domenica 18 maggio 2008

Edilizia pubblica: riforma dell'organizzazione gestionale

L’individuazione dell’architettura gestionale più efficiente del patrimonio edilizio pubblico mi sembra debba prendere le mosse dai principali nodi da risolvere:
a) quali sono i campi di azione di un gestore, e cioè quali sono i comparti immobiliari oggetto dell’azione del gestore;
b) quali sono le possibili attività del gestore e come queste possano essere utilmente combinate al fine di aumentare il livello di efficacia della gestione stessa;
c) quali sono i requisiti di base delle strutture chiamate a ridisegnare il rapporto tra enti proprietari e gestori del patrimonio immobiliare.


A) I campi di azione: superare la focalizzazione sul segmento della residenza
In termini generali si possono individuare cinque comparti immobiliari fondamentali:
a) gli immobili terziari a uso ufficio;
b) gli immobili specialistici, con particolare riferimento agli immobili ad elevato coefficiente tecnologico come, ad esempio, i complessi ospedalieri, ecc.;
c) i grandi patrimoni immobiliari residenziali (potremmo porre la soglia dei grandi patrimoni immobiliari residenziali al di sopra delle 2.000 unità abitative);
d) gli aggregati di piccoli e minimi patrimoni immobiliari;
e) i patrimoni misti.

Rispetto a questa classificazione generale, i campi di azione prioritari di una struttura di gestione che punti a superare le ARTE così come configurate dalla lr 9/98 dovrebbero essere focalizzati ovviamente sul settore residenziale:
- i grandi patrimoni residenziali privati (enti previdenziali, assicurazioni, istituzioni creditizie, ecc.) o comunque pubblici (ASL, ARSSU, Demanio, ecc.) ma non vincolati all’ERP o alle altre tipologie di ERS, laddove il problema prevalente è quello del rendimento (di come aumentarlo) e della gestione degli avvicendamenti dei conduttori;
- i grandi patrimoni residenziali in affitto sociale che, in linea generale, presentano tre problematiche di riferimento, quali la riqualificazione e l’adeguamento funzionale del patrimonio, la gestione dei conduttori al fine di migliorare l’efficacia sociale complessiva dello stock abitativo, la riduzione dello sbilancio;
- gli aggregati di piccole e piccolissime proprietà in affitto, comprendendo anche gli immobili secondari, con particolare riferimento all’uso per studio e lavoro. In questo specifico segmento, il meccanismo di base è l’affidamento in gestione, da parte di moltissimi piccoli proprietari, ad un gestore unico a causa dell’affidabilità di questo, delle garanzie che offre, dei costi nettamente inferiori, ecc. E lo strumento amministrativo è quello dell’Agenzia sociale per la casa.

Però, se il riequilibrio nel comparto dell'edilizia residenziale in affitto resta il fine ultimo dell'azione del sistema ERS, ciò non deve però comportare necessariamente la limitazione del campo di intervento al solo settore residenziale: al contrario spesso il riequilibrio delle condizioni abitative può essere raggiunto più rapidamente e con una più elevata resa delle risorse impegnate, componendo un insieme strutturato di interventi collocati in diversi settori funzionali. In questa logica la possibilità di espandere l'azione al di là dei confini del settore residenziale costituisce un fattore di assoluta rilevanza.
E, inoltre, si pone l’altro problema della ricerca di tutte le possibili economie di scala e della dimensione efficiente rispetto alla grandezza del patrimonio gestito che implicano la possibilità di realizzare strumenti e moduli organizzativi standardizzati e a costi decrescenti in funzione del tempo e della consistenza del patrimonio gestito.


