superiore al 70% di quella necessaria a soddisfare il fabbisogno complessivo di edilizia abitativa nel periodo considerato”.
Il legislatore regionale, con la lr 38/2007 e s.m.i. ha abbandonato ogni contingentamento predefinito dell’offerta abitativa sociale lasciando invece alle determinazioni delle autonomie locali in materia di governo del territorio sia la definizione del fabbisogno abitativo sia la conseguente modalità del suo soddisfacimento.
L'articolo 26, comma 2 della più volte ricordata lr 38/2007 e s.m.i. specifica e integra il nuovo principio secondo il quale gli interventi edilizi devono cedere una quota minima di capacità edificatoria per l'edilizia residenziale sociale e, in particolare, per l’ERP.
Tale quota minima, però, non viene univocamente fissata dalla legge in modo che costituisca un livello minimo da assicurare su tutto il territorio regionale ma, viceversa, al singolo piano comunale viene assegnato il compito di accertare il fabbisogno di edilizia sociale e di provvedere conseguentemente al suo soddisfacimento.
A livello regionale, attraverso il Programma Quadriennale per l’edilizia Residenziale (PQR), vengono unicamente definiti i criteri generali, analogamente a quanto già avviene per gli oneri concessori, per la determinazione dell’entità della nuova dotazione territoriale. Quest’ultima è suscettibile di essere determinata in funzione di due differenti elementi:
· il fabbisogno accertato di edilizia residenziale sociale che è suscettibile di essere distribuito tra l’insieme delle trasformazioni urbanistico-edilizie;
· l’incremento di valore fondiario stimato a seguito della singola trasformazione urbanistico-edilizia che è direttamente dipendente dal valore di mercato degli immobili nello specifico ambito ove si localizza la trasformazione stessa.

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