B) Le attività: dalla gestione tradizionale alla gestione integrata
Quali sono le attività che ci si aspetta debba svolgere un gestore immobiliare evoluto?
La letteratura tecnica e, soprattutto, gli esempi di successo indicano un insieme molto vasto di attività che possono essere schematicamente riassunte in livelli di attività e funzioni.
I principali livelli di attività della gestione immobiliare sono i seguenti.

a) Gestione del portafoglio beni (Asset management) e cioè tutto ciò che riguarda acquisto, vendita, valorizzazione immobiliare (al netto dei risultati dei processi di gestione edilizia e di gestione amministrativo-commerciale e cioè processi di valorizzazione basati sul governo della composizione del portafoglio, sulla capacità di sfruttare la segmentazione del mercato, etc.), composizione del portafoglio per tipologia, caratteristiche, localizzazione del bene, decisioni su modalità di messa a reddito, studi e analisi per l’individuazione di nuovi mercati, ecc.

b) Gestione dei processi edilizi, comprendenti le attività di manutenzione straordinaria, riqualificazione, ristrutturazione degli immobili, ivi comprese le attività di progettazione, la gestione appalti, la direzione lavori, le attività di carattere burocratico amministrativo connesse con tali interventi, le modificazioni di destinazioni d’uso, etc.

c) Gestione dei servizi (facility management) ivi compresa la gestione delle forniture, degli impianti, la manutenzione ordinaria, i servizi di pulizia, arredo, lavanderia, mensa, traslochi interni, accoglienza, custodia, sicurezza, gestione parco veicoli, gestione delle reti tecnologiche, etc.

d) Gestione amministrativo-commerciale (property management) comprendente la gestione amministrativa delle compravendite, la gestione amministrativa delle locazioni (fatturazione, riscossione, gestione morosità, etc.) costruzione e gestione dell’archivio del patrimonio e dell’anagrafe dell’utenza, gestione conduttori (fuoriuscita e immissione di conduttori), adempimenti fiscali, servizi catastali, gestione delle assicurazioni, etc.

Il motivo del crescente successo della esternalizzazione delle gestioni –da cui discende proprio la separazione tra proprietà e gestione- non risiede tanto nel tasso di innovazione presente in ciascuna delle azioni svolte ma in come un insieme molto ampio di azioni prevalentemente tradizionali viene organizzato in “funzioni” e, soprattutto, nei modi in cui diverse funzioni vengono composte per raggiungere obiettivi di natura complessa, non raggiungibili attraverso azioni settoriali.
C’è una sottile ma sostanziale differenza tra lo svolgere numerose attività elementari in termini settoriali e lo svolgere queste stesse attività in termini integrati e sistematici allo scopo di rendere possibile il raggiungimento di obiettivi di efficacia ed efficienza altrimenti non conseguibili.
In questa differenza risiede il discrimine tra una attività di gestione immobiliare tradizionale e una gestione immobiliare integrata.
In termini generali la gestione immobiliare integrata tende infatti a combinare attività afferenti ai diversi livelli di gestione in modo da definire e attuare una o più funzioni di gestione che consentano:
a) di determinare un predeterminato incremento del valore del portafoglio immobiliare un in un lasso di tempo predefinito;
b) di determinare un predeterminato incremento della resa netta del portafoglio entro un tempo fissato;
c) di ridurre l’impegno del proprietario del patrimonio sia per quanto riguarda il controllo sullo stato del patrimonio, sul livello di soddisfacimento dell’eventuale utenza, sul rendimento, sui costi di gestione e manutenzione, ecc., sia per quanto riguarda la gestione strategica del portafoglio.
La combinazione di questi obiettivi presenta due implicazioni.
I. La gestione integrata si esprime necessariamente attraverso un programma di azioni che tende a raggiungere un certo set di obiettivi in un tempo predeterminato. Tale obiettivi costituiscono la sostanza del rapporto contrattuale tra proprietario del portafoglio e gestore.
II. Il conseguimento degli obiettivi di maggior peso (aumento del valore e della resa netta) comporta tempi medio-lunghi. In genere si valuta che cinque anni siano un periodo congruo per conseguire alcuni primi risultati parziali e, quindi per poter avanzare delle prime valutazioni sulla gestione. Per tale motivo gli osservatori più attenti fissano mediamente in cinque anni la durata minima del contratto di gestione prevedendo un meccanismo di reiterazione del contratto stesso.


C) I requisiti di base del sistema
a) Al primo posto sembra necessario mettere una notevole capacità progettuale e cioè la capacità di individuare i processi e le azioni che sono in grado, entro un lasso di tempo definito, di determinare gli incrementi di valore e di resa (in termini non solo economici ma anche sociali, vista la natura peculiare del patrimonio immobiliare a cui ci riferiamo) che costituiscono l’obiettivo e il programma della gestione immobiliare integrata e definiscono le prestazioni attese del gestore.
Questa capacità è di gran lunga più importante che disporre delle risorse professionali necessarie per svolgere le singole azioni della gestione dei servizi o della gestione amministrativo-commerciale.

b) Al secondo posto di questa schematica graduatoria sembra opportuno collocare una adeguata capacità finanziaria. Questo requisito può essere trascurabile in una logica di gestione tradizionale ma non lo è affatto in una logica di gestione integrata che presuppone anche la capacità di effettuare cospicui investimenti, di effettuare transizioni immobiliari di notevole consistenza. Il punto nodale non è tanto la capacità di autofinanziamento quanto la capacità di approvvigionamento.
In questo senso, occorre anche riflettere sulla capacità di ottenere prestiti e mutui garantiti non solo da un maggior gettito e da bilanci più equilibrati ma anche da un patrimonio che -almeno per alcuni segmenti- si confronta con le dinamiche e con i valori di mercato, di un patrimonio dunque che ha non solo un valore convenzionale ma anche un valore reale, concretamente certificato, cioè "bancabile".

c) Al terzo posto si dovrebbe porre la capacità di realizzazione/gestione di sistemi informativi complessi che consenta di gestire in modo integrato il patrimonio (censimento del patrimonio immobiliare), i conduttori (anagrafe dell’utenza), i servizi (flussi di erogazione, approvvigionamenti, manutenzioni programmate, etc.) gli appalti (per la manutenzione ordinaria, per quella straordinaria, per le forniture, per i servizi di sorveglianza, etc.), il mercato (individuazione delle opportunità di valorizzazione), l’amministrazione (fatturazione, riscossione, morosità, etc.).

d) Questi tre requisiti di base comportano un impegno di risorse sostanzialmente anelastico rispetto alle dimensioni e alle caratteristiche del portafoglio immobiliare da gestire. Determinano cioè una partita di costi fissi che prescinde dalle dimensioni del patrimonio in gestione. Ciò determina un effetto soglia del compendio immobiliare da gestire: al di sotto di una determinata dimensione del patrimonio in gestione i costi fissi presentano una incidenza tale da rendere economicamente non competitiva l’offerta di gestione integrata.
Per converso, poiché questi costi non aumentano in modo proporzionale agli incrementi di consistenza del patrimonio immobiliare gestito, consentono notevoli economie di scala.
Il fenomeno ha spinto diversi tecnici alla ricerca della dimensione ottimale del gestore e del patrimonio gestito. In termini del tutto esemplificativi si può indicare una soglia minima di patrimonio gestito necessaria per raggiungere un equilibrio di bilancio in un patrimonio con valore di mercato intorno a 200 milioni di euro e un rendimento di partenza intorno a 3% (6 milioni/anno).

L’insieme dei requisiti obbliga i soggetti ad avere una notevole versatilità che mal si combina con la specificità degli stessi. Ad esempio, il raggiungimento di un’autonoma capacità di approvvigionamento finanziario sembra richiamare competenze specialistiche che poco hanno a che fare con i profili di un gestore immobiliare integrato. Da qui discende l’opportunità di articolare il sistema di titolarità delle funzioni, segnatamente distinguendo tra soggetti proprietari e soggetti incaricati della gestione.

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